sabato 31 maggio 2014

Disuguaglianza e democrazia


Non passa giorno senza notizie sulla crescente disuguaglianza come eloquente indicatore del tipo di modello economico che ci siamo scelti, in seguito all’abbuffata neoliberale provocata dal Washington Consensus. L’idea che la crescita economica sia “una marea che sollevi tutte le barche”, come disse Margaret Thatcher quando dichiarò guerra alla società del welfare, e la sua gemella “il capitale ricadrà su tutti quanti”, sono ora totalmente screditate. I fatti, come si dice, sono ostinati.

Ed i fatti sono stati dimostrati in un’esauriente analisi statistica dall’economista francese, Tomas Piketty, (autore de Il Capitale nel XXI Secolo) che, sulla base dei dati degli ultimi due secoli, prova che il capitale frutta una migliore rendita rispetto al lavoro. Dunque, in qualunque paese, la crescita economica è distribuita in maniera diseguale fra l’insieme dei salari e quanto va ai ricchi. Con il tempo, il capitale del ricco crescerà più di qualunque altra cosa, ed infine i più ricchi vedranno il loro capitale crescere continuamente, molto più del benessere generale; coloro che erediteranno capitale beneficeranno infine della maggior fetta della crescita: in altre parole, succhieranno via dalla popolazione il suo aumento di benessere. Ciò significa che stiamo tornando ai tempi della Regina Vittoria.

Di fatto questo è dovuto ad una nuova realtà: il capitalismo finanziario sta rendendo molto meglio del capitalismo produttivo. L’ultimo numero della rivista americana “Alpha” stila l’elenco dei 25 manager meglio pagati nel campo degli Hedge Funds. L’anno scorso, questi manager – tutti uomini – hanno guadagnato la sconcertante cifra di oltre 21 miliardi di dollari. Una cifra che supera i redditi nazionali combinati nello stesso anno di paesi africani come Burundi, Repubblica Centrafricana, Eritrea, Gambia, Guinea, Sao Tomé, Seychelles, Sierra Leone, Niger e Zimbabwe. O, per rimanere negli Stati Uniti, il premio Nobel Paul Krugman scrive che lo 0,1% con il reddito più alto è tornato indietro al XIX secolo. Secondo la classifica dei miliardari di Bloomberg, un indice giornaliero dei 300 individui più facoltosi del mondo, questi hanno visto crescere l’anno scorso il loro benessere di 524 miliardi di dollari – più della somma dei redditi di Danimarca, Finlandia, Grecia e Portogallo. Provate solo ad andare su Wikipedia, cliccare Bilanci Nazionali nel mondo e vedete quanti paesi poveri riuscite a sommare, con i loro milioni di abitanti, per raggiungere 524 miliardi di dollari.

Lo stesso accade in Europa. Abbiamo statistiche simili dalla Spagna. L’anno scorso 23 banchieri si sono visti assegnare diritti previdenziali per 22,7 milioni di euro ed un aumento degli stipendi del 27%, nonostante uno scenario di deflazione. Si tratta di un trend che sta avendo luogo in ogni parte d’Europa, anche nei paesi del nord, ma anche in Brasile, Cina, Sudafrica ed in ogni altra parte del mondo.

Naturalmente, questo è oggi considerato un trend normale nella “new economy”, in cui il lavoro è considerato una variabile della produzione e la disoccupazione permanente è considerata inevitabile e strutturale. Nel frattempo, le Nazioni Unite sostengono che la povertà estrema nel mondo sia stata dimezzata. Il numero di persone che vivono con meno di 1,25 dollari al giorno è crollato dal 47 percento del 1990, al 22 percento del 2010. Ci sono ancora 1,2 miliardi di persone che vivono in povertà estrema, ma una nuova classe media sta emergendo in tutto il mondo, anche se il trend positivo dei numeri è dovuto per lo più a Brasile, Cina e India. Per tanto, l’argomento dei difensori dell’attuale modello economico è “se ci sono pochi super ricchi, perché ignoriamo l’enorme progresso che ha creato 1 miliardo di cittadini della nuova classe media?”.

Questo argomento ha tre ovvi problemi. Il primo è che questo tipo di crescita economica sta già erodendo la classe media nei paesi ricchi e questa contrazione è destinata ad avere seri effetti nel lungo periodo. I consumi dei super ricchi non possono sostituire i consumi di un grande numero di cittadini della classe media. La produzione di auto è già superiore alla domanda, e questo sta avvenendo per molti prodotti. La povertà globale sta calando, ma in ogni paese, la disuguaglianza sta aumentando.

Il secondo problema è che i ricchi non stanno pagando le tasse quanto prima, a causa di un gran numero di benefit fiscali che furono introdotti all’epoca del Presidente Usa Ronald Reagan – “il benessere produce benessere e la povertà produce povertà”. Il presidente francese Francois Hollande ha scoperto a sue spese che oggi non si può tassare il capitale perché è sacro. Ci sono almeno 300 miliardi di dollari in entrate fiscali che vengono persi attraverso una combinazione di incentivi sulle imposte sui redditi d’impresa e di stratagemmi per eludere le normative fiscali. Oggi, sono stimati 4 trilioni di dollari in paradisi fiscali. E la storia non è ricca di esempi di redistribuzione volontaria e solidarietà da parte di ricchi e super ricchi.

Il terzo problema è molto serio. E’ ridondante citare qui uno degli innumerevoli esempi di come la politica sia diventata asservita all’interesse economico. Un comune cittadino non ha lo stesso potere di un cittadino super ricco. E’ ironico come la corte suprema degli Stati Uniti abbia eliminato ogni limite di donazione ai partiti, perché tutti gli uomini sono uguali. Ora che il costo dell’elezione di un presidente si aggira attorno ai 2 miliardi di dollari, un cittadino medio è veramente uguale ad uno ricco come Sheldon Adelson, il magnate statunitense che ha ufficialmente donato 100 milioni di dollari al Partito Repubblicano? Senza grandi sforzi, la sua ricchezza è aumentata l’anno scorso di 14 miliardi di dollari!

