sabato 16 gennaio 2016

L'Iran libera 4 prigionieri, tra cui il giornalista del Washington Post

A poche ore dall'attuazione dell'accordo sul nucleare, Teheran approva uno scambio di prigionieri con gli Stati Uniti

Il giornalista del Washington Post Jason Rezaian, detenuto in Iran da più di un anno.

L'Iran ha annunciato sabato 16 gennaio 2016 di aver rilasciato quattro cittadini dalla doppia nazionalità - iraniana e americana - come parte di uno scambio di prigionieri con gli Stati Uniti. Lo ha annunciato il procuratore di Teheran, Abbas Jafari Dolatabadi all'agenzia di stampa governativa Irna.

Fra i quattro prigionieri rilasciati c'è anche il reporter del Washington Post Jason Rezaian, detenuto in Iran da più di un anno.

"Sulla base delle recenti decisioni prese dal Consiglio di sicurezza nazionale e anche in base a interessi nazionali del nostro sistema di governo, quattro cittadini dalla doppia nazionalità detenuti sono stati liberati oggi", ha detto il funzionario giudiziario di Abbas Jafari Dowlatabadi, secondo l'agenzia di stampa Mehr. 

L'annuncio del rilascio da parte delle autorità giudiziarie iraniane arriva nello stesso giorno in cui dovrebbe entrare in vigore l'attuazione dello storico accordo sul nucleare con i leader occidentali.

La liberazione dei quattro detenuti s'inserisce nel quadro di un interscambio di prigionieri con gli Stati Uniti, come ha specificato il funzionario giudiziario iraniano, parlando in una conferenza stampa.

Il giornalista del Washington Post rilasciato dalle autorità iraniane era stato arrestato nella sua casa a Teheran nel luglio del 2014, insieme alla moglie Yeganeh Salehi, anche lei giornalista, e due amici anche loro iraniano-americani.

La coppia di amici era stata rilasciata poco dopo l'arresto, mentre Salehi era stata rilasciata su cauzione nel mese di ottobre e sottoposta a un processo separato rispetto a quello del marito.

Jason Rezaian è stato sottoposto a processo nel mese di maggio 2014, con l'accusa di spionaggio, raccolta di informazioni riservate e azioni di propaganda contro la Repubblica Islamica. Ha trascorso gran parte della sua detenzione in isolamento e non gli sono stati concessi frequenti contatti con i suoi avvocati e con i familiari.

Fonte: The Post Internazionale

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