Con appena 365 abitanti, Panettieri è il paese più piccolo della Calabria. Soltanto 14,7 chilometri quadrati di superficie, in provincia di Cosenza, nel comprensorio montano del Reventino. Qui, la BioEnergia investimenti spa ha pensato, forse proprio per la bassa densità della popolazione, di presentare un progetto per realizzare una centrale a biomasse da 14 MW di potenza. L’iter autorizzativo è fermo alle varie fasi della Conferenza dei servizi, ma avrebbe già incassato, in via del tutto informale, da un lato il benestare di alcuni esponenti del Comune di Panettieri e dall’altro la contrarietà delle amministrazioni limitrofe, come quella di Carlopoli.
Quanto basta per sollevare dubbi attorno ad un piano di fattibilità «riguardo alle reali possibilità di approvvigionamento del combustibile; al traffico dei pesanti mezzi usati per il trasporto; alle ingenti quantità d’acqua necessarie per il loro funzionamento; alle risorse naturalistiche e paesaggistiche dell’intero territorio; alle emissioni inquinanti rilasciate in atmosfera», come denuncia ormai da mesi il locale Comitato per il «no alla centrale a biomasse di Panettieri». Una centrale da circa 130mila tonnellate annue dichiarate di biomassa, non reperibili in loco, e che implicherebbe inoltre l’utilizzo di 200mila metri cubi all’anno di acqua, una risorsa intorno alla quale le multinazionali dell’energia e dei rifiuti sono intenzionate a creare un business.
Sembra non essere un caso che ad avanzare il progetto è una società per azioni, la BioEnergia investimenti, che opera nel settore avvalendosi della collaborazione della Onyx sarm spa della multinazionale francese Veolia, della Siram spa e della Dalkia international, altra società d’Oltralpe di Électricité de France (Edf), la maggiore azienda che produce e distribuisce energia in Francia (a maggioranza pubblica) e la stessa Veolia. Per la Provincia di Cosenza, si tratta di un impianto sovradimensionato - così come avviene in altre parti d’Italia e del Meridione - caratterizzato da improvvisazione, carenze progettuali e mancate richieste di autorizzazione alla realizzazione di pozzi e scarichi nel fiume, presumibilmente il Fego.
Come evidenziato nelle sue osservazioni. «Si tratta di progetti “copia e incolla”, presentati ovunque da diverse società, poi conseguentemente ridefiniti grazie ad amministratori compiacenti - denuncia Francesco Saccomanno, del Coordinamento nazionale Forum Ambientalista - che molte volte si portano dietro interessi criminali». Interessi, sovrastime, insostenibilità ambientale, difficoltà a smaltire i residui che derivano dall’incenerimento, anche perché in Calabria non esistono discariche per i rifiuti speciali. Infatti le ceneri degli impianti a biomasse, i cosiddetti rifiuti R10, potrebbero alimentare il giro dello smaltimento illecito, come già avvenuto nel crotonese - dove di centrali ce ne sono tre - o utilizzate per la costruzione di abitazioni e scuole.
L’inchiesta “Black Mountain”, che coinvolge la provincia di Crotone, racconta proprio questo. Lo sviluppo delle energie rinnovabili, insomma, si sta trasformando in una “black economy, poco green e molto economy”. Un modus operandi di lobby fatte di procacciatori d’affari e gruppi finanziari con alle spalle le spa dell’energia e dei rifiuti che fagocitano le categorie deboli locali, agricoltori e precari, diventate merce di scambio per l’attuazione di ricatti occupazionali. La convenienza delle biomasse dipende dagli aiuti di Stato e dagli incentivi pubblici già a partire dalla fase progettuale, essendo in molte zone inesistente un mercato locale del legno tale da alimentare grandi centrali, pur in presenza di estesi boschi in aree protette.
Il legno, quindi, viene importato. L’affermazione di Roberto Garavaglia, amministratore delegato di Euro energy group srl, è emblematica: «Le tariffe Cip6 ci permettono di incassare 20 milioni di euro all’anno che vanno a coprire esclusivamente il costo molto alto delle biomasse. La centrale di Cutro (20 MW) costerebbe 50 milioni di euro. Senza i contributi statali non sarebbe conveniente realizzarla (...) ora andiamo avanti altri 5 anni con gli incentivi, poi si vedrà». A meno che non si scelga la strada di bruciare Cdr, il combustibile da rifiuto. Quello di Panettieri è solo un caso.
Fonte: Terranews
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