E’ dunque positivo questo trend per la democrazia? Non sono i super ricchi ragione di preoccupazione? Ebbene, questo è quello che ci viene detto, e questo è quanto ci viene chiesto di credere...

di Roberto Savio - link alla fonte

Fonte: SYSTEM FAILURE

venerdì 23 maggio 2014

22 anni fa la strage di Capaci

23 maggio 2014. Sono trascorsi 22 anni dalla strage di Capaci in cui persero la vita il giudice Giovanni Falcone, sua moglie Francesca Morvillo e gli agenti della scorta Vito Schifani, Rocco Dicillo e Antonio Montinaro. Per non dimenticare...







Il coraggioso muore una volta, il codardo cento volte al giorno (Giovanni Falcone)

giovedì 22 maggio 2014

Si pente il super boss dei Casalesi Antonio Iovine


Era stato arrestato a Casal di Principe dopo 14 anni di latitanza, il 17 novembre 2010. Quattro anni di carcere duro, poi il super boss di Gomorra Antonio Iovine si è arreso: da alcuni giorni ‘O Ninno, così come era ribattezzato il padrino dei Casalesi per il suo volto da ragazzo, ha deciso di collaborare con i magistrati del pool anti-camorra di Napoli. Una decisione che potrebbe rappresentare una svolta nelle indagini e nella lotta alla camorra. I segreti custoditi dal boss-manager, considerato una sorta di “ministro dell’Economia”, potrebbero adesso ricostruire le collusioni tra uno dei più potenti clan camorristici, la politica e il mondo degli affari.


La cattura di Antonio Iovine, dopo 14 anni di latitanza, il 17 novembre 2010


ANTONIO IOVINE SI PENTE – Iovine, 50enne, era considerato al vertice dei Casalesi, insieme a Francesco Bidognetti, a Francesco Schiavone (il boss conosciuto come Sandokan, catturato nel ’98) e a Michele Zagaria (l’ultimo ad essere arrestato, il 7 dicembre 2011, ritrovato nel bunker dove si era rifugiato). ‘O Ninno era stato condannato all’ergastolo in via definitiva al termine del processo “Spartacus”, il più importante contro i Casalesi. Adesso, dopo la decisione di Iovine, a tremare è tutto l’impero dei clan, come ha spiegato Roberto Saviano su Repubblica. Il motivo? Iovine non era certo un quadro intermedio, bensì veniva definito come «uno che sapeva tutto», arrivato da giovane ai vertici. Non sono stati molti, prima di lui, i camorristi che hanno deciso di collaborare e pentirsi: prima di lui si ricorda Pasquale Galasso, capo della Nuova famiglia. L’altro storico collaboratore di giustizia del clan dei Casalesi è stato Carmine Schiavone. Ma era un capo della vecchia generazione, che era stato messo ai margini nell’ultima fase e che decise di pentirsi proprio perché allontanato dai vertici. Al contrario, Iovine durante i suoi anni di latitanza – dal 1996 fino al 2010 – ha continuato a gestire le attività dei Casalesi, mente affaristica del clan. Per questo le sue rivelazioni possono fornire informazioni essenziali sui rapporti tra imprenditoria e criminalità, non soltanto in Campania e in Italia. Spiega Repubblica:

«Un’intera generazione di complici rischia seriamente di essere spazzata via. I segreti di politici collusi e amministratori locali conniventi, gli intrecci sui rifiuti, gli affari dell’imprenditoria inquinata, i nomi dei fiancheggiatori e degli insospettabili che hanno custodito le trame di una delle più potenti organizzazioni criminali d’Europa non sono più al sicuro. Tanti che fino a poco tempo fa contavano, adesso tremano».

Lo aveva fatto capire lo stesso Iovine, in un’aula giudiziaria, il 4 dicembre 2013, nel corso del processo sulle minacce alla giornalista del “Mattino” Rosaria Capacchione e allo stesso Saviano. «Chi mi ha protetto durante la latitanza? Se parlassi, inguaierei un sacco di persone», aveva spiegato. Ora, la svolta con la decisione di collaborare con i pm.

LA DECISIONE DI COLLABORARE – Da poco tempo Iovine aveva cominciato a rispondere alle domande dei pm Antonello Ardituro e Cesare Sirignano, che fanno parte del pool coordinato dal procuratore aggiunto Giuseppe Borrelli. Ma il percorso è iniziato già da quattro anni, dopo la cattura. Qualche timida apertura alla collaborazione era stata lanciata da Iovine già tre anni fa, il 6 agosto del 2011. Ma quel primo contatto con Ardituro, nel corso di un interrogatorio per una vicenda di usura, era rimasto isolato. Soltanto a dicembre la decisione di revocare gli avvocati, segno dell’intenzione di voler cambiare atteggiamento. Agli inizi di maggio, infine, ha cominciato a riempire pagine di verbale. Documenti che dovranno essere valutati dai pm, per verificare se le dichiarazioni di Iovine siano o meno attendibili. ‘O Ninno è stato trasferito da Nuoro, dove si trovava in regime di carcere duro da quattro anni, mentre per i suoi familiari è scattato un piano di protezione.

