Per calcolare con un buon livello di approssimazione la quantità dispersa in ottantaquattro giorni, gli studiosi hanno usato due sequenze video ad alta risoluzione, riprese dalle telecamere subacquee collocate in vicinanza del punto di fuoriuscita. I filmati sono stati poi analizzati con la tecnica OPV, ovvero Optical plume velocimetry, e sviluppata per studiare le fratture del suolo marino provocate da attività vulcaniche attraverso le quali esce acqua calda ricca di minerali.
Un sistema più che valido, come specificato da Timothy Cron, geologo marino della Columbia University: «Il metodo consente di analizzare il movimento di ondate e flussi turbolenti nell’acqua, spezzando l’immagine pixel per pixel. Da questo punto di vista, un flusso idrotermale funziona in maniera simile a una fuoriuscita di greggio». Due i periodi presi in considerazione: il primo dal 22 aprile al 3 giugno, quando l’uscita del petrolio avvenne da una frattura dentellata; il secondo da quando il flusso, a causa del taglio di un tubo, divenne più consistente.
E difatti, se nel primo caso il calcolo ha dato il risultato di 56.000 barili al giorno, nel secondo lo stesso è aumentato a 68.000 barili. Il finale di 4,4 milioni è il risultato della sottrazione degli 804.877 barili dichiarati raccolti da British Petroleum. Siamo dunque vicini, tenendo conto di un margine di errore, a quanto calcolato da Flow Rate Technical Group su mandato del governo degli Stati Uniti (4,1 milioni di barili).
«È stata la forte pressione da parte dei media e della comunità scientifica a far emergere la necessità di uno studio indipendente» ha dichiarato il professor Crone, che pure non ha nascosto le difficoltà incontrate nel calcolare la quota di greggio perduto. Colpa questa che il ricercatore attribuisce al governo americano e a BP, colpevoli di non aver messo a disposizione degli scienziati un maggior numero di filmati ad alta definizione. Ma se anche i video fruibili fossero stati in numero maggiore, alla stessa maniera si avrebbe avuto un calcolo per difetto.
Le immagini riprese si limitano infatti a un solo punto di perdita, mentre invece il greggio si è fatto largo verso il mare da altre fratture. «L’insieme di queste osservazioni – conclude Crone nella sua relazione – ci porta a pensare che in realtà il volume della fuoriuscita sia in realtà maggiore rispetto alle nostre stime».
Fonte: Terranews
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