venerdì 30 settembre 2016

I quadri di van Gogh ritrovati vicino a Napoli

Erano stati rubati nel 2002 dal van Gogh Museum di Amsterdam. Li ha recuperati la Guardia di Finanza dopo una lunga indagine: erano in casa di un camorrista


La polizia italiana ha ritrovato vicino a Napoli due dipinti di Vincent van Gogh che erano stati rubati nel 2002 dal Van Gogh Museum di Amsterdam, il più importante museo del mondo dedicato al pittore olandese: lo ha scritto in una nota il museo, aggiungendo che i quadri sembrano in condizioni relativamente buone, nonostante siano senza cornice e presentino – soprattutto il primo – qualche danno. I due dipinti si chiamano “La spiaggia di Scheveningen”, del 1882, e “Una congregazione lascia la chiesa riformata di Nuenen”, del 1884, e la loro autenticità è stata confermata da un esperto. Il recupero di quadri rubati non è una cosa molto frequente: la maggior parte delle volte non vengono ritrovati.

“La spiaggia di Scheveningen” (Van Gogh Museum)

I dipinti sono stati recuperati grazie a un’operazione della Guardia di Finanza e della Procura di Napoli: Repubblica, che ha pubblicato la notizia per prima, dice che sono stati ritrovati in un «anonimo locale della provincia costiera, a Castellammare di Stabia», collegato al boss della camorra Raffaele Imperiale, un importante trafficante di droga che attualmente è latitante a Dubai. Non si sa ancora come Imperiale sia entrato in possesso dei quadri, che furono rubati il 7 dicembre 2002 da alcuni ladri che entrarono di notte nel museo passando dal tetto.

“Una congregazione lascia la chiesa riformata di Nuenen” (Van Gogh Museum)

I due quadri sono di piccole dimensioni: 34×51 centimetri uno, e 41×32 centimetri l’altro. Erano esposti nella sala principale della collezione del Van Gogh Museum, e quando furono rubati il direttore del museo disse che non sapeva attribuire loro un valore economico. Altri quadri dipinti da van Gogh nei suoi ultimi anni di vita, però, sono stati venduti per decine di milioni di euro. “La spiaggia di Scheveningen” è l’unico quadro del Van Gogh Museum dipinto da van Gogh nel periodo in cui visse a L’Aia, nei Paesi Bassi. Il secondo quadro invece rappresenta la chiesa di Brabant, vicino a Nuenen, dove il padre di van Gogh era sacerdote: il quadro fu dipinto da van Gogh proprio per il padre e la madre. Non è ancora chiaro quando i due quadri torneranno al Van Gogh Museum.

Fonte: Il Post

La Francia bombarda Mosul, roccaforte Isis in Iraq

I mezzi da combattimento sono partiti questa mattina all'alba dalla portaerei Charles de Gaulle

Aerei da caccia Rafale. Credit: Reuters

La Francia ha avviato attacchi aerei contro il sedicente Stato Islamico in Iraq. I mezzi da combattimento sono partiti dalla portaerei Charles de Gaulle.

Un certo numero di aerei da combattimento Rafale sono decollati dal vettore questa mattina all'alba. 

Secondo quanto riferisce un ufficiale a bordo, gli aerei prenderanno parte a un attacco contro Mosul, roccaforte dell'Isis in Iraq. La portaerei Charles de Gaulle è stata inviata nella regione all'inizio di settembre. 

Le forze irachene contano di iniziare l'offensiva per la riconquista di Mosul, nelle mani dello Stato islamico dal giugno 2014, quanto prima.

Questa è la terza missione della Francia con la coalizione guidata dagli Usa in Iraq e in Siria da quando Parigi ha intensificato le sue operazioni militari dopo gli attentati.

La Charles de Gaulle è una nave di 38.000 tonnellate alimentata da due reattori nucleari. Ha più di 1.900 membri di equipaggio, ed è lunga 260 metri.

Fonte: The Post Internazionale

mercoledì 28 settembre 2016

Cosa c’è nella nota di aggiornamento al DEF

Il governo ha abbassato le stime di crescita per il 2016 al +0,8 per cento, mentre per l'anno prossimo il deficit resterà al 2,4 per cento: cosa vuol dire?

(ANSA/GIUSEPPE LAMI)

Martedì, poco prima di mezzanotte, il consiglio dei Ministri ha approvato la nota di aggiornamento al Documento di Economia e Finanza (DEF) 2016, in cui il governo aggiorna le sue previsioni sull’andamento dell’economia e su cosa intende fare negli anni successivi. Per il 2016 il governo prevede una crescita dello 0,8 per cento, 0,4 punti in meno rispetto al DEF pubblicato ad aprile. Quest’anno il deficit, cioè la differenza tra quanto lo Stato incassa e quanto spende, sarà al 2,4 per cento del PIL. Per il 2017 le stime di crescita sono state abbassate a +1 per cento, mentre il deficit è fissato al 2 per cento, anche se il governo ha già detto che chiederà lo 0,4 per cento in più per rispondere alle emergenze della sicurezza, dei migranti e del terremoto.



