Belene, Bulgaria (AP Photo/Valentina Petrova)
La Bulgaria ha un primato particolare: è il paese del mondo che si sta spopolando più rapidamente. Secondo alcune stime dell’ONU, nel 2050 la popolazione bulgara sarà di 5,2 milioni di persone, 2 milioni in meno di quella attuale. Le ragioni di questo fenomeno sono diverse, ha spiegato l’Economist, e risalgono alla traumatica transizione post-comunista degli anni Novanta, quando centinaia di migliaia di giovani bulgari decisero di trasferirsi nei paesi dell’Europa occidentale, più ricchi e più stabili. Nonostante negli ultimi anni il governo bulgaro abbia promosso diverse politiche per invertire questa tendenza, i risultati tardano ad arrivare e oggi sembra difficile immaginare una soluzione al problema.
Una delle zone della Bulgaria che più sta soffrendo dello spopolamento, ha scritto l’Economist, è il nord-est, «la regione più povera del paese più povero dell’Unione Europea». Ogni anno per esempio la popolazione della città di Vratsa, che fino a diverso tempo fa era un centro industriale piuttosto importante, si riduce di circa 2mila persone, senza che il sindaco locale, Kalin Kamenov, riesca a trovare soluzioni. Kamenov ha detto che senza investimenti e senza il sostegno del governo bulgaro, Vratsa sarà virtualmente estinta nel giro di 10 anni. Situazioni simili sono diffuse soprattutto nelle zone rurali della Bulgaria, dove ci sono sempre meno giovani e sempre più anziani. Georgi Angelov, un economista che lavora all’Open Society Institute a Sofia, la capitale della Bulgaria, ha detto all’Economist: «Abbiamo un problema da paese ricco [l’aumento del numero dei pensionati], ma non siamo un paese ricco».
Uno dei piani promossi di recente dal governo bulgaro per contrastare lo spopolamento è stato attrarre lavoratori stranieri dai paesi vicini con comunità bulgare rilevanti, come l’Ucraina e la Moldavia. Molti di questi immigrati sono impiegati da anni durante la stagione turistica negli hotel e nei resort sciistici del paese. Gli sforzi fatti finora non sembrano però essere stati sufficienti a invertire la tendenza, soprattutto perché non sono stati diretti in eguale misura verso i migranti provenienti da altre parti del mondo.
Finora la Bulgaria ha adottato politiche migratorie molto intransigenti. Nei mesi in cui era aperta la cosiddetta “rotta balcanica” usata dai migranti per raggiungere l’Europa occidentale partendo dalla Turchia, tra il 2015 e il 2016, la Bulgaria rimase sostanzialmente estranea agli enormi flussi migratori, grazie alle barriere fisiche costruite lungo il confine bulgaro-turco e alla particolare reputazione delle sue forze di sicurezza, accusate di rispondere in maniera brutale ai tentativi di superamento della frontiera. Gli stessi politici bulgari hanno alimentato una intensa retorica anti-immigrazione che li ha portati anche a prendere decisioni bizzarre: per esempio nel 2016 il governo locale di Vratsa decise di vietare i centri per profughi nel territorio comunale, anche se non ne esisteva nessuno e nessuno aveva proposto di costruirne.
La Bulgaria non è l’unico paese dell’Europa non-occidentale ad avere problemi di spopolamento. Nella classifica degli spopolamenti più rapidi, i primi nove posti sono occupati da stati dell’Europa non-occidentale. Per tutti lo spostamento di decine di migliaia di persone verso altre zone di mondo (soprattutto verso l’Europa occidentale) è iniziato dopo il crollo del Muro di Berlino e durante la transizione dal comunismo ai sistemi democratici. Per alcuni paesi, come per esempio la Lettonia, la spinta principale è stato l’ingresso nell’Unione Europea. Nel 2000, poco prima di diventare stato membro della UE, la Lettonia aveva 2,38 milioni di abitanti; oggi ne ha 1,95 milioni e si stima che nel giro di una ventina d’anni il numero potrebbe scendere sotto il milione mezzo, cioè poco più della popolazione dell’Abruzzo. Il motivo è abbastanza immediato: nonostante negli ultimi 15 anni il PIL della Lettonia sia più che triplicato, le condizioni socio-economiche rimangono decisamente inferiori rispetto a quelle offerte dai paesi dell’Europa occidentale, e la cittadinanza europea ha consentito ai lettoni più giovani di cercare lavoro in posti dove gli stipendi sono più alti e la qualità della vita migliore.
Oggi più di 1 milione di bulgari vive all’estero, di cui circa 700mila in altri paesi dell’Unione Europea. Nonostante al momento non sembrino esserci in vista soluzioni efficaci per il problema dello spopolamento, ha scritto l’Economist, la Bulgaria non sta andando così male: i tassi di occupazione sono più alti che mai e le finanze pubbliche sono messe piuttosto bene, per gli standard bulgari. Finora però il governo non è riuscito a risolvere alcuni problemi strutturali che sembrano essere parte delle cause dello spopolamento: gli altissimi livelli di corruzione, una qualità media delle scuole molto bassa e gli scarsi investimenti esteri.
Fonte: Il Post
Nessun commento:
Posta un commento