lunedì 10 novembre 2014

Insieme per Ghoncheh Ghavami - Firma l'appello



Ghoncheh Ghavami, 25 anni di nazionalità britannica e iraniana, ha iniziato un nuovo sciopero della fame per protestare contro la sua condanna. Il 2 novembre Ghoncheh Ghavami è stata condannata da un tribunale rivoluzionario per “propaganda contro il sistema”. È una prigioniera di coscienza e deve essere rilasciata immediatamente e senza condizioni. Ghoncheh Ghavami, 25 anni, di nazionalità britannica e iraniana, è stata arrestata a giugno per aver preso parte a una protesta pacifica contro il divieto imposto alle donne di assistere a eventi sportivi in impianti pubblici insieme a uomini. La protesta aveva avuto luogo, il 20 giugno, fuori dallo stadio Azadi di Teheran, dove era in corso l’incontro della Volleyball World League tra Iran e Italia. Secondo gli attivisti e i giornalisti presenti, la polizia disperse la protesta con forza eccessiva e arrestò numerosi manifestanti, tra cui Ghavami. Dopo essere stata rilasciata, Ghoncheh Ghavami è stata arrestata di nuovo 10 giorno dopo, il 30 giugno, quando si è recata a Vozara, centro di detenzione di Teheran, per riprendere il suo telefono cellulare sequestratole durante il suo primo arresto. Lo stesso giorno, agenti in borghese sono andati con lei nella sua abitazione e hanno confiscato il suo computer portatile e libri e l’hanno successivamente portata alla sezione 2A del carcere di Evin, dove è stata tenuta in isolamento, senza accesso alla sua famiglia o l’avvocato per 41 giorni. Durante questo periodo, è stata interrogata a lungo, sottoposta a pressioni psicologiche e a minacce di morte e di essere trasferita alla prigione di Gharchak, dove scontano la pena in condizioni estremamente dure gli autori di gravi crimini, e dalla quale non sarebbe uscita viva. Successivamente è stata trasferita in una cella comune con un’ altra detenuta. Il 16 settembre le autorità avevano informato la famiglia che non potevano più visitare regolarmente Ghoncheh Ghavami, probabilmente come rappresaglia per le interviste rilasciate ai media stranieri. Hanno potuto rivederla solo il 4 ottobre, dopo una lettera del giudice incaricato del suo caso al Tribunale rivoluzionario, che consentiva una visita della sua famiglia. Il 20 settembre, la famiglia è stata informata che l’Ufficio del procuratore di Teheran aveva assegnato il caso al Tribunale rivoluzionario, trattandosi di “diffusione di propaganda contro il sistema”. Amnesty International ritiene che l’accusa contro Ghoncheh Ghavami non costituisca un reato penale riconosciuto a livello internazionale e che sia in carcere solo per le sue attività pacifiche per porre fine alla discriminazione contro le donne.
Informazioni aggiuntive L’Iran ha imposto alle donne il divieto di assistere a partite di calcio negli stadi dopo l’istituzione della Repubblica islamica dell’Iran nel 1979. Nel 2012, il dipartimento per la sicurezza (Herasat) del ministero dello Sport e delle politiche giovanili ha esteso questo divieto alle partite di pallavolo. Le autorità iraniane hanno spesso dichiarato che mescolare uomini e donne negli stadi non è un tema d’interesse pubblico e che la presunta discriminazione nei confronti delle donne è in realtà a queste favorevole, in quanto hanno bisogno di “essere protette” dagli atteggiamenti osceni dei tifosi di sesso maschile. L’articolo 9 del Patto internazionale sui diritti politici e civile(Iccpr), di cui l’Iran è parte, prevede che nessuno può essere arbitrariamente arrestato o detenuto. La detenzione è considerata arbitraria quando una persona è privata della libertà per aver esercitato i diritti e le libertà garantiti dall’Iccpr. La detenzione può anche diventare arbitraria a causa della violazione dei diritti del giusto processo del detenuto, tra cui il diritto a un consulente legale prima del processo, a essere portati al più presto dinanzi a un giudice, a contestare la legittimità della detenzione e a avere tempo e mezzi per la preparazione della difesa. Deve essere rispettato il principio di messa in libertà in attesa del processo e le persone detenute illegalmente devono poter chiedere un risarcimento.
FIRMA L’APPELLO DI AMNESTY INTERNATIONAL
http://www.amnesty.it/flex/FixedPages/IT/appelliForm.php/L/IT/ca/224

Fonte: El Nuevo Dìa

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