Il presidente del Consiglio Paolo Gentiloni aveva dato l’annuncio di questa operazione durante la conferenza stampa in occasione della visita del premier libico al-Sarraj a Roma
Dopo l’approvazione delle commissioni riunite Esteri e Difesa, prima la Camera, con un’unica risoluzione che ha ricevuto 328 sì, 113 no e 22 astenuti e poi il Senato, con ben due diverse mozioni approvate, una con 191 sì e 47 no e l’altra con 170 sì, 33 no e 37 astenuti, hanno autorizzato la missione navale italiana in Libia.
La spedizione prevede che una nave logistica, un moto trasportatore costiero ed un pattugliatore supportino la Guardia costiera libica, operando in accordo con le autorità locali.
Un ricognitore sarà immediatamente inviato verso Tripoli, con a bordo ufficiali delle forze armate che dovranno interloquire con i loro colleghi nord africani.
In seguito il moto trasportatore costiero si unirà alla spedizione, allo scopo di occuparsi della manutenzione dei mezzi libici. Il pattugliatore resterà invece a disposizione nel porto della capitale libica, dove è già presente una motovedetta della Guardia di finanza.
“Da questa interlocuzione deriverà l’area d’azione, non decidiamo noi a prescindere, ma insieme ai libici dove andremo ad operare”, ha detto la ministra della Difesa Pinotti.
L’approvazione in commissioni riunite era arrivata con i sì decisivi del Partito democratico e di Forza Italia. La Lega Nord e il M5S si erano detti contrari alla missione, mentre Fratelli d’Italia si è astenuto.
“La nostra attenzione e il nostro consenso è condizionato all’esito della missione sul campo, un risultato che verificheremo”, ha detto Maurizio Gasparri, di Forza Italia.
Il Movimento dei democratici e progressisti ha chiesto invece al governo di Paolo Gentiloni di riferire sulle regole di ingaggio della missione e sulla destinazione dei migranti che le navi militari italiane intercetteranno in mare.
A riguardo la ministra ha risposto che sarà improbabile che la marina incontri barconi che trasportano migranti, in quanto la missione prevede che siano le unità libiche a pattugliare il mare.
“Con la missione navale italiana non si profila alcuna lesione alla sovranità libica”, aveva detto Pinotti alle commissioni riunite martedì 1 agosto.
“Il nostro obiettivo è anzi quello di rafforzarla”. La ministra ha poi precisato che la missione non costituisce affatto un blocco navale. “È la risposta a una richiesta d’aiuto” riferendosi alla lettera ricevuta dal governo italiano in cui era stato chiesto dal governo di Tripoli un supporto per la ricognizione delle acque libiche.
Per quanto riguarda lo scopo della spedizione, Pinotti ha chiarito che le unità navali italiane saranno impegnate in un mero supporto logistico, tecnico e operativo alla Guardia costiera libica.
“Le regole di ingaggio saranno tratte dall’operazione Mare sicuro, con l’inclusione di una nave di supporto logistico, ma senza nessun onere aggiuntivo”, ha detto la Pinotti.
La ministra ha poi sottolineato che le navi italiane potranno anche usare la forza se necessario. “L‘autodifesa dei nostri militari è sempre lecita”. ha detto Pinotti.
“I dettagli sono da definire con i libici, ma se gli scafisti sparano contro una nostra nave possiamo rispondere e la stessa cosa vale se è a rischio una nave libica”.
Il governo italiano aveva deciso di inviare una missione militare in Libia a supporto della Guardia costiera locale, per arginare gli sbarchi di migranti sulle coste italiane e prevenire i naufragi nel Mediterraneo.
Il presidente del Consiglio Paolo Gentiloni aveva dato l’annuncio di questa operazione durante la conferenza stampa in occasione della visita del premier libico al-Sarraj a Roma.
“Non è certo un’iniziativa che si prende contro la sovranità libica”, aveva detto Gentiloni. “È un contributo che può essere molto rilevante per contrastare i mercanti di esseri umani e governare i flussi migratori che giungono nel nostro Paese”.
Almeno 600mila migranti hanno raggiunto le coste italiane dal nord Africa dal 2014, la maggior parte di questi sono partiti dalla Libia. Il paese è infatti fuori controllo dopo la caduta del dittatore Muammar Gheddafi nel 2011.
Fonte: The Post Internazionale
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