Nonostante le roboanti promesse di “non mettere le mani nelle tasche degli italiani” e la pressione fiscale alle stelle, il ministro Tremonti ha aumentato le tariffe autostradali. Si tratta di una maggiorazione di 1 e 2 euro che i cittadini pagheranno ai caselli dei concessionari, ma solo per la percorrenza effettuata sui raccordi in gestione diretta Anas.
Tremonti, quindi, ha istituito un’altra tassa, di tutte la più odiosa. I pedaggi, infatti, rappresentano una vera e propria tassa occulta a carattere regressivo perché essa non colpisce, in modo selettivo, i più ricchi, ma in modo indifferenziato quelli che prendono le auto, magari i semplici pendolari. Tutti i pedaggi autostradali, d’altronde, in Italia, rappresentano, da sempre, una rendita completamente slegata dai costi di gestione e manutenzione delle reti autostradali. Questo perché, quando le autostrade appartenevano ad Iri, lo Stato legittimamente ricavava dai pedaggi una rendita monopolistica con la quale pagare il nostro welfare. Dopo la cessione della rete ai privati, le pressioni dei poteri forti hanno “congelato” la questione, garantendosi quelle lucrose rendite. In realtà, lo Stato - stretto fra le lobby - le ha cercate tutte per ridurre questo vitalizio degli italiani a favore dei grandi gruppi concessionari: dal price cap, alla Convenzione unica. Ma, in un modo o in un altro, la situazione non è cambiata. Non si tratta solo di favori di questo o quel governo al tal gruppo industriale.
Nel settore autostradale si è realizzata una perniciosa collusione fra gli interessi dei concessionari, dell’Anas (cioè dello Stato) e degli Enti locali a battere cassa a danno dei cittadini. Tutti questi soggetti, infatti, si associano per fare i lavori sulle tratte, e il sistema di mediazione degli interessi si basa sul consensus. Il paradosso è che l’Anas, oggi spa pubblica, è sia controllore che controllato: per quel che riguarda le opere pubbliche, mentre l’Anas-appaltante dovrebbe preferire l’offerta più bassa, l’Anas-appaltata sceglierà l’offerta per la propria massimizzazione dell’utile.
La mossa di Tremonti, allora, è particolarmente pericolosa in vista del nuovo step di federalismo che il governo vuole realizzare: il federalismo delle infrastrutture. Ovvero la cessione delle reti direttamente alle Regioni interessate. Se il governo, infatti, non risolve il problema delle concessioni autostradali sul piano nazionale, questa gioiosa macchina per fare soldi finirà nelle mani proprio di quelle Regioni che, oggi, lamentano di trovarsi senza soldi: esponendole alla forte tentazione di utilizzare i pedaggi, ancora una volta, per battere cassa. Laboratorio di questo progetto è stata la Lombardia dove opera la Cal, creatura di Roberto Formigoni, di proprietà dell’Anas e di una spa controllata dalla Regione Lombardia, la Infrastrutture Lombarde.
Infatti, da quando Cal è subentrata ad Anas come soggetto concedente della BreBeMi spa, società partecipata da Province, associazioni industriali e Intesa Sanpaolo, c’è stato un aumento dei costi gestionali a vantaggio di BreBeMi pari addirittura al 300%. In questa collusione fra interessi del pubblico - con ripartizione dei proventi fra i diversi livelli di governance - e privati, gli unici interessi che non vengono ascoltati sono quelli dei consumatori. Con il paradosso il federalismo tremontiano non taglia i costi, ma gli aumenta.
Fonte: Terranews
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