MENTE AFFARISTICA – Boss moderno, era la mente del riciclaggio dei proventi delle attività illecite – narcotraffico, racket, truffe su tutte – nell’economia pulita e nel business del cemento. Per poi inserirsi nel mondo degli appalti statali. Ha spiegato Saviano:

«Tutto il segmento nero diventava investimento vivo, costruzione vera: imprese edili, ristoranti, import-export. Uno dei primi colpi di ‘O Ninno fu proprio l’acquisto della discoteca Gilda a Roma: una delle sue prime mosse personali nella capitale. Seguendo l’indicazione del padrino Bardellino, Roma era la vera fortezza da espugnare e Iovine l’ha sempre saputo. Ed è qui che si è legato ai tre settori cardine della capitale: cemento, intrattenimento, politica. Ha provato a scalare la squadra di calcio della Lazio, riciclando 21 milioni di euro provenienti dall’Ungheria, attraverso il suo parente Mario Iovine detto Rififì, a Roma ha investito nel settore del gioco d’azzardo legale»

Rispetto a Iovine, Saviano ha ricordato come Francesco Schiavone e Francesco Bidognetti non abbiano mai deciso di parlare: «Quando un capo è al 41 bis, sa che non può realmente comandare, ma il suo silenzio è l’assicurazione sui soldi della famiglia ed è un valore generazionale», ha aggiunto Saviano. Cosa ci guadagna allora Iovine dalla scelta di collaborare? Il super boss è giovane, non ha ancora 50 anni ed ha dei figli «perfettamente inseriti nella vita della borghesia romana e campana», si spiega su Repubblica. Recluso nel carcere duro, condannato all’ergastolo e con decine di inchieste sulla testa ‘ O Ninno ha forse capito che probabilmente per lui non restava altra strada che pentirsi. A differenza di altri boss non aveva rinunciato a spostarsi negli anni di latitanza: si era mosso dalla Francia alla Toscana, fino a Roma, seguendo il flusso del denaro e dei reinvestimenti. Per Saviano, Iovine potrà adesso chiarire e raccontare molto: dalle voci che lo hanno descritto – seppur non ci siano state conferme giudiziarie – come «il burattinaio dietro la scalata di Ricucci, Coppola e Statuto», al ruolo della famiglia Cosentino. Fino ai rapporti tra politica e camorra. Una testimonianza che potrebbe cambiare per sempre le conoscenze sulla criminalità organizzata.

Fonte: Giornalettismo

martedì 20 maggio 2014

Grillo a Porta a Porta: "Vinceremo le Europee"


Ieri sera, 19 maggio, Beppe Grillo è stato ospite a Porta a Porta, condotto da Bruno Vespa, in seconda serata su RaiUno. "Sono commosso perchè è dal '93 che non entro in uno studio in diretta. E poi sono commosso per le fotografie da buono che avete messo. Qui non è cambiato molto, il pubblico è sempre lo stesso quello pagato", le prime parole di Grillo.



Ecco le cose principali che ha detto Beppe Grillo (dal sito fanpage.it)

Ore 23:25 – “Io sono arrabbiato, forse a volte esagero però è una rabbia che ha unito in un sogno dieci milioni di italiani”, così comincia Grillo, che poi spiega i motivi della sua partecipazione alla trasmissione: “E’ un gesto politico, io sono qui per battere il pregiudizio. Ora la Rai è diventata una roba…io e Vespa ci siamo detestati, se mi avessero detto che sarei venuto qui io avrei denunciato per diffamazione”. Su Renzi poi il capo politico del Movimento 5 Stelle è chiaro: “L’ebetino è già finito, è stato messo lì dai poteri forti e dalle banche [...] Noi abbiamo fatto un sondaggio, siamo al 96%. Non vinceremo, sarà una marcia trionfale”.

Ore 23:30 – “Il nostro sogno si sta avverando”. Con queste parole Grillo anticipa la riflessione sull’esito delle elezioni: “Diremo che questa politica non rappresenta più il Paese e che Napolitano deve andarsene. Dopo le politiche ci hanno trattato come bambini”. Sugli 80 euro: “Sono una depravazione del voto di scambio, era più decorosa la scarpa destra; toglieranno le detrazioni per il coniuge a carico (ipotesi contestata da Vespa, ndr) [...] noi andremo verso una crisi, tutti i parametri sono negativi, questa gente non ne ha azzeccata una. Devono andare a casa tutti, siamo dentro un’associazione a delinquere, il Paese è stato governato da criminali”.

Ore 23:35 – “Se prendiamo la maggioranza alle Europee, il Governo deve andare a casa”, ripete Grillo, che però conferma l’indisponibilità del Movimento 5 Stelle a fare qualunque tipo di alleanza. Alla domanda di Vespa sul “dove prenderà la maggioranza”, Grillo ribadisce: “Dopo le Europee andremo al Quirinale pacificamente a spiegare come stanno le cose, poi voglio vedere cosa faranno milioni di italiani [...] Grazie a noi non c’è stata la violenza o movimenti neofascisti in Italia”.

Ore 23:40 – C’è spazio per i temi più strettamente politici: “La questione immigrazione serve solo ai partiti per la loro identità. Io voglio meno cuore e più cervello, noi andremo in Europa per cambiare le cose [...] Finora son fallite tutte le iniziative di destra e sinistra, il Movimento è un’altra cosa, quello che diciamo, facciamo”. Sul reddito di cittadinanza: “Troviamo le risorse con i tagli, i partiti hanno rubato 3,6 miliardi di euro con una frode semantica, alziamo le tasse del gioco d’azzardo online, tagliamo finanziamenti ai giornali, poi taglieremo la spesa militare di 27 miliardi di euro”.

Ore 23:50 – Il discorso verte sulle politiche europee, Grillo spiega: “Il fiscal compact vale più di 50 miliardi l’anno, il Pil scende e la forbice sta scendendo; anche secondo l’Ocse per i prossimi anni la crescita non ci sarà. E ci stanno già svendendo il Paese ai fondi americani come Black Rock, i loro ragionieri stanno già catalogando i nostri beni, chiuderanno 200 università e gli asili nido. L’ebetino ha già messo i suoi consulenti nei consigli di amministrazione”. Sul referendum sull’euro, Grillo spiega: “Noi diremo all’Europa che non vogliamo trattare e subito via il fiscal compact. Noi siamo il terzo finanziatore dell’Europa, Renzi è andato dalla Merkel a dare due slinguate”.

