Alcuni dimostranti durante una protesta contro il presidente venezuelano Nicolas Maduro, a Caracas. Credit: Reuters/Andres Martinez Casares
È salito a 106 il bilancio dei morti nelle proteste contro il presidente venezuelano Maduro da quando sono inizate ad aprile. Nelle ultime ore altri tre giovani sono rimasti uccisi a seguito delle violenze di piazza.
A pochi giorni dal 30 luglio, quando è previsto il voto per l’Assemblea costituente voluta dal presidente, i partiti di opposizione hanno convocato una manifestazione di massa in tutto il paese.
Lo sciopero nazionale di 48 ore voluto dagli oppositori di Maduro ha portato all’uccisione di sette persone, tra cui un ragazzo di 16 anni, uno di 20 e uno di 28, morti negli scontri con la polizia avvenuti a Caracas nelle ultime ore.
Nel frattempo, gli Stati Uniti, dopo aver imposto sanzioni al governo venezuelano, hanno ordinato ai familiari dei diplomatici statunitensi che vivono nella capitale venezuelana di lasciare il paese.
“Il regime ha annunciato che sono proibite le manifestazioni e noi risponderemo con la presa del Venezuela”, ha dichiarato il tavolo dell’unità democratica, composto dai partiti dell’opposizione al governo di Maduro.
Le Nazioni Unite intanto hanno fatto appello alle parti perché torni la calma nel paese prima del voto di domenica 30 luglio.
“Il desiderio del popolo venezuelano di partecipare o meno a questa consultazione elettorale dovrebbe essere rispettato”, ha detto Liz Throssell, portavoce dell’ufficio per i diritti umani delle Nazioni Unite.
“Nessuno deve essere obbligato a votare e chi vuole deve avere la possibilità di farlo liberamente”.
Il presidente è accusato di limitare la democrazia nel paese sudamericano e di aver peggiorato le condizioni di vita dei cittadini, sopprimendo spesso con la violenza le manifestazioni degli oppositori.
Maduro guida il paese dal 2013 dopo essere stato designato direttamente dal suo predecessore, Hugo Chavez, prima di morire. La contrapposizione all’interno del paese è cresciuta soprattutto dopo la decisione della Corte suprema del 29 marzo di esautorare il parlamento dei suoi poteri, facendo crescere la preoccupazione di un aumento dei poteri del presidente.
L’opposizione continua a chiedere la rimozione dalla corte dei giudici responsabili della decisione del 29 marzo e la convocazione delle elezioni generali entro il 2017. Inoltre, viene sollecitata la creazione di un canale umanitario che permetta di far arrivare i medicinali che al momento scarseggiano in Venezuela e il rilascio dei prigionieri politici.
Il 16 luglio l’opposizione convocò anche un referendum contro Maduro a cui presero parte oltre 7 milioni di persone. La consultazione non aveva alcun valore legale, ma ha avuto un grande significato simbolico in un paese attraversato da proteste e violenze quotidiane.
In realtà, la crisi venezuelana va avanti da oltre un anno e ha cause soprattutto economiche: nel 2016 tre quarti dei supermercati del paese sono rimasti vuoti lasciando la popolazione senza cibo per diversi giorni.
Il presidente Maduro attribuì la responsabilità della crisi agli Stati Uniti e ai produttori vicini alla destra, accusati di tagliare la produzione per sabotare l’economia. Il leader del paese si è trovato a gestire un sistema compromesso da alcune scelte politiche prese da Chavez che hanno portato un paese ricco di petrolio sull’orlo della bancarotta. Il precedente presidente aveva puntato molto sulla produzione petrolifera e si era indebitato con l’estero mentre portava avanti la nazionalizzazione delle imprese.
Maduro aveva cercato di rimediare stampando moneta e aumentando l’inflazione. I prezzi del cibo aumentarono tra marzo e aprile del 2016 facendo spostare i prodotti verso il mercato nero.
Fonte: The Post Internazionale
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