venerdì 4 dicembre 2015

La strage di San Bernardino e la strategia del terrore

Titoli di giornale che evocano il terrorismo islamico quando ancora non vi sono prove in tal senso: una strategia per generare islamofobia e paura

di Francesco Cancellato

FREDERIC J. BROWN/AFP/Getty Images

Quel che sappiamo della strage di San Bernardino, in California, è che tre uomini - anzi due uomini e una donna - sono entrati armati fino ai denti in un centro per disabili in cui si stava svolgendo una festa di Natale e hanno fatto fuoco uccidendo 14 persone e ferendone 17. Che due di quei tre sono rimasti uccisi. Che erano una coppia di origine pakistana, sposata da poco e con un figlio di sei mesi. Che erano appena tornati dall'Arabia Saudita, dove si erano sposati. E che erano di religione musulmana.

D'accordo, fare uno più uno è fin troppo semplice, dopo i fatti di Parigi, tanto più se gli account Twitter vicini al Daesh, che pure non ha rivendicato la strage come propria, esultano dicendo che l'America sta bruciando. Però andiamoci piano. Perché come dice l'FBI «sarebbe prematuro e irresponsabile definire il fatto un atto di terrorismo». E come gli fa eco il Presidente Obama, «sono al vaglio degli inquirenti i rapporti che il presunto leader del commando aveva con i responsabili del centro di San Bernardino». Poi, magari, è davvero un atto di terrorismo islamico compiuto da un affiliato dello Stato Islamico, certo. Ma finora non vi sono prove che ancora lascino supporre un movente di questo tipo.

Non per quotidiani come il New York Post, però, che ha cambiato in corsa il titolo di prima pagina, sostituendo la parola “assassini” con “musulmani” e ”sparatoria” con attacco terroristico”. O per tornare a casa nostra, come Libero o Il Giornale. Con quest'ultimo che titola che «per l'Fbi è terrorismo», che «l’Islam radicale già esulta». E con il primo che invece, con una stilla di veleno in più, afferma che «ancora una volta la violenza affonda le radici nel Corano» e che «Corano, soldi e moschetto» fanno di Syed Rizwan Farook un «terrorista islamico perfetto».

Le due prime pagine del New York Post

"Quando un musulmano spara, invece, il significato politico e religioso non solo è esplicito, ma è anche presunto a priori, seppur senza alcuna evidenza che lo sostenga. Perché è funzionale, ovviamente

La strumentalizzazione politica - anzi chiamiamola col suo vero nome: lo sciacallaggio politico - è talmente evidente che forse non servirebbe nemmeno scriverne. Un bianco cristiano che spara - magari in una chiesa zeppa di afroamericani - è semplice follia omicida senza alcun significato politico, anche se a volte quel significato c'è, sia esso il supremazionismo bianco o la discriminazione razziale. Di fronte alla follia, del resto, nessuno si deve sentire in diritto di giustificare alcunché.

Quando un musulmano spara, invece, il significato politico e religioso non solo è esplicito, ma è anche presunto a priori. Perché è funzionale, ovviamente. A rinfocolare l'odio razziale. A soffiare sul fuoco dell'islamofobia - che esiste, così come esistono l'islam radicale, violento, anti-occidentale e i terroristi islamici: le due cose non si escludono. A spingere in cima all'agenda politiche di controllo, di segregazione, di esclusione. Magari pure di proliferazione delle armi detenute da privati cittadini che - terrorismo o meno - sono perlomeno concausa della strage di San Bernardino e della miriade di stragi che insanguinano gli Stati Uniti d'America da decenni.

Eccoci al punto: non sappiamo se i tre killer di San Bernardino volessero intenzionalmente terrorizzarci. Sappiamo però che qualcun altro ci ha provato: non con le armi, ma con la tastiera. Non con il terrorismo, ma strumentalizzando il terrore. E tanto basta, oggi, per farci capire in che diavolo di mondo ci tocca vivere, cosa ci tocca leggere, da cosa dobbiamo difenderci.

Fonte: Linkiesta.it

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