Ore 00:00 – Grillo torna poi a parlare della sua idea di Paese: “Bisogna invertire la logica, non ho mai parlato di decrescita ma di crescita sostenibile. Sugli inceneritori bisogna capire che è un modello vecchio, bisogna puntare a non produrre più rifiuti: è un modo di fare industria di un altro mondo”. Sull’Expo il capo politico del Movimento è chiaro: “Siamo andati dentro con un pullman, non c’è niente; un’autostrada da 15 corsie, speculazioni edilizie, una torta pazzesca, aziende tutte colluse con la mafia, le Coop rosse prendono appalti con ribassi del 30%; perché oggi un’associazione a delinquere è formata da un banchiere, da un uomo d’affari, un politico…e a volte non c’è neanche un delinquente! L’Expo è una rapina, ora arriva il supercommissario dell’anticorruzione Cantone che non si è accorto di nulla”.

Ore 00:10 – Dopo una serie di botta e risposta, Grillo attacca: “Vespa il nostro programma te lo vai a cercare, non te lo dico. Abbiamo progetti per impedire la svendita del patrimonio italiano, l’unica rivoluzione del M5S non è di stravolgere il mondo ma di inserire una persona onestà nei posti giusti, come fatto con Roberto Fico alla Vigilanza Rai, che in un anno ha speso 158 euro su 30mila a disposizione. Le persone oneste ci servono per non rubare più, destra e sinistra si sono spartiti questo Paese”.

Ore 00:15 – La chiusura di Grillo: “Se Renzi vincesse ne prenderei atto, ma io ora chiedo un piccolo sacrificio alle persone anziane affinché pensino di più ai loro nipoti e smettano di votare quello per avere le dentiere. [...] Ora dobbiamo spazzare via questa classe politica e battere i pugni in Europa, anche perché, che sia costituzionale o meno, faremo un referendum per chiedere agli italiani se uscire dall’euro (qui dopo le obiezioni di Grillo sulla costituzionalità, Grillo spiega che è necessario dare la parola ai cittadini, ndr). [...] Vi do appuntamento a piazza San Giovanni, vedremo se perderemo le elezioni”.

lunedì 19 maggio 2014

La Svizzera boccia il salario minimo


Un manifesto per il sì al referendum a Bulle, in Svizzera. (Fabrica Coffrini, Afp/Getty Images)

Il 18 maggio in Svizzera è stato bocciato il referendum sul salario minimo, proposto dai sindacati. Il 76 per cento degli svizzeri ha detto no all’introduzione di un salario minimo di 3.250 euro.

Se avesse vinto il sì, gli svizzeri avrebbero avuto il salario minimo più alto del mondo. Ma, come previsto dai sondaggi, il referendum non è passato in nessuno dei cantoni elvetici.

In Svizzera non esiste un salario minimo e le retribuzioni sono concordate individualmente o collettivamente. I negoziati collettivi avvengono tra le parti sociali per un intero settore o per singole aziende. Secondo i sostenitori del referendum l’introduzione del salario minimo avrebbe garantito stipendi più equi, ma secondo i suoi oppositori avrebbe alzato troppo i costi di produzione per le aziende e avrebbe rischiato di peggiorare la disoccupazione.

“È stato proposto un salario minimo molto alto”, dichiara di una associazione di imprenditori Blaise Matthey. “E con un salario minimo così alto si rischia di escludere molte persone dal mercato del lavoro, in particolare in quei lavori pagati meno. In Svizzera la disoccupazione è molto bassa, ma questo salario minimo avrebbe potuto farla aumentare”, ha aggiunto Matthey.

Il referendum sul salario minimo è stato quello più discusso, ma il 18 aprile gli svizzeri hanno votato una serie di referendum, tra cui quello per l’acquisto di aerei militari svedesi, respinto con il 53 per cento dei voti. Approvato invece il referendum per vietare alle persone condannate per pedofilia di lavorare con i bambini per tutta la vita.

Fonte: Internazionale

sabato 17 maggio 2014

Giornata internazionale contro l'omofobia e la transfobia


Oggi è la giornata internazionale contro l'omofobia e la transfobia. Il 17 maggio del 1990 l’Organizzazione Mondiale della Sanità cancellò l’omosessualità dalla lista delle malattie mentali.

venerdì 16 maggio 2014

Giro d’Italia, la vergogna di una RAI asservita al potere

Il giro d'Italia, nella giornata di ieri, ha fatto tappa a Vairano Patenora (CE), precisamente nella frazione di Vairano Scalo. Ma alcune scelte dell'organizzazione del giro e della RAI hanno indignato la popolazione di Vairano e diversi esponenti della politica locale. Vi riporto l'articolo dell'amico Thomas Scalera dal sito Vairano News.



Complimenti agli organizzatori della Gazzetta e della RAI che hanno fatto una gran bella frittata durante il passaggio del giro d’Italia per Vairano Scalo. Era prevista una carovana che doveva arrivare 2 ore prima, era prevista una manifestazione davanti al monumento dello storico incontro di Vairano.

Ebbene con la grande delusione dei tanti bambini intervenuti la CAROVANA è passata dritta senza fermarsi, contrariamente a quanto sapevano gli amministratori e il Sindaco.

Ma non basta.

Sapete cosa ha fatto mamma RAI? Durante il passaggio per la piazza, davanti a Taverna Catena ha mandato la PUBBLICITA'. Una vergogna.

Hanno semplicemente occultato il luogo dell’Unità d’Italia, probabilmente per un intervento di qualche importante politico del luogo che da sempre osteggia la VERITA' STORICA.

L’intera popolazione è sconcertata, tutti sono basiti e delusi compreso il Sindaco Bartolomeo Cantelmo che ha rilasciato questa dichiarazione:



Sarebbe il caso che l’amministrazione chieda spiegazioni all’organizzazione perché quello che è accaduto è assolutamente da condannare.

