martedì 26 maggio 2015

La ”generazione mille euro”: precari oggi e poveri domani


Di Erica Balduzzi

I giovani di oggi sono i poveri di domani: quello che fino ad oggi era un sospetto o un timore, grazie alle stime del Censis è un’amara – e reale – prospettiva dei prossimi anni, almeno per quanto riguarda la “generazione mille euro”, quella che ora arranca tra stipendi e collaborazioni sottopagate e che avrà una pensione ancora più misera.

Una generazione di potenziali poveri. Quella che si prospetta è una bomba sociale destinata a scoppiare entro i prossimi quarant’anni, quando i giovani di oggi andranno in pensione. Secondo una ricerca Censis in collaborazione con Fondazione Generali, infatti, due dipendenti su tre degli attuali occupati tra i 24 e i 35 anni (il 65%) – nonostante gli avanzamenti di carriera assimilabili a quelli delle generazioni che li hanno preceduti e considerando l’abbassamento dei tassi di sostituzione – avranno dalla pensione un reddito più basso di quello che avevano a inizio carriera. Meno di mille euro, quando va bene. E quando va male, come nel caso degli 890mila giovani autonomi o con contratti di collaborazione e dei Neet che né studiano né lavorano, le cifre potrebbero essere anche molto più basse: anche meno di 400 euro netti a mese.

Disoccupazione e pensione futura. Una condizione, quella dei “millennials”, che porta i segni inflitti dal regime contributivo puro della riforma Fornero: la ricerca del Censis evidenzia come il 53% dei giovani della “generazione mille euro” pensi che la sua pensione arriverà al massimo al 50% del reddito da lavoro: eppure il 61% di loro ha avuto finora una contribuzione pensionistica intermittente, dovuta ai periodi di sospensione tra un lavoro e l’altro e al lavoro in nero. «Per avere pensioni migliori – sottolinea il Censis – l’unica soluzione è lavorare fino ad età avanzata, allo sfinimento. Ma il mercato del lavoro lo consentirà? Intanto l’occupazione dei giovani è crollata». Nel 2004 infatti la percentuale di giovani occupati tra i 25 e i 34 anni era del 69,8% (pari a 6 milioni), scesa al 51,9% nei primi tre trimestri del 2014 (pari a 4,2 milioni): un crollo di 10,7 punti percentuali nell’occupazione giovanile italiana che, tradotta in costo sociale, è stata pari a 120 miliardi di euro. «Un valore pari al Pil di tre Paesi europei come Lussemburgo, Croazia e Lituania messi insieme», spiega il Censis.

E non sono messi meglio i genitori dei “millennials”: conti recenti della Ragioneria di Stato citati da “La Stampa”, infatti, evidenziano che chi andrà in pensione dal 2020 in poi avrà anch’esso una pensione molto ridotta rispetto a chi è andato in pensione nel decennio precedente. Si parla di assegni che non supereranno il 60% dell’ultimo stipendio ma, nel caso dei lavoratori autonomi, la percentuale scende sotto al 50%.

Fonte: Diritto di critica

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