Il DEF è un documento di indirizzo: non contiene quindi norme che si applicano immediatamente. Il contenuto del DEF approvato martedì sera era già stato in gran parte anticipato ai giornali, anche se rispetto alle indiscrezioni dei giorni scorsi ci sono alcune piccole differenze. Il dato più atteso è probabilmente quello sulla crescita, che è anche quello che è cambiato di più rispetto alle previsioni iniziali del governo. Nell’autunno scorso la stima per il 2016 era di una crescita al +1,6 per cento. Ad aprile, quando è stato presentato il DEF, la stima era stata abbassata a +1,2 per cento. A fine agosto, nelle 30 slide in cui il governo elencava i successi ottenuti nei primi 30 mesi in carica, dava per assicurata una crescita al +1 per cento.


Poi, la settimana scorsa, il ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan aveva detto che nella nota di aggiornamento la stima sarebbe stata abbassata a meno del +1 per cento, in linea con le stime di centri studi e istituzioni internazionali. Infine, domenica, Repubblica ha pubblicato un’indiscrezione secondo cui la stima sarebbe stata mantenuta al +1 per cento. L’indiscrezione è stata smentita dal documento approvato martedì sera. Nel corso della conferenza stampa, Renzi ha scherzato sul balletto di stime delle ultime settimane, spiegando di aver discusso con il ministro dell’Economia e che alla fine ha prevalso: «San Prudenzio, linea Padoan. Non è la linea del 7,8 per cento di crescita proposta da Palazzo Chigi».

L’altro punto importante contenuto nel documento è quanto il governo intende spendere l’anno prossimo, cioè la previsione del deficit per il 2017. Nei documenti presentati nei mesi scorsi, il deficit era fissato all’1,8 per cento. Ieri il governo ha annunciato che il deficit salirà al 2 per cento, a cui sarà aggiunta una richiesta alla Commissione Europea di un ulteriore 0,4 per cento per eventi eccezionali, in particolare l’emergenza sicurezza, quella dei migranti e la ricostruzione per il terremoto nel Lazio. Si tratta di un deficit aggiuntivo che dovrà essere approvato dalla Commissione Europea.

Fonte: Il Post

È morto Shimon Peres, ex presidente israeliano e premio Nobel per la pace

Si è spento a Tel Aviv all'età di 93 anni, a causa di un'ischemia cerebrale che lo aveva colpito qualche settimana fa. Fu fautore nel 1993 degli accordi di pace di Oslo

Shimon Peres. Credit: Reuters

L'ex presidente israeliano Shimon Peres si è spento a Tel Aviv all'età di 93 anni, a causa di un'ischemia cerebrale che lo aveva colpito qualche settimana fa. Fu fautore nel 1993 degli accordi di pace di Oslo tra Israele e Palestina, che nel 1994 gli valsero il premio Nobel per la pace, insieme all'allora premier israeliano Yitzhak Rabin e al presidente palestinese Yasser Arafat.

Era nato in Polonia a Višneva, una località ora appartenente alla Bielorussia, nel 1923. Con la famiglia si era trasferito in Israele nel 1934.

Fu eletto presidente d'Israele il 13 giugno 2007, rimanendo in carica fino al 24 luglio 2014. Tra gli altri incarichi politici ha ricoperto quello di primo ministro, vice ministro, ministro degli Esteri e di altri dicasteri. È stato leader del partito laburista ininterrottamente dal 1977 al 1992 e poi a più riprese per vari anni, per poi approdare nel partito centrista Kadima nel 2005.

Peres ha sempre goduto di un grande prestigio sia presso il suo popolo che presso l'opinione pubblica internazionale e negli ambienti diplomatici.

Negli ultimi vent'anni della sua vita si è dedicato con grandi energie al Peres Center for Peace, un'organizzazione non governativa indipendente con sede a Giaffa, poco lontano da Tel Aviv, fondata nel 1996 per promuovere la pace in Medio Oriente e la cooperazione socio-economica.

