La ricostruzione porta la firma di Angelo Venti e Repubblica ne anticipa alcuni stralci. ”La scossa delle 3.32 ha spazzato via quel velo di ipocrisia che copriva chi si ostinava a parlare ancora di questa come un’isola felice. Il rischio delle infiltrazioni non deve attendere l’inizio della ricostruzione, anzi arriva nelle prime ore insieme con la Protezione Civile e con un appalto sul modello di gestione dei Grandi Eventi”.
Per 3.600 bagni chimici, 79 euro al giorno ciascuno: la spesa totale è stata di 8 milioni al mese. Secondo Libera sarebbero arrivati molti più bagni chimici di quelli necessari: 1.600 in più, oltre 3 milioni e 800 mila euro al mese.
Poi, scrive Attilio Bolzoni, c’è l’affare delle macerie scoperto il 13 aprile 2009, giorno di Pasquetta, quando i ragazzi di Libera fotografano ruspe e camion che trasportano a Piazza d’Armi, zona militare interamente recintata. Le macerie e ogni sorta di arredi ed effetti personali vengono macinati dentro due macchine tritasassi.
“Ma lo smaltimento è anche un affare da decine di milioni di euro che scatena gli appetiti di speculatori e criminalità. Anche la vicenda della ditta che detiene la proprietà della ex Teges (è l’unica cava dove hanno rovesciato le macerie, ndr), la T&P srl, fa sorgere altre domande. Nel giugno 2009 la T&P vede l’ingresso di un nuovo socio con legami con diverse altre società, tra cui l’aquilana Abruzzo inerti srl, partecipata a sua volta dalla romana Sicabeton spa, grossa azienda con interessi in Italia e all’estero”, scrivono quelli di Libera.
A coordinare la ricostruzione c’è la Protezione civile. Poi c’è il Progetto C. a. s. e.: “È la prima volta nella storia delle catastrofi italiane che la Protezione civile si occupa di ricostruzione sostituendosi agli enti locali. Quello degli alti costi del Progetto C. a. s. e. è un capitolo aperto, non si hanno dati completi delle spese effettive e non vi è accordo sui costi reali da conteggiare”. A giugno 2010, la Procura nazionale antimafia e la procura dell’Aquila però hanno iniziato le indagini “per accertare se i 2.700 euro a metro quadrato pagati sono rispondenti alla qualità delle realizzazioni”.
In ultimo il dossier ripercorre le tappe di un caso di infiltrazione mafiosa. È il giugno del 2009 e si scopre che fra le ditte del movimento terra a Bazzano, c’è l’Impresa Di Marco srl di Carsoli: l’amministratore unico è Dante Di Marco, lo stesso della Marsica plastica srl coinvolta due anni prima in un’inchiesta dove era finito Massimo Ciancimino con i suoi soldi. Un’inchiesta che gli investigatori definirono “il primo caso conclamato di presenza mafiosa in Abruzzo”.
Fonte: Blitz quotidiano
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