La dichiarazione di Martone del gruppo Torre non ha tardato ad arrivare: “E’ l’ennesimo schiaffo ai vairanesi, quindi, a questo punto, penso che il 22 il Consiglio Comunale debba prendere atto di PRENDERSI TUTTO IL PALAZZO DI TAVERNA CATENA, perché qui c’è qualcuno che vuole OCCULTARE la verità, ma non potrà riuscirci. Poi se il Ministro Franceschini, grazie ai suoi agganci sul posto, vorrà ostacolarci vuol dire che coinvolgeremo le imprese di costruzione locali e TAVERNA CATENA ce l’aggiustiamo noi, senza aspettare l’elemosina di nessuno.”

Chiediamo alle forze politiche di Vairano, TUTTE, di mandarci il loro video di protesta perché l’ennesimo colpo basso dato a Vairano non può passare così impunito. Oggi siamo stati colpiti tutti, ma soprattutto è stata ASSASSINATA ancora una volta la VERITA’.

Di seguito i Video:

Thomas Scalera:



Gianpiero Martone (gruppo Torre):



Enzo Orabona (Partito Democratico):

“La mia rabbia e il mio sdegno per quanto accaduto sicuramente e concordo con il Sindaco prima di sentenziare oppure prima di fare della facile demagogia vanno chiariti i perché dell’accaduto una cosa da notare dopo il passaggio a Vairano i ciclisti sono caduti sarà un segno?“

Fonte: Vairano News

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L'articolo del giornalista Stefano Peccerillo sul quotidiano 'La Gazzetta di Caserta' di oggi:

Clicca per ingrandire

mercoledì 14 maggio 2014

Milano, tesi di laurea gettate come immondizia


Quattro cassoni per la raccolta differenziata pieni di tesi di laurea. Il ritrovamento è avvenuto al Dipartimento di Informatica dell' 'Università degli studi di Milano'. Si tratta di elaborati consegnati in un periodo che va dal 1983 al 1995 e sono i lavori di centinaia di studenti che si sono laureati al dipartimento.

Con una nota la Statale precisa "l'Ateneo conserva indefinitamente copia di ogni tesi, di ogni grado e livello di studio, nel proprio Archivio tesi, garantendone peraltro la pubblica consultazione se autorizzata dall'autore". La nota prosegue spiegando che "lo smaltimento delle copie cartacee in dotazione ai singoli docenti, relatori o correlatori, spetta a loro che ne dispongono liberamente, anche valutando le non secondarie esigenze di razionalizzazione degli spazi a disposizione".

La foto mette comunque tristezza...

venerdì 9 maggio 2014

Un ricordo per Peppino Impastato

Il 9 maggio del 1978 nel piccolo paese di Cinisi, a 30 km da Palermo, viene ucciso Giuseppe Impastato. Il suo corpo viene dilaniato da una carica esplosiva posta sui binari della tratta Palermo-Trapani. Peppino era un militante della sinistra extraparlamentare. Sin da ragazzo si era battuto contro la mafia, denunciandone i traffici illeciti e le collusioni con la politica. A far uccidere Peppino fu Gaetano Badalamenti, il capo di Cosa Nostra negli anni Settanta.

giovedì 8 maggio 2014

Perché è stato arrestato Claudio Scajola


Claudio Scajola arrestato dalla Dia di Reggio Calabria. L’ex ministro dello Sviluppo Economico è finito in manette con l’accusa di aver favorito la latitanza dell’ex parlamentare e collega di partito Amedeo Matacena, imprenditore reggino. Oltre a Scajola tra gli arrestati spuntano la segretaria dell’ex ministro, Roberta Sacco, e diversi personaggi legati a Matacena, anch’egli raggiunto da un provvedimento restrittivo insieme alla moglie Chiara Rizzo (che risulta però irrepereibile) e alla madre Raffaella De Carolis.


CLAUDIO SCAJOLA ARRESTATO, SEQUESTRI E PERQUISIZIONI – Matacena risulta latitante a Dubai a seguito di condanna definitiva per concorso esterno in associazione mafiosa. Sono state ordinate numerose perquisizioni in varie regioni, in Piemonte, Lombardia, Liguria, Emilia Romagna, Lazio, Calabria e Sicilia. A quanto si apprende dalle agenzie di stampa sono in corso anche sequestri di società commerciali italiane, collegate a società estere, per un valore di circa 50 milioni di euro. Complessivamente sono stati emessi emessi dal Gip Olga Tarzia otto provvedimenti restrittivi.

CLAUDIO SCAJOLA ARRESTATO, L’INDAGINE – L’inchiesta che ha condotto all’arresto di Scajola parte da un filone dell’indagine ‘Breakfast’ sui fondi neri della Lega Nord. Uno dei personaggi chiave dell’inchiesta è Bruno Mafrici, un faccendiere legato al clan De Stefano di Reggio Calabria. Gli investigatori della Dia reggina hanno scoperto alcune telefonate di Mafrici, che si spacciava per avvocato, con l’ex deputato di Forza Italia Matacena. Al telefono i due parlavano di affari e le telefonate si sarebbero fatte sempre più insistenti qualche mese prima che la condanna a sei anni di reclusione per associazione mafiosa del politico diventasse definitiva. In questo contesto Scajola avrebbe intrattenuto rapporti definiti dalla Dia «sospetti» con la moglie di Matacena, Chiara Rizzo. In più Scajola avrebbe «interessato» un faccendiere italiano con interessi in Libano per favorire la latitanza di Matacena, lo stesso faccendiere che avrebbe avuto contatti con l’ex senatore Marcello Dell’Utri (arrestato a Beirut lo scorso 12 aprile) per una fuga nel paese mediorientale. Matacena tentava dunque, di trasferirsi in Libano, grazie all’aiuto dell’ex ministro.

CLAUDIO SCAJOLA ARRESTATO, IL PROCURATORE PARLA A SKYTG24 – A SkyTg24 il procuratore della Repubblica di Reggio Calabria Federico Cafiero de Raho ha spiegato che durante l’indagine ‘Breakfast’ da conversazioni telefoniche è emersa la figura del Matacena, nel giugno 2013 destinatario di un provvedimento di esecuzione di pena, e che seguendo i suoi rapporti è emerso che alcune persone tra cui Scajola si sono prodigate affinché Matacena potesse sottrarsi alla esecuzione della pena. Qualcuno si sarebbe prodigato addirittura per trasferire il suo patrimonio nelle mani di soggetti apparentemente non a lui legati, allo scopo di sottrarlo a provvedimenti giudiziari di sequestro. Matacena tentava in sostanza di salvaguardare i suoi beni facendoli confluire in oscietà fittizie a capo delle quali sarebbero stati posti alcuni suoi factotum.

