Dalla mattina del 5 ottobre prossimo, in caso di gravi incidenti con conseguenti perdite di petrolio in mare, non sarà più garantito il servizio di pronto intervento e di messa in sicurezza. Tra pochi giorni infatti, scadrà la convenzione stipulata dal Ministero dell’Ambiente per la tutela dei mari italiani col consorzio di armatori Castalia Ecolmar, riconducibile fino a qualche tempo fa al gruppo Impregilo, oggi suddivisa tra 35 azionisti, che gestendo un finanziamento pubblico di circa 25 milioni di euro l’anno, opera da circa 10 anni, grazie a diversi tipi di contratto, non senza polemiche, gestendo gli allarmi di rischio inquinamento, grazie alla legge 979 del 1982. La gara, indetta ad inizio anno dal Ministero dell’Ambiente, è ferma. Sospesa il 31 agosto in seguito a rilievi avanzati dalla stessa Castalia al capitolato tecnico proposto dal ministero.
Ad oggi non si hanno notizie né di nuove gare, né di modifiche apportate ai requisiti richiesti dal ministero per concedere l’appalto della sicurezza dei mari. In caso di incidenti a qualche decina di chilometri dalla costa che cosa accadrà? Ad oggi la procedura di intervento passa per il Centro Operativo Emergenze in Mare, istituito presso il Ministero dell’Ambiente, con compiti di coordinamento generale degli interventi nei casi di inquinamento o grave pericolo di inquinamento. Da qui viene allarmata la flotta di Castalia Ecolmar: dieci unità d’altura e venticinque unità costiere dislocate in 35 porti italiani, 4 sedi operative periferiche, ad Olbia, Ravenna, Civitavecchia e Messina. Il posizionamento delle unità navali lungo il territorio nazionale garantisce l’intervento entro le 5 ore dal momento in cui viene impartito l’ordine di intervenire, se entro le 3 miglia dalla costa, altrimenti entro le 12 ore per incidenti al largo.
L’attività di monitoraggio viene eseguita anche tramite un sistema radar in grado di localizzare chiazze di idrocarburi da rimuovere. Una volta partito l’allarme ed individuata la zona dell’incidente, si decide quali navi interverranno. Tanto per fare un esempio, se dovessero esserci problemi al largo delle acque liguri, la prima a partire sarebbe l’unità costiera “Tagis”, che staziona nel porto di Savona, mentre se un incidente avesse luogo al largo delle coste siciliane, a mollare gli ormeggi sarebbe l’equipaggio dell’unità “Santangelo”; tutte le navi della flotta sono equipaggiate con barriere galleggianti e dispositivi per delimitare gli sversamenti, assorbirli, raccoglierli o polverizzarli, a seconda della sostanza dispersa in mare.
L’incaglio della “Moby Magic” nel Golfo degli Aranci in Sardegna nel 2003, l’affondamento della nave turca “Tevfik Kaptan 1” nelle acque pugliesi di Santa Maria di Leuca nel 2007, o l’affondamento della nave oceanografica del Cnr “Thesis”, speronata da una portacontainer battente bandiera panamense nel 2007 a Mazara del Vallo, sono solo alcuni degli incidenti verificatisi negli ultimi dieci anni, in cui è stata impiegata anche la flotta di Castalia. Altre operazioni sono state invece effettuate oltre i mari territoriali, come nel caso dell’affondamento del “Prestige” nelle acque galiziane, in Spagna, o in quello della prima azione di bonifica ambientale svolta dall’Italia all’estero, nelle acque del Libano dove esplose una gravissima emergenza in seguito al bombardamento israeliano dei serbatoi della centrale termoelettrica di Jieh, che provocò la fuoriuscita in mare di circa 15mila tonnellate di olio combustibile.
Tutto ciò senza tener conto del valore deterrente che il pattugliamento della flotta di Castalia ha rappresentato nei confronti di certi tipi di operazioni illecite che possono compiersi in mare, come ad esempio il lavaggio delle cisterne per oli combustibili o petrolio. Mentre mezzi di Castalia sono impiegati in questo periodo anche nella crisi del Golfo del Messico, in Italia dal 5 ottobre questo servizio non esisterà più. Proprio nel momento in cui, sulla terrazza del mare italiano si affacciano le trivellazioni al largo della Libia, a poche miglia dalle coste siciliane.
Ad oggi non si hanno notizie né di nuove gare, né di modifiche apportate ai requisiti richiesti dal ministero per concedere l’appalto della sicurezza dei mari. In caso di incidenti a qualche decina di chilometri dalla costa che cosa accadrà? Ad oggi la procedura di intervento passa per il Centro Operativo Emergenze in Mare, istituito presso il Ministero dell’Ambiente, con compiti di coordinamento generale degli interventi nei casi di inquinamento o grave pericolo di inquinamento. Da qui viene allarmata la flotta di Castalia Ecolmar: dieci unità d’altura e venticinque unità costiere dislocate in 35 porti italiani, 4 sedi operative periferiche, ad Olbia, Ravenna, Civitavecchia e Messina. Il posizionamento delle unità navali lungo il territorio nazionale garantisce l’intervento entro le 5 ore dal momento in cui viene impartito l’ordine di intervenire, se entro le 3 miglia dalla costa, altrimenti entro le 12 ore per incidenti al largo.
L’attività di monitoraggio viene eseguita anche tramite un sistema radar in grado di localizzare chiazze di idrocarburi da rimuovere. Una volta partito l’allarme ed individuata la zona dell’incidente, si decide quali navi interverranno. Tanto per fare un esempio, se dovessero esserci problemi al largo delle acque liguri, la prima a partire sarebbe l’unità costiera “Tagis”, che staziona nel porto di Savona, mentre se un incidente avesse luogo al largo delle coste siciliane, a mollare gli ormeggi sarebbe l’equipaggio dell’unità “Santangelo”; tutte le navi della flotta sono equipaggiate con barriere galleggianti e dispositivi per delimitare gli sversamenti, assorbirli, raccoglierli o polverizzarli, a seconda della sostanza dispersa in mare.
L’incaglio della “Moby Magic” nel Golfo degli Aranci in Sardegna nel 2003, l’affondamento della nave turca “Tevfik Kaptan 1” nelle acque pugliesi di Santa Maria di Leuca nel 2007, o l’affondamento della nave oceanografica del Cnr “Thesis”, speronata da una portacontainer battente bandiera panamense nel 2007 a Mazara del Vallo, sono solo alcuni degli incidenti verificatisi negli ultimi dieci anni, in cui è stata impiegata anche la flotta di Castalia. Altre operazioni sono state invece effettuate oltre i mari territoriali, come nel caso dell’affondamento del “Prestige” nelle acque galiziane, in Spagna, o in quello della prima azione di bonifica ambientale svolta dall’Italia all’estero, nelle acque del Libano dove esplose una gravissima emergenza in seguito al bombardamento israeliano dei serbatoi della centrale termoelettrica di Jieh, che provocò la fuoriuscita in mare di circa 15mila tonnellate di olio combustibile.
Tutto ciò senza tener conto del valore deterrente che il pattugliamento della flotta di Castalia ha rappresentato nei confronti di certi tipi di operazioni illecite che possono compiersi in mare, come ad esempio il lavaggio delle cisterne per oli combustibili o petrolio. Mentre mezzi di Castalia sono impiegati in questo periodo anche nella crisi del Golfo del Messico, in Italia dal 5 ottobre questo servizio non esisterà più. Proprio nel momento in cui, sulla terrazza del mare italiano si affacciano le trivellazioni al largo della Libia, a poche miglia dalle coste siciliane.
Fonte: Terranews
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