mercoledì 2 novembre 2016

Le ultime cose da sapere sul terremoto

I numeri delle persone assistite dalla Protezione Civile cominciano a essere più chiari, così come quelli dei comuni coinvolti

Un vigile del fuoco a San Pellegrino, frazione di Norcia, 1 novembre 2016 (FILIPPO MONTEFORTE/AFP/Getty Images)

Martedì 1 novembre la Protezione civile ha diffuso un comunicato stampa con alcuni aggiornamenti sulle persone assistite dopo il terremoto di domenica 30 ottobre in Centro Italia. Nonostante, sempre ieri, ci sia stata una replica che ha raggiunto magnitudo 4.7 nella zona di Macerata e che ha creato nuovi crolli, oggi la situazione – che resta molto complicata – sembra essere un po’ più chiara.

Qualche numero
Le persone assistite sono passate da 15 mila a 22 mila. Il numero è aumentato anche a causa delle ordinanze di sgombero totale emesse dai sindaci delle zone coinvolte e da quelle che individuano ampie «zone rosse», dunque inaccessibili, in numerosi comuni.

In particolare sono quasi 15.400 le persone assistite nell’ambito del proprio comune: di queste, quasi 14 mila in palazzetti, centri polivalenti e strutture allestite per l’occasione, oltre 1.400 invece in strutture alberghiere o agriturismi sul territorio. Sono poi circa 6.700 le persone accolte presso le strutture alberghiere sulla costa adriatica (6 mila) o alloggiate nelle strutture ricettive individuate in Umbria (700). Infine, circa duecento persone fra Lazio, Marche e Umbria sono assistite nelle tende.

Il terremoto ha interessato quattro regioni e otto province. Le Marche sono la regione più coinvolta con circa 17.500 assistiti, segue l’Umbria con oltre 3.300 assistiti, il Lazio con poco più di 800, l’Abruzzo con oltre 500. I comuni colpiti dal sisma del 24 agosto e inseriti nel decreto 189 del 17 ottobre erano 62. Dopo le scosse del 26 e del 30 ottobre i comuni sono saliti a 197, oltre il triplo. Le province colpite sono diventate quattordici.

Che cosa ha deciso il governo
Lunedì 31 ottobre si è riunito un Consiglio dei Ministri straordinario sul terremoto, a cui hanno partecipato anche i presidenti delle quattro regioni più colpite, il commissario alla ricostruzione Vasco Errani e il capo della Protezione civile Fabrizio Curcio. Il CdM ha stabilito la prosecuzione dell’emergenza terremoto, iniziata con il sisma del 24 agosto. Entro venerdì sarà approvato un decreto legge per accelerare le procedure e mettere ulteriori risorse in termini di personale per affrontare l’emergenza. Con delibera del Consiglio dei ministri è stata inoltre prevista una nuova estensione dei poteri di emergenza al Capo Dipartimento della Protezione Civile, Fabrizio Curcio.

Il provvedimento prevede quattro fasi che vanno dall’emergenza alla ricostruzione: la prima fase prevede di chiedere, a chi può e vuole, di lasciare il territorio per un breve periodo. Seguirà una fase intermedia che prevede l’arrivo di container, dato che i tempi dell’arrivo delle case di legno sono più lunghi. Fra sei o sette mesi, dunque tra la primavera e l’estate, le persone potranno trasferirsi nelle soluzioni abitative di medio termine, cioè nelle case di legno. L’ultima fase sarà quella della ricostruzione. Si prevede anche lo stanziamento aggiuntivo di 40 milioni di euro. Ieri il presidente del Consiglio Matteo Renzi ha fatto visita a Preci, in provincia di Perugia, uno dei comuni interessati dal terremoto e ha ribadito il piano del governo.

Sempre da ieri, dopo il Consiglio dei ministri, le amministrazioni locali e la Protezione civile stanno lavorando per capire dove sistemare i campi attrezzati. Il Corriere della Sera scrive che l’ipotesi dei vertici della Protezione civile con i presidenti delle quattro regioni coinvolte è quella di creare aree «dove accorpare i container alle mense e ai servizi comuni. Comprese, dove possibile, tensostrutture per consentire agli studenti di frequentare le lezioni». Nel frattempo il ministero della Difesa, su richiesta del ministero dell’Interno, ha deciso di inviare 450 militari per difendere le case degli sfollati da eventuali atti di sciacallaggio.