CLAUDIO SCAJOLA ARRESTATO, LA REAZIONE DI BERLUSCONI – L’arresto di Scajola è avvenuto stamane in un albergo romano, dove l’ex ministro aveva trascorso la notte. Il commento di Silvio Berlusconi non si è fatto attendere. «Non so per quali motivi sia stato arrestato, me ne spiaccio e ne sono addolorato», ha dichiarato l’ex Cavaliere nel corso di un’intervista a Radio Capital. Berlusconi ha precisato che Scajola non è stato candidato in lista con Forza Italia in vista delle Elezioni Europee non perché si avesse sentore di un arresto, ma in seguito ad un «sondaggio su di lui» che segnalava la perdita di voti del partito nel caso di eventuale sua candidatura.

CLAUDIO SCAJOLA ARRESTATO, LE VECCHIE VICENDE – Matacena, di cui Scajola avrebbe favorito la latitanza, si è reso latitante dal 2010 dopo la condanna definitiva in Cassazione per concorso esterno in associazione mafiosa. Scajola già era finito sulle pagine di cronaca giudiziaria nel 2010 per la vicenda della casa al Colosseo acquistata a prezzo ribassato perché in parte pagata dall’imprenditore Diego Anemone. A gennaio di quest’anno Scajola è stato poi assolto perché il fatto non costituisce reato e perchè i soldi erano stati versati «a sua insaputa».

CLAUDIO SCAJOLA ARRESTATO, LA CARRIERA – Nato 66 anni fa ad Imperia, Claudio Scajola vanta una lunga carriera politica alle spalle. Negli anni 1982 e ’83 e dal ’90 al ’95 è stato sindaco della sua città. È entrato in Parlamento, alla Camera, nel 1996, dove ha occupato un seggio come rappresentante di Forza Italia prima e Pdl poi fino alla scorsa legislatura, conclusasi nel 2013. Per 13 mesi, dal giugno 2001 al luglio 2002 è stato ministro dell’Interno del governo Berlusconi, incarico terminato in seguito alla dichiarazione su Marco Biagi «era un rompicoglioni che voleva il rinnovo del contratto di consulenza». Dall’agosto 2003 all’aprile 2005 ministro per l’attuazione del programma di governo. Dal 2006 al 2008, durante il governo di centrosinistra, è stato invece presidente del Copasir. Infine, da maggio 2008 a maggio 2010, ministro dello Sviluppo Economico.

(Fonte foto: archivio LaPresse)

Fonte articolo: Giornalettismo

domenica 4 maggio 2014

Ma Genny ‘a carogna non è l’unico colpevole di questo schifo


Partiamo dai fatti. Genny ‘a carogna, al secolo Gennaro De Tommaso, capo dei “Mastiffs”, figlio di Ciro, camorrista affiliato al clan Misso, perché era allo stadio a fare il “lancia cori” per i tifosi azzurri durante la finale di Coppa Italia Napoli-Fiorentina, ieri, a Roma? E perché poteva indossare la maglia “Libertà per Speziale”, in solidarietà all’uomo condannato in primo grado per l’omicidio di Filippo Raciti, l’ispettore di polizia rimasto ucciso negli scontri tra ultras a Catania nel 2007? Chi l’ha fatto entrare? Chi l’ha fatto entrare con quella maglia? Genny ‘a carogna è indubbiamente un problema del calcio italiano. Attenzione, però. Non è l’unico. Né il più grave, a questo giro. Prima di Napoli-Fiorentina qualcuno ha sparato a tre persone, tutti supporter partenopei. Ciro Esposito, colpito alla colonna vertebrale è il più grave. All’inizio le forze dell’ordine hanno fatto credere che si trattasse di una vicenda estranea alla contrapposizione fra tifoserie. Un fatto che «non sembra essere collegato a scontri tra tifosi, ma che avrebbe cause occasionali». E in effetti non interessava nello specifico la Fiorentina. Ma siccome siamo a Roma, è parso a tutti ovvio che qualcosa la tifoseria della Capitale, acerrima nemica di quella partenopea, doveva entrarci. Infatti un coinvolgimento pare vi sia, eccome. Siamo all’inizio di indagini complesse, quindi non abbiamo certezze in mano. Di certo c’è che un ragazzo rischia di finire all’altro mondo. Di certo c’è che ci sono stati anche altri tafferugli. In tutto si contano 10 feriti. Doveva bastare questo a fermare il circo del pallone. E invece la paura che bloccare lo show si rivelasse la scelta peggiore ha preso il sopravvento.

Genny ‘a carogna decide o è portavoce di una decisione?
Continuiamo coi fatti: una volta appresa la notizia del ferimento dei tifosi, gli ultras azzurri già nello stadio hanno chiesto ai calciatori di non scendere in campo. Il calciatore del Napoli Marek Hamsik, capitano, si è recato, su richiesta dei dirigenti della Lega Calcio e della polizia, a parlare coi tifosi in curva allo stadio Olimpico. I referenti erano appunto Gennaro ‘a carogna e altri due “dirigenti” del tifo partenopeo. Perché è stato mandato un calciatore e non un funzionario della SSC Napoli? Perché – dicono ambienti di polizia – il calciatore ha un dialogo coi tifosi. Lo ascoltano. Genny De Tommaso parla con Hamsik ma nel frattempo dagli spalti parte un fitto lancio di oggetti. Qual è il ruolo di Genny ‘a carogna? Impone o media? Ha davvero la capacità di decidere l’inizio o l’interruzione di una partita? Di certo c’è che non riesce nemmeno a fermare il lancio di oggetti e fumogeni. Una cosa, ripetiamo, è certa: egli non dovrebbe esser lì, egli non dovrebbe essere il garante di niente. Ma tant’è. La partita si fa. I tifosi dicono che non esulteranno né scandiranno cori né esibiranno striscioni o coreografie. Ma chi decide davvero che si gioca? Questura e Prefettura o il capotifoso? Che ruolo ha Genny? L’orientamento delle forze dell’ordine è ovviamente quello di controllare la fiumana di gente e non farla riversare nuovamente nelle strade senza aver assistito alla finale, dunque frustrata e rabbiosa. Dunque decide l’ultras o no? Intanto le sue immagini in bilico sulla transenna dell’Olimpico fanno il giro del mondo.

