Credit: Reuters/Lee Sang-hak
Seul ha schierato le ultime quattro piattaforme di lancio del sistema anti-missilistico statunitense THAAD, progettato per proteggere la Corea del Sud dalle minacce crescenti provenienti da Pyongyang.
Il ministero della Difesa di Seul ha confermato che le ultime batterie del sistema saranno installate su un ex campo da golf vicino a Seongju City, a circa 217 km a sud della capitale sudcoreana. Nello stesso sito risultano già operative due piattaforme di lancio e un potente radar del sistema di difesa THAAD fornito dagli Stati Uniti.
Dalla mattina di lunedì, almeno ottomila poliziotti sudcoreani sono stati schierati nel villaggio di Soseong-ri, lungo l’unica strada che porta al campo da golf, per rompere il blocco dei circa 300 abitanti e gruppi di pacifisti che si oppongono al THAAD.
Secondo un funzionario dei vigili del fuoco di Seongju, Kim Jin-hoon, almeno 38 manifestanti sono rimasti feriti negli scontri con la polizia, di cui 21 sono stati ricoverati in ospedale. “Nessuno dei feriti è in pericolo di vita”, ha detto all’agenzia di stampa Reuters.
I residenti di Soseong-ri sostengono che la loro protesta non ha motivazioni politiche, ma di essere contrari allo schieramento del THAAD, poiché le decine di elicotteri militari, autobus e camion che attraversano la cittadina rurale di 80 residenti hanno cambiato la vita del villaggio in peggio, influendo sulla qualità della vita di un piccolo villaggio contadino.
La decisione di installare il sistema anti-missilistico THAAD, progettato per lanciare missili a breve e medio raggio, ha suscitato forti proteste anche da parte della Cina. Pechino sostiene infatti che il radar in dotazione al sistema di difesa sarà usato per controllare parte del proprio territorio.
Secondo le autorità militari cinesi, la sola presenza di un sistema di questo tipo sconvolge l’intero equilibrio della sicurezza nella regione.
Il ministero della Difesa della Corea del Sud ha invece detto che lo schieramento si è reso necessario a causa dell’imminente minaccia proveniente dalla Corea del Nord. Pyongyang infatti ha proceduto al lancio di diversi missili balistici negli ultimi mesi.
Nonostante il nuovo presidente sudcoreano Moon Jae-in, eletto all’inizio di maggio, si sia detto pronto a un negoziato con Kim Jong Un, la Corea del Nord ha rifiutato di sedersi a un tavolo e instaurare qualsiasi trattativa finché Stati Uniti e Corea del Sud non smetteranno le esercitazioni militari congiunte.
Pyongyang considera infatti tali manovre come operazioni preliminari a un’invasione. L’escalation nella penisola sembra dunque inarrestabile al momento, con scambi di accuse reciproci tra i due schieramenti.
Domenica 3 settembre, Pyongyang ha condotto il suo sesto test nucleare, provocando violente reazioni da parte del Giappone, degli Stati Uniti e dei propri vicini. L’Onu ha condannato l’operato della Corea del Nord e il Consiglio di Sicurezza sta discutendo ulteriori e più forti sanzioni economiche contro il regime di Kim Jong Un.
La proposta dell’ambasciatrice statunitense alle Nazioni Unite Nikki Haley prevede un embargo sull’importazioni petrolifere da parte di Pyongyang, il divieto di esportazione di materiali tessili dal paese e la proibizione di assumere lavoratori nordcoreani.
Queste misure sono però avversate da Cina e Russia. A margine del vertice dei paesi BRICS tenutosi in Cina tra il 3 e il 5 settembre, il presidente russo Vladimir Putin ha infatti criticato la volontà statunitense di imporre nuove sanzioni.
“Gli scambi commerciali sono già praticamente pari a zero”, ha detto Putin, riferendosi ai rapporti tra Mosca e Pyongyang. Il presidente russo ha poi fatto un paragone storico.
“Tutti ricordano bene cosa è successo in Iraq, Saddam Hussein aveva rinunciato alla produzione di armi di distruzione di massa ma con il pretesto della ricerca proprio di queste armi, è stato distrutto il paese e Saddam è stato impiccato. In Corea del Nord lo sanno bene tutti e se lo ricordano”.
Fonte: The Post Internazionale
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