lunedì 27 luglio 2015

Spiegare il privilegio bianco a una persona bianca povera


di Gina Crosley-Corcoran

Anni fa una femminista su internet mi ha detto che ero una privilegiata.

“MA CHE CAZ…!” ho detto io.

Vengo da quel tipo di povertà che la gente non vuole credere esista ancora in questo Paese. Avete mai passato un rigido inverno nel nord dell’Illinois senza riscaldamento e acqua corrente? Io sì. A 12 anni facevate ramen noodles in un bollitore con l’acqua presa da un bagno pubblico? Io sì. Avete mai vissuto per un anno in un camper usando quello dell’appartamento di un parente a caso come indirizzo permanente? Noi sì. Avete mai frequentato così tante scuole elementari da ricordavi un quarto dei loro nomi? Benvenuti nella mia infanzia.

Così quando quella femminista mi ha detto che avevo il “privilegio bianco” le ho risposto che il colore della mia pelle non aveva fatto un c***o per impedirmi di essere povera. Lei, come ogni brava ed acculturata femminista farebbe, mi ha indirizzato verso l’ormai famoso pezzo di Peggy McIntosh del 1988 “White privilege: unpacking the invisible knapsack

Dopo una lettura dell’efficace saggio di McIntosh, è impossibile negare che nascere con la pelle bianca, in America, fornisca alle persone dei privilegi che gente con la pelle di un altro colore semplicemente non ha. Per esempio:

  • Posso accendere la tv o aprire un giornale e vedere gente della mia razza ampiamente rappresentata. 
  • Quando mi parlano della nostra cultura nazionale o di civilizzazione, mi mostrano gente del mio colore che ne ha costruito quello che la mia cultura è oggi.
  • Se un poliziotto mi ferma o se mi chiamano per un problema col pagamento delle tasse, posso essere certa che non lo stanno facendo a causa della mia razza.
  • Se voglio posso decidere di stare per la maggior parte del tempo in compagnia di gente della mia razza.

Se leggete il resto della lista, vedrete che i bianchi e le persone di colore hanno un esperienza del mondo molto diversa. Ma sia chiaro: non è colpa vostra se siete nati bianchi. Ma che ve ne rendiate conto o no, ne traete dei benefici ed è colpa vostra se non mantenete vivo l’interesse sulla questione.

Capisco che il saggio di McIntosh possa essere preso in maniera sbagliata da alcune persone. Ci sono alcune cose in quella lista che ho sentito più provenire dal suo status di borghese che da quello di persona bianca. Io, forse più di altri, posso capire perché la gente bianca povera si arrabbi quando sente la parola “privilegio”. Da bambina sono stata costantemente discriminata a causa della mia povertà, e quelle ferite sono ancora vive. Ma fortunatamente la mia istruzione universitaria mi ha introdotto ad un termine più sfumato rispetto a quello di privilegio: “intersezionalità“. Questo concetto riconosce che le persone possono essere delle privilegiate per alcuni versi, ma non esserlo in altre situazioni. Ci sono molti tipi di privilegi, non solo quelli relativi al colore della pelle, che influenzano come le persone si muovono all’interno della società. Si tratta di cose con cui si nasce, non che si sono guadagnate, che ci danno delle opportunità che altri non hanno. Per esempio:

  • Cittadinanza: semplicemente essere nati in un certo Paese conferisce dei privilegi che i non cittadini non avranno mai.
  • Classe: nascere in una famiglia finanziariamente stabile può aiutare a garantire salute, felicità, sicurezza, istruzione e opportunità future.
  • Orientamento sessuale: se si nasce eterosessuali, ogni Stato di questo Paese conferisce dei privilegi per cui chi non è eterosessuale deve combattere presso la Corte Suprema.
  • Genere: nascere maschi significa poter camminare in un parcheggio senza preoccuparsi di essere stuprati e poi doversi difendere dall’accusa di essersi vestiti in maniera provocante.
  • Disabilità: se non si nasce o non si diventa disabili, probabilmente non si deve pianificare la propria vita intorno agli accessi per disabili, all’uso del braille o altri bisogni speciali.
  • Identità di genere: nascere cisgender (cioè, l’identità di genere corrisponde al sesso assegnato alla nascita) significa non preoccuparsi che usare un bagno o uno spogliatoio provochi pubblico oltraggio.

Come potete vedere, appartenere a una o più categorie di privilegio, specialmente essere maschi, bianchi, etero, borghesi e non disabili, è come vincere a una lotteria a cui non si sa nemmeno di aver partecipato. Ma questo non significa che ogni forma di privilegio equivalga ad un’altra, o che persone che ricadono in una categoria capiscano cosa significa far parte di una diversa. Razzismo e discriminazione sessuale non sono la stessa cosa, per esempio.

E mi raccomando: riconoscere un privilegio non significa essere colpevoli o doversene vergognare. Nessuno sta dicendo che i maschi, bianchi, etero, borghesi e non disabili, sono un branco di imbecilli che non hanno mai lavorato sodo. Significa semplicemente essere al corrente che altre persone devono lavorare un po’ più duramente per sperimentare cose che voi date per scontate (sempre che le sperimentino).

So che sono una privilegiata in molti modi. In quanto bianca e cittadina. Sono una donna cisgender. Non ho nessuna disabilità. Ho il privilegio che la mia lingua madre è anche la lingua del Paese di cui sono cittadina e in cui vivo. E sono nata con un’intelligenza e un’ambizione che mi hanno tirata fuori dalla povertà a cui altrimenti sarei stata destinata. Ho sposato un privilegiato, istruito, uomo bianco e borghese, che si aspettava da me che prendessi una laurea.

Ci sono milioni di cose in cui sperimento il privilegio, altre in cui certamente non lo faccio. Ma fortunatamente l’intersezionalità ci permette di esaminare le varie dimensioni e i gradi di discriminazione, denunciando i sistemi multipli di oppressione in cui viviamo.

Fonte: Qualcosa di Sinistra

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