Credit: Reuters/Andres Martinez Casares
Il governo venezuelano ha indetto alcune esercitazioni delle forze armate a livello nazionale, invitando i civili a unirsi alle unità di riserva dell’esercito per difendere il paese contro un possibile attacco da parte degli Stati Uniti.
“Contro le minacce di guerra da parte degli Stati Uniti, tutti i venezuelani tra i 18 e i 60 anni sono tenuti a contribuire alla difesa della nazione”, diceva un annuncio trasmesso sulla televisione statale venezuelana sabato 26 agosto.
Il presidente Donald Trump infatti aveva minacciato per la prima volta l’11 agosto un possibile intervento militare nel paese dove, dal mese di aprile, sono in corso violente proteste contro il governo di Nicolas Maduro.
“Le persone stanno soffrendo e stanno morendo”, aveva detto il presidente Trump ai giornalisti. “Abbiamo molte opzioni per il Venezuela, inclusa una possibile opzione militare se necessario”.
Inoltre, venerdì 25 agosto, lo stesso Trump ha firmato un ordine esecutivo che vieta alle aziende statunitensi di acquistare azioni e obbligazioni emesse dal governo di Caracas e dall’azienda petrolifera statale venezuelana, la Petróleos de Venezuela, S.A. (Pdvsa).
“Nel tentativo di salvarsi, la dittatura di Maduro ricompensa e arricchisce i funzionari corrotti dell’apparato di sicurezza del governo caricando sulle spalle delle future generazioni venezuelane costosi debiti contratti all’estero”, aveva dichiarato in conferenza stampa la portavoce della Casa Bianca Sarah Huckabee Sanders.
“Queste misure sono state accuratamente calibrate per negare alla dittatura di Maduro un’importante fonte di finanziamento che il regime usa per mantenere in piedi la propria illegittima riforma costituzionale”.
Il presidente Maduro, per nulla intimorito dalle pressioni statunitensi, ha invece usato la minaccia di Trump per galvanizzare la propria base elettorale, facendo trasmettere in televisione immagini di civili che imbracciano fucili, partecipano a corse a ostacoli e apprendendo dagli uomini delle forze speciali il combattimento corpo a corpo.
Il governo venezuelano ha poi anche creato su Twitter l’hashtag #EsHoraDeDefenderLaPatria, – “è tempo di difendere la patria” – per promuovere le esercitazioni dei civili fedeli al partito di Maduro.
Le immagini televisive hanno infatti mostrato venezuelani di tutte le età che vengono addestrati da istruttori militari nei centri della riserva nazionale.
L’opposizione, per bocca di uno dei suoi maggiori esponenti, Henrique Capriles, ha definito l’iniziativa una “costosa farsa”.
“Nel 2016 ci sono stati 29mila omicidi! E questa buffonata durerà ancora due giorni, fino a domani mattin! Quanto è costata al paese?”, si è chiesto Capriles sul suo profilo Twitter ufficiale.En 2016 hubo 29.000 homicidios!Y esto que es una burla a los propios que participan en ella durará 2 días,mañana sigue!Cuánto costó al país? pic.twitter.com/Lo6vuZBkrM— Henrique Capriles R. (@hcapriles) 26 agosto 2017
Le tensioni diplomatiche tra il governo di Caracas e la comunità internazionale sono aumentare negli ultimi mesi, in particolare alla fine di luglio, quando è entrata in vigore la contestata riforma costituzionale voluta dal presidente Maduro.
Secondo il nuovo ordinamento voluto dal partito del presidente e sostenuto da oltre un milione di venezuelani che si sono recati al voto, tutto il potere legislativo è passato dal parlamento nazionale, dove l’opposizione detiene la maggioranza dalle elezioni svoltesi nel dicembre 2015, alla nuova assemblea costituente.
Il presidente Maduro sostiene che il nuovo corpo legislativo è l’unica speranza per il Venezuela di ripristinare la pace dopo mesi di proteste contro il governo, che hanno causato già centinaia di morti.
I leader dell’opposizione hanno invece boicottato le elezioni che hanno portato all’insediamento della nuova assemblea costituenti, tenutesi il 30 luglio in tutto il paese.
Secondo gli oppositori di Maduro infatti, questa mossa è un affronto alla democrazia. I leader dell’opposizione hanno così chiesto elezioni presidenziali anticipate e le dimissioni del presidente.
Il leader venezuelano guida il paese dal 2013, dopo essere stato designato direttamente dal suo predecessore, Hugo Chavez, prima di morire. La contrapposizione all’interno del Venezuela è cresciuta soprattutto dopo la decisione della Corte suprema del 29 marzo di esautorare il parlamento, facendo crescere la preoccupazione di un aumento dei poteri del presidente.
La situazione è poi peggiorata ad aprile 2017 quando le proteste di piazza e le pressioni internazionali, comprese anche le prime sanzioni degli Stati Uniti, hanno cominciato ad affliggere il governo venezuelano e il suo presidente.
In realtà, la crisi nel paese va avanti da anni e ha cause soprattutto economiche. L’origine dei mali del paese va infatti rintracciata nella genesi delle politiche pubbliche degli ultimi 20 anni.
Dopo aver vinto le elezioni del 1998 infatti, l’allora presidente Hugo Chavez ha attuato un’agenda politica di ispirazione socialista, consegnando le fabbriche ai lavoratori, nazionalizzando le industrie chiave del paese e istituendo programmi sanitari, di alloggio e di alfabetizzazione per i più poveri.
Chavez ha più volte descritto il suo programma di governo come “socialismo del ventunesimo secolo”. La sua politica è infatti stata ispirata in gran parte dalla rivoluzione cubana di Fidel Castro.
Tuttavia a metà del 2014 il prezzo del petrolio sui mercati internazionali è crollato, passando da circa 110 dollari statunitensi al barile a meno di 50 dollari statunitensi al barile.
Per il Venezuela, le cui spese, in particolare quelle sociali, dipendevano quasi interamente dalle entrate garantite dalla vendita del petrolio, questo è stato un danno da cui il paese non è ancora riuscito a riprendersi.
Nel solo 2016, secondo dati non ufficiali, l’inflazione ha fatto registrare un incremento dell’800 per cento rispetto all’anno precedente, mettendo il governo di Caracas in una situazione disperata. Il quotidiano economico statunitense Wall Street Journal riferì allora che il governo Maduro, per far fronte alla crisi, fece atterrare nel paese interi aerei pieni di banconote stampate all’estero.
Fonte: The Post Internazionale
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