giovedì 9 aprile 2015

Sparatoria in Tribunale a Milano: la sicurezza della città bucata a meno di un mese da EXPO

Almeno tre morti e diversi feriti, la tenuta dell'ordine pubblico di nuovo nell'occhio del ciclone


Le notizie sono ancora confuse e frammentarie. Di certo c’è un unico elemento: qualcuno ha sparato nel Tribunale di Milano, uccidendo almeno tre persone e ferendone un numero ancora imprecisato. Secondo le prime informazioni, a sparare sarebbe stato Claudio Giardiello, imputato per bancarotta fraudolenta nel crac Eutelia-Agile. Sotto i suoi colpi sarebbero morte almeno tre persone, tra cui uno dei testimoni e un giudice fallimentare, il magistrato Fernando Ciampi.

Dopo una poderosa caccia all’uomo, scattata pochi minuti dopo gli spari, il killer sarebbe stato fermato poco fa a Vimercate dopo una fuga probabilmente in moto.

Un’arma in Tribunale - Tra gli interrogativi che bisognerà chiarire, però, come l’assalitore sia potuto entrare armato nel Tribunale e come abbia potuto impossessarsi di un’arma. Chi frequenta il Palazzo di Giustizia di Milano, infatti, conferma che anche i semplici tirocinanti vengono sottoposti ad accurati controlli all’ingresso. E’ probabile quindi che l’uomo avesse dei complici e che qualcuno abbia introdotto l’arma nel Tribunale.

A meno di un mese dall’EXPO - La vicenda, però, è ancor più grave se si pensa che – a meno di un mese dall’inizio di EXPO – il sistema di sicurezza di uno dei luoghi chiave per la vita della città, come il Tribunale di Milano – è stato “bucato” in modo così clamoroso, lasciando a terra almeno tre morti e diversi feriti. A evitare controlli e monitoraggio da parte delle forze dell’ordine – secondo queste prime informazioni – ancora una volta sarebbe stato un singolo individuo sebbene noto agli inquirenti. E proprio mentre nel Palazzo di Giustizia restavano in terra morti e feriti, a Milano era in corso il Comitato nazionale per l’ordine e la sicurezza pubblica, in vista di Expo, con il ministro dell’Interno Angelino Alfano.

Ennesima tegola per Alfano - Ed è proprio su quest’ultimo che adesso torneranno inevitabilmente ad abbattersi le critiche per una gestione dell’ordine pubblico finita troppe volte nell’occhio del ciclone, dal caso Shalabayeva – per cui cadde la testa del prefetto Procaccini – alle manganellate agli operai dell’AST di Terni, agli spari fuori dall’Olimpico in cui morì Ciro Esposito, fino ad arrivare agli ultimi scontri a Piazza di Spagna a Roma, con la “Barcaccia” danneggiata dai tifosi violenti. Né mancano le gaffe, come quella rimediata subito dopo l’arresto di Giuseppe Bossetti, indagato per la morte di Yara Gambirasio e al momento dell’arresto definito proprio da Alfano “assassino” ancor prima di qualsiasi processo. Certo, in diversi casi si è trattato di malfunzionamenti del sistema di prevenzione sul territorio, ma tutto fa capo al Ministro degli Interni che già in un’occasione – l’espulsione della Shalabayeva – confessò di non essere stato informato dell’operazione dai suoi sottoposti. Tutto, italicamente, “a sua insaputa”.

Di riflesso, un’ennesima grana per Renzi: un Ministro degli Interni sempre più debole non giova certo all’azione di Governo.

Fonte: Diritto di critica

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