Daniele De Santis e la sparatoria prima di Napoli-Fiorentina
Non dimentichiamo i fatti. C’è stata una sparatoria. Il Calcio Napoli vince 3-1 okay. Ma chi ha sparato? E perché? C’è un ultrà della Roma, Daniele De Santis, che in tarda serata viene stato interrogato all’ospedale Gemelli, dove è ricoverato con una gamba rotta. Una pistola viene ritrovata abbandonata nei pressi di un vivaio in viale Tor di Quinto. De Santis detto “Gastone”, è già noto alle forze dell’ordine per fatti legati al mondo ultras della Roma. E per vicinanza al mondo dell’estrema destra. La dinamica, per ora, ha due verità: la prima narra dell’uomo, riconosciuto da alcuni tatuaggi, aggredito da alcuni tifosi napoletani, contro i quali avrebbe esploso i colpi di pistola. L’altra ipotesi, del tutto diversa, è quella dell’agguato organizzato: l’ultrà giallorosso avrebbe provocato, sparato e poi sarebbe stato picchiato. Nelle prossime ore capiremo esattamente la dinamica.

Questi sono a grandi linee gli elementi sui quali ragionare. E rispetto a questi possiamo dire che dopo esserci occupati del pittoresco Genny ora occorre capire il contesto di riferimento di chi ha impugnato una calibro 7,65 col preciso scopo di mandare persone all’altro mondo prima di una partita di pallone. Ieri allo stadio c’era anche il premier Matteo Renzi, con moglie e figli, scortato da polizia e carabinieri. Capisca anche lui che non è più tempo di “lasciar correre”. Forse è davvero arrivato il momento di mettere mano anche a questo guaio ed elaborare proposte draconiane. Sicuramente non è una questione che si risolve con un tweet: prima lo si capisce, meglio è.

Fonte: fanpage.it

Leggi anche: Tifoso del Napoli ferito, arrestato ultrà della Roma con l’accusa di tentato omicidio

sabato 3 maggio 2014

L'importanza della prevenzione

di Dott.ssa Enza Tabacchino

Prevenire la diffusione delle malattie significa conoscerle, individuarne le cause e i fattori che ne favoriscono l’insorgenza; significa anche formare nella popolazione un’idea positiva di salute come bene prezioso da difendere da ogni rischio esterno o interno all’uomo.

Nell’ultimo secolo è stato raggiunto un significativo grado di controllo per alcune malattie grazie soprattutto a specifiche misure preventive, quali le vaccinazioni e, in generale, grazie alle migliorate condizioni igienico sanitarie. Nuove metodologie di prevenzione delle malattie emergono in virtù delle tecnologie ed aumenta anche la consapevolezza sulla salute. Negli anni si è assistito oltre che ad un’evoluzione del concetto di salute – da assenza di malattia a completo benessere fisico, mentale e sociale - anche ad un riconoscimento del ruolo importante e determinante che la singola persona ha sul proprio stato di benessere. La persona deve essere messa nelle condizioni di avere sia una vita integrata socialmente che un controllo sui determinanti dello stato di salute-malattia, ma deve anche sapere e poter scegliere con consapevolezza il suo stile di vita; da qui deriva la definizione di promozione della salute come quel processo che rende gli individui in grado di avere un maggior controllo sulla propria salute e di migliorarla. Inoltre, si è sentita la necessità di valorizzare approcci umanistici che tengano conto della persona nel suo insieme, che integrino i diversi saperi e gli ambiti disciplinari, promuovendo dialogo e interazione tra i professionisti. Oggi le persone vogliono non solo curarsi, ma anche prevenire le malattie, informarsi, integrare le diverse conoscenze. La relazione tra il paziente e colui che si prende cura del suo benessere è molto importante, perché un buon dialogo fa sentire le persone meno malate, più partecipi alla cura; insomma ci si sente più “persone” e meno “casi clinici” e questo è davvero molto.

Nella promozione della salute, concetto che negli ultimi anni ha avuto un’importante diffusione, si possono individuare tre attività essenziali e cinque azioni strategiche.

Le tre attività sono:

1. fornire agli individui ed alle comunità i mezzi materiali, le conoscenze e le capacità per controllare e migliorare la propria salute (to enable);

2. mediare tra i differenti interessi della società per il raggiungimento della salute (to mediate);

3. sostenere il diritto alla salute per tutti e quindi favorire l’equità (to advocate).

Le azioni strategiche attraverso le quali fare promozione della salute sono:

1. creare politiche pubbliche per la salute;

2. creare ambienti che favoriscono le scelte salutari;

3. rafforzare i processi di partecipazione dei cittadini che devono diventare i protagonisti e quindi i responsabili del loro stato di salute;

4. sostenere lo sviluppo individuale e sociale fornendo l’informazione e l’educazione alla salute, e migliorando le abilità per la vita quotidiana;

5. orientare i servizi sanitari la cui missione deve andare oltre la cura e la riabilitazione.