Le scuole
Uno dei tanti problemi riguarda gli studenti. Nei comuni più colpiti dal terremoto le scuole non ci sono più o non sono sicure e oggi, dopo il ponte del 1 novembre, migliaia di bambini non sono potuti tornare a scuola. Agli studenti delle elementari, medie e superiori si aggiungono circa 5.000 ragazzi dell’Università degli Studi di Camerino. Il rettore Flavio Corradini, che era riuscito a programmare la riapertura per oggi dopo le scosse del 26 ottobre, ha deciso di sospendere le lezioni di tutti i corsi di laurea a tempo indeterminato.

Nei 62 comuni colpiti dal terremoto del 24 agosto la popolazione scolastica era di circa 10 mila studenti. Adesso l’area interessata dal sisma è più vasta, ma una stima ufficiale ancora non c’è. C’è il problema di chi è rimasto e quello di chi è stato invece trasferito sulla costa. E c’è il problema dei tempi per le verifiche di sicurezza su tutti gli edifici scolastici. A questo sta lavorando il ministero dell’Istruzione in coordinamento con la Protezione civile.

I problemi
Il sindaco di Ascoli, Guido Castelli, che è anche vicepresidente ANCI, ha chiesto al governo di «cambiare l’impostazione dei decreti» sul terremoto, per rendere più veloci e efficaci le procedure. Con altri sindaci ha anche chiesto un maggiore coinvolgimento delle autonomie locali. Il sindaco di Fermo Paolo Calcinaro ha spiegato che le verifiche sugli edifici dallo scorso agosto sono andate a rilento e ha detto che «con un nuovo terremoto rischiamo di contare i crolli. E se arriva di notte anche i morti». Adolfo Mariangeli, sindaco di Amandola, ha aggiunto che «dopo il sisma del 24 avevamo chiesto di puntellare alcuni edifici storici. Ho chiamato cinque enti, sono passati venti giorni e l’altro giorno è crollato tutto». Situazioni simili si sono verificate anche altrove.

Attualmente sono arrivate 80 mila richieste di sopralluoghi negli edifici: altre centomila sono attese nelle prossime ore. Il presidente dell’ANCI e sindaco di Bari Antonio Decaro ha detto che ci si aspettano duecentomila domande in totale: «Sono quattro volte più che all’Aquila, più di ogni altra emergenza». Per decidere cosa fare delle case colpite dal sisma (far rientrare i cittadini o procedere con i lavori di messa in sicurezza) servono le cosiddette schede Aedes, cioè le schede di rilevamento del danno delle singole abitazioni. Le schede sono redatte da tecnici e i tecnici abilitati, dice Repubblica, sono 65. Il rischio è che gli abitanti dei centri colpiti dal sisma debbano aspettare mesi. Sempre Repubblica: «Al 21 ottobre la Protezione civile diceva di avere evaso 21mila richieste di sopralluogo sulle 77mila presentate a quella data. Ora il lavoro raddoppia. E per ottenere tempi ragionevoli di risposta servirebbero migliaia di tecnici che, chiaramente, non ci sono». A tutto questo si aggiunge il fatto che buona parte del lavoro è da rifare, dopo la scossa del 30 ottobre. Ieri Giuseppe Pezzanesi, sindaco di Tolentino, ha fatto un appello per reclutare ingegneri, architetti e geometri.

Alcuni sindaci, poi, sostengono che le regole per mettere in sicurezza da nuove repliche i beni culturali danneggiati dal sisma sono troppo complicate e vincolanti. Oggi sul Corriere della Sera è stato chiesto a Dario Franceschini perché non sia stata messa in sicurezza, ad esempio, la cattedrale di San Benedetto a Norcia. Il ministro ha risposto: «La cupola e l’arco trionfale presentavano gravi lesioni dopo il sisma del 26 ottobre, quello del 24 non aveva causato danni gravissimi. Già venerdì 28 i tecnici erano al lavoro per un lungo sopralluogo. Ma l’intervento si annunciava complesso: un’enorme impalcatura, saggi sul terreno per capire se sarebbe stata sostenibile, ricerca dei punti di ancoraggio sui muri. Non era questione di pochi giorni».

Fonte: Il Post

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