venerdì 8 ottobre 2010

Italia ultima nella Rete

Le telecomunicazioni sono il settore più delicato d’Italia, dove regna il maggiore conflitto d’interessi di Silvio Berlusconi, i suoi guai giudiziari una conseguenza indiretta. In questo ultimo decennio la priorità del suo governo è stato il digitale terrestre che agli italiani è costato in media 80 milioni di euro l’anno di contributi pubblici per favorire l’acquisto dei decoder. L’attuale neo ministro dello Sviluppo economico, Paolo Romani, nel 2009 aveva presentato un piano per internet molto ambizioso. L’obiettivo era fornire entro il 2012 connessioni a 20 mega, prevalentemente in fibra ottica, a più del 95 per cento della popolazione, mentre la restante parte si sarebbe dovuta accontentare di 2 mega via wireless. Costo previsto 1,5 miliardi di euro, di cui 800 milioni promessi subito ma mai stanziati.

Fondi prima ridotti a 300 milioni infine diventati 100. Un vero peccato perché lo stesso Romani aveva spiegato al Parlamento che «una vera banda larga a disposizione dei cittadini e delle imprese, aumenta le opportunità e le possibilità di business, crea posti di lavoro, avvicina cittadini e pubblica amministrazione, permette all’Italia di rimanere al centro del mondo e attrae investimenti». Anche perché tutti gli studi di settore ritengono che per ogni euro speso in banda larga, le imprese ne ricavano almeno il doppio. Un buon investimento, quindi, anche per rilanciare l’economia. E invece anche nella banda larga l’Italia è il fanalino di coda d’Europa: peggio di noi stanno solo Grecia, Bulgaria e Romania. Il 13 per cento della popolazione, e parliamo di 7,8 milioni di italiani, non accede ad internet o ha una banda insufficiente (con velocità massima di 640 kb/s).

Significa che quasi 8 milioni di persone non possono usufruire dei moderni servizi della società dell’informazione, come la web tv. Male anche la fibra ottica e la cosiddetta banda ultra larga (50 mega) che l’Unione europa chiede sia fornita al 50 per cento della popolazione entro il 2020. Basta pensare che in Francia, Germania, Spagna, Stati Uniti la fibra ottica viaggia a 100 mega già da diversi anni, grazie agli investimenti pubblici in un’unica infrastruttura nazionale. In Italia invece gli operatori privati hanno cercato più volte di consorziarsi ma per ora procedono in ordine sparso e ognuno sta creando la propria rete. Internet a 100 mega nel nostro Paese è arrivato a settembre grazie alla fibra stesa da Fastweb che collega 2 milioni di unità abitative in sette città (Milano, Roma, Genova, Torino, Bologna, Napoli e Bari).

Anche Telecom ha varato il suo piano da 9,7 miliardi e offrirà la banda ultra larga nelle quattro principali città italiane entro la fine del 2010 con l’obiettivo di arrivare nel 2018 a collegare con la fibra il 50 per cento della popolazione italiana. Ma così facendo resteranno escluse ancora per molto dalla nuova tecnologia le città e le regioni minori che infatti hanno avviato propri progetti per superare il divario digitale. Come le Regioni Trentino e Marche che finanziano di tasca loro la posa della fibra. Intanto il divario resta. Tanto che Vodafone ha appena lanciato un programma per fornire entro tre anni internet a 2 mega in 1.800 comuni italiani.

Oppure Tiscali che con il colosso cinese Zte stenderà la fibra in Sardegna. Per l’utente finale la fibra ottica significa scaricare un file da 800 megabyte in pochi secondi, al posto dei 30 minuti di una normale connessione. E pensare che in alcune zone di Giappone, Corea del Sud, Hong Kong e Stati Uniti internet viaggia già a 1 gigabyte (mille mega) al secondo.

Fonte: Terranews

1 commento:

arrgianf ha detto...

ciao scusami, mi riallaccio a questo post per segnalarti un mio post che vorrei far conoscere:
http://ilblogdeglistudenti.blogspot.com/2010/10/la-protesta-dei-ricercatori.html
praticamente i mass media stanno cercando di nascondere la situazione dei ricercatori universitari distogliendo l'attenzione del pubblico su fatti di cronaca.
E' giusto che almeno su internet si possa far conoscere la protesta.