Si intuisce, quindi, la complessità generale dell’argomento e dei possibili risvolti nelle politiche in ambito sanitario ma non solo. Si devono creare delle alleanze, cioè accordi tra enti/istituzioni diverse e reti tra i vari servizi, che condividano un obiettivo di salute, creando delle sinergie tali da modificare culturalmente stili di vita non salutari. È fondamentale ci sia un approccio globale e trasversale, con il coinvolgimento di tutti i settori - quello sanitario, dell’istruzione, dell’ambiente, dei trasporti, dell’agricoltura - per agire efficacemente sui determinanti sociali, fisici ed economici della salute. Va inoltre sottolineato che, spesso, modelli di vita poco salutari o stato di malattia si associano ad una situazione di degrado sociale, ad un livello scolastico e culturale basso, a difficoltà economiche e chiaramente a mancanza di capacità di risposta del singolo. Il nuovo paradigma adottato nelle discipline sanitarie pone l’accento proprio su concetti fondamentali quali la persona, l’ambiente, la salute, la cura. Secondo questa visione, il cittadino/paziente deve essere considerato una persona nella sua globalità inserita in un particolare contesto socio-economico, culturale e relazionale, con le proprie credenze, conoscenze e valori.


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venerdì 2 maggio 2014

Euro di serie A ed euro di serie B


Si parla spesso di uscita di Italia dall’euro. Riguardo alle modalità ci sono diverse tesi. Una di queste è un’uscita “concordata” con conseguente svalutazione della moneta o in alternativa un’uscita della Germania con un euro di serie A e l’Italia con un l’euro attuale di serie B svalutato. In queste ipotesi il problema principale rimane il pagamento dell’esorbitante debito pubblico contratto con la moneta attuale forte e non svalutata. Il problema principale è quindi il debito pubblico con gli interessi e quant’altro. Di ristrutturazione del debito pubblico si parla da tempo: un’ipotesi da adottare non certo tra le più felici.

L’euro di serie A e l’euro di serie B forse è la soluzione più “indolore” se proprio si dovesse decidere di abbandonare la moneta attuale troppo forte sui mercati globali: la soluzione dell’euro di serie A e di serie B rispecchia anche la forza delle economie forti e deboli dell’Europa, dei paesi del Nord e dei paesi del Sud, dei paesi definiti virtuosi e dei PIGS.

Una moneta deve rispecchiare l’economia di una nazione e l’Italia come la Spagna o il Portogallo non possono permettersi una moneta adatta invece ad un’economia forte come quella della Germania. 

Ritornando poi alla questione della svalutazione si potrebbe optare per una svalutazione graduale negli anni che potrebbe seguire un’eventuale ripresa economica e un’eventuale riduzione del debito pubblico premettendo che però trattati come il Fiscal Compact vanno ridiscussi, cambiati, rinviati o altro.

La cosa principale da tenere a mente è che la via attuale non è quella praticabile e in un modo o nell’altro dovranno esserci dei cambiamenti. La situazione di deflazione in cui versa l’Europa parla chiaro come parla chiaro anche il fatto che la ripresa economica in Europa sia più debole rispetto ad altre parti del mondo. 

Oppure ancora cambiare il ruolo della BCE e condividere i debiti sovrani così aiutando le economie più deboli magari con l’ipotesi più volte avanzata degli eurobond.

Il Fiscal Compact e il rispetto del 3% di rapporto deficit/PIL sono vincoli da rispettare troppo “duri” come sono stati concepiti qualche anno fa: c’è bisogno di maggiore “elasticità” per aiutare i paesi in difficoltà o rinviare tutto per il fututo quando si sarà usciti dalla crisi economica più grave dal dopoguerra.

Fonte: SYSTEM FAILURE

giovedì 1 maggio 2014

Festa dei lavoratori?


Per milioni di persone, i disoccupati, quella del primo maggio è una giornata come le altre. Non c'è niente da festeggiare. Purtroppo, da diversi anni a questa parte, la festa dei lavoratori non coincide affatto con la festa del lavoro. Lavoro a tempo determinato, lavoro nero, lavoro part time. Lavoro e basta non se ne trova. C’è sempre un aggettivo appresso. E sono quegli aggettivi a modificare il senso del lavoro, la sua prospettiva futura, la sua sicurezza, il suo status. Il precariato ha diminuito sia i disoccupati che gli occupati a tempo indeterminato. Risultato, l’insicurezza. Quella sociale, però. Perché poi c’è anche l’insicurezza materiale, fisica, nel mondo del lavoro. Le morti bianche le chiamano. Anche qui un aggettivo a caratterizzare la morte. Bianca perché è innocente. Non si può morire sul lavoro!

L’Italia è una Repubblica democratica fondata sul lavoro (art.1 Cost.)

IL SIGNIFICATO DI QUESTA FESTA
Il primo maggio è la festa dei lavoratori o festa del lavoro. E’ una festività che annualmente viene celebrata per ricordare l'impegno del movimento sindacale ed i traguardi raggiunti in campo economico e sociale dai lavoratori. L'origine della festa viene fatta risalire ad una manifestazione organizzata negli Stati Uniti dai Cavalieri del lavoro a New York il 5 settembre 1882. Due anni dopo, nel 1884, in un'analoga manifestazione i Cavalieri del lavoro approvarono una risoluzione affinché l'evento avesse una cadenza annuale. Altre organizzazioni sindacali affiliate alla Internazionale dei lavoratori - vicine ai movimenti socialista ed anarchico - suggerirono come data della festività il Primo maggio. In Europa la festività del primo maggio fu ufficializzata dai delegati socialisti della Seconda Internazionale riuniti a Parigi nel 1889 e ratificata in Italia soltanto due anni dopo. In Italia la festività fu soppressa durante il ventennio fascista - che preferì festeggiare una autarchica Festa del lavoro italiano il 21 aprile in coincidenza con il Natale di Roma - ma fu ripristinata subito dopo la fine del conflitto mondiale, nel 1945. Nel 1947 fu funestata a Portella della Ginestra (Palermo) quando la banda di Salvatore Giuliano sparò su un corteo di circa duemila lavoratori in festa, uccidendone undici e ferendone una cinquantina.