venerdì 27 novembre 2009

Lo chiamano abuso

Sono tantissime le vicende nell'intero pianeta, non solo in Italia, che vedono un numero impressionante di donne come vittime. Vittime di violenze, stupri, forme diverse di vessazione e persecuzione, molestie, brutalità.
In alcuni stati dell’Africa, nel sud della penisola araba e nel sud-est asiatico sono ancora oggi praticate le mutilazioni genitali femminili. L’infibulazione, asportazione del clitoride cui segue la cucitura della vulva, si pratica su adolescenti, bambine o neonate a seconda della tradizione locale. Ad essa segue la defibulazione, scucitura della vulva, che viene effettuata direttamente dallo sposo prima della consumazione del matrimonio. Si ha così la certezza che ella non sia stata posseduta da nessun altro uomo. La donna quindi non ha nessuna libertà, né di agire, né di pensare, né di vivere l’amore come meglio crede. In sostanza non esiste. E’ un oggetto nelle mani dell’uomo padrone, prima il padre, poi il marito (un marito ovviamente non scelto da lei). L’escissione lede in modo esponenziale la salute fisica e psicologica delle donne e delle sfortunate bambine che ne sono protagoniste. Non è da dimenticare che l’intervento è il più delle volte praticato senza l’ausilio di nessuna norma igienica e improvvisato da “macellai” senza scrupoli. L’infibulazione difatti provoca ogni anno numerose morti tra le sfortunate piccole o grandi donne, vittime di infezioni letali. Ed è ancora tanto diffuso il fenomeno della lapidazione, pena di morte nella quale chi ne è condannato muore attraverso il lancio di pietre, spesso con la partecipazione della gente comune. E’ una barbarie praticata soprattutto nel mondo islamico. La lapidazione delle donne musulmane avviene persino quando una donna viene violentata, in quanto rea di aver avuto rapporti sessuali al di fuori del matrimonio. A seguito dello stupro la donna viene condannata a morte e uccisa attraverso il lancio di pietre da parte della folla, lo stupratore rimane impunito.

Potremmo definire lo stupro, come fa il codice penale italiano, come la costrizione mediante violenza o minaccia a compiere o subire atti sessuali. Una definizione fredda, arida, sterile. Senza sentimento. Il legislatore non poteva fare altro. La definizione giusta dello stupro, in realtà, può essere data solo da chi ne è stata vittima. E’ l’umiliazione più grande che una donna possa subire. E’ la sopraffazione sulla parte più intima del suo essere, dell’intero mondo della donna, del suo corpo così come della sua anima. E’ l’annientamento assoluto della sua libertà, della sua vita, dei suoi sogni. Donne che hanno subito violenza nella loro vita, non saranno mai più le stesse. Lo stupro cambia il corso della vita della donna che lo subisce, modifica il suo carattere e la sua personalità. Più della metà (è dimostrato dalle statistiche) è destinata a vivere gravi episodi di depressione, addirittura il 17% si toglie la vita. Chi decide di non farla finita e ha il coraggio di andare avanti, vivrà il resto dei suoi giorni con innumerevoli difficoltà a relazionarsi con gli altri, soprattutto nel rapporto col sesso forte. Dopo uno stupro, molte di queste donne vivono la situazione con senso di colpa e vergogna, tendono addirittura a colpevolizzare se stesse per l’accaduto. Non dimentichiamo che di frequente la violenza viene perpetrata all’interno della stessa famiglia d’origine. E’ tra le mura di casa che spesso si consumano drammi atroci; il padre, il fratello, lo zio o il vicino di casa possono essere gli orchi cattivi. In questo caso è tutto più difficile. Spesso alle violenze fisiche sono correlate violenze psicologiche che fanno sì che l’esercizio del potere e di controllo da parte del familiare diventi per la donna un tunnel senza uscita. Questa è la ragione per cui la maggior parte dei casi finisce con una mancata denuncia.

