Stefano Parisi (©Alessandro Paris/Lapresse)
Stefano Parisi ha accettato di candidarsi a sindaco di Milano con il centrodestra. La proposta gli era stata fatta da Silvio Berlusconi e aveva avuto il consenso anche di Matteo Salvini (per la Lega) e Giorgia Meloni (per Fratelli d’Italia).Parisi è considerato un candidato moderato, soprattutto rispetto ad altri nomi che erano circolati nel recente passato come possibili candidati a sindaco del centrodestra, da Alessandro Sallusti a Paolo Del Debbio.
Il candidato del centrosinistra sarà invece Giuseppe Sala, ex commissario unico e amministratore delegato di Expo 2015, che il 7 febbraio ha vinto le primarie. Corrado Passera, ex ministro del governo Monti, è il candidato di Italia Unica, il movimento da lui fondato; Patrizia Bedori è la candidata del Movimento Cinque Stelle. Alcuni partiti di sinistra che non intendo sostenere Sala presenteranno invece un loro candidato, che non è stato però ancora individuato.
Parisi ha 59 anni, è nato a Roma e vive a Milano dal 1997 con la moglie e le due figlie. Si è laureato alla Sapienza in Economia e Commercio e ha cominciato la sua attività professionale nell’ufficio studi della CGIL. Negli anni Settanta è stato anche vicesegretario del Nucleo universitario socialista a Roma. A meno di trent’anni venne scelto come capo della segreteria tecnica del ministero del Lavoro, incarico che mantenne dal 1984 al 1988. Nei due anni successivi lavorò alla vicepresidenza del Consiglio dei ministri durante il governo De Mita (1988-1989) e poi, per latri due anni, come capo della segreteria tecnica di Gianni De Michelis, all’epoca ministro degli Esteri del Partito socialista.
Negli anni Novanta Parisi fu a capo del dipartimento per gli Affari economici della presidenza del Consiglio dei ministri, prima con Giuliano Amato e poi con Carlo Azeglio Ciampi. Nel 1994, dopo la famosa “discesa in campo” di Silvio Berlusconi, si parlò di lui come segretario generale della presidenza del Consiglio di Berlusconi, ma l’incarico venne alla fine viene affidato a Franco Frattini. Nel 1997 Parisi si trasferì a Milano e venne scelto come segretario comunale – il cosiddetto city manager – dal nuovo sindaco Gabriele Albertini: durante quella giunta venne approvato il cosiddetto “patto per Milano” sulla flessibilità, che aveva come obiettivi la lotta al lavoro nero e alla disoccupazione. Il patto però ruppe i rapporti del comune con la CGIL milanese, perché prevedeva di introdurre contratti a termine e retribuzioni ridotte in deroga ai contratti nazionali, per alcuni tipi di lavoro.
Nel 2000 Parisi divenne direttore generale di Confindustria durante la presidenza di Antonio D’Amato, che appoggiato dal secondo governo Berlusconi cominciò a parlare dell’abolizione dell’articolo 18. «Abolire per tutti l’articolo 18 sarebbe un atto di civiltà», disse D’Amato nel 2003. Un anno dopo, nel 2004, Parisi diventò amministratore delegato di Fastweb e fu coinvolto nello scandalo Fastweb-Telecom sulle finte fatturazioni. All’inizio del 2007 l’allora presidente di Fastweb Silvio Scaglia fu indagato a Roma per false comunicazioni sociali: l’inchiesta era stata avviata su un presunto traffico telefonico gonfiato per produrre crediti IVA irregolari. Nel 2010, nell’ambito del processo Telecom Italia Sparkle-Fastweb (riciclaggio transnazionale per 2 miliardi di euro e evasione fiscale da 400 milioni), Scaglia venne arrestato con altre 55 persone e accusato di associazione a delinquere. Nel 2013 fu assolto con formula piena. Anche Parisi ricevette un avviso di garanzia, fu costretto a dimettersi, ma nel 2013 venne scagionato da ogni accusa.
Nel 2012 ha fondato Chili Tv, società italiana di streaming on line di film e serie tv che sta per fare un aumento di capitale di 20 milioni di euro. Alcuni giornali hanno scritto che nell’operazione potrebbe entrare il gruppo Mediaset tramite Infinity, la tv in streaming del gruppo Berlusconi, ma Parisi l’ha negato dicendo che «Mediaset e Chili sono concorrenti». Il nome di Parisi come candidato sindaco a Milano aveva cominciato a circolare lo scorso dicembre. Parisi ha raccontato al Corriere della Sera di averlo scoperto dai giornali: «La mia prima risposta a Berlusconi fu che non potevo, per motivi di lavoro». Dopo aver trovato una soluzione organizzativa per la nuova società di cui è presidente (e dopo il consenso ampio da parte della coalizione che lo sosterrà) Parisi ha deciso di accettare la proposta. Quando gli è stato chiesto se il suo profilo non fosse troppo simile a quello di Giuseppe Sala – entrambi sono stati manager di successo e apprezzati dirigenti del comune di Milano – Parisi ha risposto: «Veniamo da esperienze di lavoro in parte simili, lo stimo ed è possibile trovare punti in comune nei nostri programmi. Ma c’è una differenza fondamentale. Il nostro disegno di una città libera e aperta trova l’appoggio e il consenso pieno della mia maggioranza. Sala invece dovrà fare i conti con il radicalismo di sinistra e la forte subalternità a Roma».
Fonte: Il Post
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