Fonte: The Post Internazionale

martedì 27 settembre 2016

A Dresda sono esplose due bombe davanti alla moschea e al centro congressi

Nessuna vittima, la polizia segue la pista xenofoba

Dopo l’arrivo di oltre un milione di profughi In Germania sta crescendo il sentimento anti-rifugiati e sono in aumento fenomeni di violenza a sfondo xenofobo. Credit: Reuters

Due ordigni artigianali sono esplosi lunedì 26 settembre davanti a una moschea e a un centro congressi internazionale a Dresda, in Germania. Le esplosioni non hanno provocato vittime.

“Anche se non c’è stata alcuna rivendicazione, dobbiamo concludere che il movente è la xenofobia”, ha detto in una dichiarazione il capo della polizia di Dresda Horst Kretschmar.

Al momento dell’esplosione l’imam era all’interno della moschea con la moglie e i figli, ma nessuno è rimasto ferito, anche se l’edificio è stato danneggiato.

Poco dopo, un altro ordigno artigianale è esploso davanti a un centro congressi internazionale. Sono stati immediatamente evacuati un bar e un hotel nelle vicinanze.

Durante la notte le autorità hanno innalzato l’allerta davanti a tutte le moschee della città.

La polizia ha aggiunto che potrebbe esserci un legame anche con la festa dell’unità tedesca, che quest’anno verrà celebrata a Dresda nel fine settimana alla presenza delle massime autorità dello stato.

Dresda è la città dove è nato il movimento xenofobo “anti-islamizzazione” Pegida, che nel 2015 ha organizzato marce di protesta con oltre 20mila manifestanti.

In Germania, l’arrivo di oltre un milione di rifugiati nell’ultimo anno, ha accresciuto le tensioni sociali, in particolare in Sassonia, dove ci sono stati frequenti attacchi alle strutture che ospitano i profughi e fenomeni di violenza a sfondo xenofobo.

Fonte: The Post Internazionale

Tre attentati contro gli sciiti a Baghdad, almeno 17 le vittime

Due attentatori suicidi e una bomba hanno colpito tre diverse aree della città, tutte e maggioranza sciita, ma l'Isis ha rivendicato solo uno degli attacchi

Le forze dell'ordine irachene sul luogo di un attacco suicida nel quartiere di al-Jadida a Baghdad, il 27 settembre 2016. Credit: Ahmed Saad

Tre diverse esplosioni hanno causato la morte di almeno 17 persone e ferito altre 50 in alcuni quartieri a maggioranza sciita di Baghdad, capitale irachena, martedì 27 settembre 2016.

Un attentatore suicida ha detonato il suo giubbotto esplosivo in una via commerciale nell’area di al-Jadida, nella parte orientale della città, uccidendo nove persone e ferendone 30, ha riferito la polizia.

Un secondo attentatore suicida ha colpito un’altra via commerciale a Bayaa, questa volta nella parte occidentale della città, uccidendo sei persone e ferendone 22.

Una bomba è invece esplosa nei pressi di un raduno di allevatori e commercianti nel quartiere di al-Radhwaniya, sempre nella parte occidentale di Baghdad, causando due vittime.

Il sedicente Stato islamico ha rivendicato l’attentato di al-Jadida ma non gli altri due.

L’Isis ha intensificato i suoi attacchi dinamitardi nelle aree sotto il controllo del governo man mano che perde terreno nel paese respinto ed espulso dalle forze irachene sostenute dagli Sati Uniti.

Tuttavia, il gruppo estremista controlla ancora vaste aree nell’Iraq settentrionale e occidentale, inclusa la città di Mosul, capitale del cosiddetto califfato dal 2014.

-- Leggi anche: Iraq, la campagna per Mosul potrebbe cominciare a ottobre

Fonte: The Post Internazionale

Il primo dibattito televisivo tra Clinton e Trump

Il dibattito è stato seguito da almeno 100 milioni di telespettatori e ampiamente commentato sui social network, con circa 5 milioni di tweet

Hillary Clinton e Donald Trump al termine del dibattito. Credit: Mike Segar

Si è concluso da poche ore il primo dibattito televisivo tra i due candidati alla presidenza degli Stati Uniti, Donald Trump e Hillary Clinton. Il dibattito è stato seguito da almeno 100 milioni di telespettatori e ampiamente commentato sui social network, con circa 5 milioni di tweet.

Il dibattito tenutosi a Hempstead, New York, e trasmesso dalla Nbc, è stato moderato da Lester Holt. Analisti e quotidiani statunitensi sono concordi nel dire che ad avere la meglio è stata Hillary Clinton, che è riuscita a mettere più di una volta un raffreddato Trump sulla difensiva nei 95 minuti di faccia a faccia. Un sondaggio di CNN, subito ritweettato dalla candidata democratica, dice che il 62 per cento degli spettatori ha preferito Clinton e solo il 27 per cento Trump.