Ergo tocca a chi governa il paese dar vita ad una legge adeguata che possa finalmente punire questi animali (senza offesa per gli animali). Tolleranza zero e nessun atto di clemenza nei confronti di chi si macchia di un reato così grave quale può essere la violenza carnale. Ricordo che solo dal 1996 lo stupro non è più reato contro la morale ma contro la persona. E’ solo da allora che non è più considerato semplicemente reato offensivo del buon costume e della morale comune, ma reato contro la vittima e la sua integrità psicofisica.

Nel mondo ogni 2 minuti una donna è vittima di stupro. Questo vuol dire che nel mondo ogni 2 minuti una donna muore. Lo chiamano abuso ma in realtà è la morte. Perché la morte più grande è proprio quella che ti lascia in vita.

Lina Pasca
http://lina0402.wordpress.com/

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5 commenti:

@enio ha detto...

e si, lo chiamano abusa del buso !

SCIUSCIA ha detto...

Mi salgono gli istinti omicidi.

giudaballerino ha detto...

Una delle violenze più vergognose di cui si può macchiare l'essere umano! E ogni volta che sento queste cose, ecco, come per Sciuscia mi salgono gli istinti omicidi!

Sandro ha detto...

Lo stupro - insieme alla pedofilia - è quanto di più vergognoso si possa mai compiere, perché si rovina la vita ad un altro essere umano, con l'aggravante dell'abuso non solo fisico, ma di una situazione di forza e di potere, o quanto meno di una situazione di fiducia (specie quando avvengono in ambito familiare).

Sulle mutilazioni genitali femminili penso sia una barbarie da estirpare al più presto e che sia un retaggio "culturale" decisamente pericoloso. Ho peraltro trattato il tema un paio di settimane fa - perdonatemi se faccio cicero pro domo sua - anche sul mio blog.


http://menteattuale.blogspot.com/2009/11/fermiamo-la-mutilazione-degli-organi.html

Lina Pasca ha detto...

Ringraziando Andrea De Luca per lo spazio concessomi, vorrei aggiungere una domanda rivolta a chiunque leggerà il mio pezzo: "Hai mai assistito ad un processo per stupro?" Io si, e ti garantisco che in quel momento ho capito perchè tante non denunciano. La vittima veniva trattata come il carnefice in una sorta di schifoso scambio di ruoli. Le si chiedeva continuamente come era vestita quando era stata aggredita, se indossava minigonne o scollature, se aveva bevuto, se “sculettava” mentre camminava, se aveva avuto atteggiamenti che in qualche modo avevano sortito l’attenzione del “porco” e se l’aveva potuto provocare, sì, provocare, hai letto bene. Si stava insinuando l’odiosa ipotesi che la povera ragazza fosse stata lei stessa la causa del male di cui era stata vittima. Sono uscita dalla sala di quel vecchio tribunale di provincia con il voltastomaco. Un senso di oppressione mi ha aggredita scaraventandomi per un attimo in un’altra dimensione. Ho capito che le leggi nulla possono fare se non cambia prima l’atteggiamento di chi queste leggi le fa: l’uomo. Pregiudizi, luoghi comuni, mentalità maschiliste, mancanza di solidarietà anche tra le stesse donne. Siamo noi che dobbiamo combattere, noi donne. Siamo noi che dobbiamo farci sentire dall’opinione pubblica e dalle istituzioni, siamo noi che dobbiamo almeno tentare di cambiare le cose. Io non posso vivere la mia vita con la paura che un giorno tali brutalità, perpetrate sia dagli stupratori che dagli uomini di legge, possano andare a devastare la serenità delle mie figlie. Non lo permetterò. Non lo permetterò MAI. Dovessi incatenarmi fuori dai cancelli di Palazzo Chigi, dovessi tagliarmi le vene in diretta tv. Combatterò fino all’ultimo, urlando il mio grido di dolore finchè avrò vita, perchè queste cose non accadano più e perchè un “uomo” macchiatosi di un così becero reato possa finire i suoi giorni marcendo in galera.
Grazie.
Lina Pasca