Sul piano personale Clinton ha attaccato Trump per non aver pubblicato la sua dichiarazione dei redditi, insinuando che forse aveva qualcosa da nascondere. Il candidato repubblicano ha risposto che renderà noti i suoi redditi se Clinton farà altrettanto con le circa 33mila mail eliminate dal suo account personale, oggetto di lunghe indagini e pressioni nei mesi scorsi. Su questo argomento Clinton ha tagliato corto dicendo che si è trattato di un errore e che se ne prende tutta la responsabilità.

Sempre sul piano degli attacchi personali, Trump ha invece ribadito che Clinton non è la persona giusta per governare perché non ne ha la resistenza né la tempra. Immediata la risposta dell'ex segretaria di Stato: "quando avrà visitato anche lui 112 paesi, negoziato trattati di pace, un cessate il fuoco, la liberazione di dissidenti politici, o passato 11 ore a testimoniare davanti a una commissione del Congresso, potrà parlare di resistenza".

In seguito Clinton ha ritirato fuori il fatto che in passato Trump ha definito le donne "cagne, zoticone e maiali".

Tra gli altri argomenti su cui i due si sono confrontati ci sono stati la sicurezza, gli afroamericani, la politica estera, le tasse, il terrorismo e la politica estera.

Uno dei momenti in cui Trump è stato messo più in difficoltà è stato quando Clinton lo ha criticato per aver detto che il cambiamento climatico era una bufala inventata dai cinesi. Trump ha negato di averlo mai detto ma ci sono numerose dichiarazioni e tweet che lo confermano.

Dal canto suo Clinton è stata criticata per essere complice del caos mediorientale e per la sua debolezza nei confronti del sedicente Stato islamico. In generale Hillary Clinton è apparsa più preparata dell'avversario, che in più di un passaggio è sembrato che improvvisasse.

I prossimi faccia a faccia saranno il 9 ottobre a St. Louis e il 19 ottobre a Las Vegas. I candidati alla vicepresidenza, il democratico Tim Kaine e il repubblicano Mike Pence, si affronteranno il 4 ottobre a Farmville.

Il video integrale:




Fonte: The Post Internazionale

lunedì 26 settembre 2016

Il referendum costituzionale si terrà il 4 dicembre

Lo ha deciso il Consiglio dei ministri

(ANSA/GIUSEPPE LAMI)

Il referendum sulla riforma costituzionale approvata dal Parlamento – il cosiddetto “ddl Boschi” – si terrà il 4 dicembre, ha deciso il Consiglio dei ministri: lo scrivono diversi giornali, mentre la riunione del Cdm è ancora in corso.

La riforma della Costituzione è stata voluta dal governo Renzi: si tratta di un testo lungo e complesso che modificherà in maniera sostanziale il funzionamento dello stato. Se al referendum dovessero vincere i sì, l’Italia cesserà di essere un paese dove vige il “bicameralismo perfetto”, cioè la parità di ruolo e competenze tra le due camere, saranno modificati i rapporti tra stato e regioni e saranno introdotte tutta un’altra serie di modifiche come quelle sull’elezione del presidente della Repubblica e sull’istituto del referendum. Per via della sua importanza per il paese e per l’impatto che avrà sul futuro del governo e della politica italiana – Renzi ha detto che si ritirerà dalla politica se dovesse essere sconfitto – il referendum ha suscitato un forte dibattito politico su tutti gli aspetti toccati dalla riforma.

Per questo tipo di referendum non è previsto il quorum: vinceranno i “sì” o i “no” indipendentemente da quante persone andranno a votare. Il lungo testo della riforma – che avevamo riassunto qui – è stato sintetizzato nel titolo e posto nel quesito sotto forma di domanda, che è relativamente semplice: chi vorrà votare a favore della riforma dovrà votare Sì, quelli contrari dovranno votare No.


«Approvate il testo della legge costituzionale concernente “disposizioni per il superamento del bicameralismo paritario, la riduzione del numero dei parlamentari, il contenimento dei costi di funzionamento delle istituzioni, la soppressione del Cnel e la revisione del Titolo V della parte II della Costituzione”, approvato dal Parlamento e pubblicato nella Gazzetta ufficiale n. 88 del 15 aprile 2016?»

Fonte: Il Post

Gli svizzeri votano SÌ al referendum contro i lavoratori italiani

Gli svizzeri del Canton Ticino si sono espressi a favore della proposta che pone delle limitazioni ai pendolari italiani che si recano a lavorare oltre frontiera

La frontiera tra Svizzera e Italia. Credit: Reuters

Gli svizzeri del Canton Ticino si sono espressi a favore della proposta che pone delle limitazioni ai pendolari italiani che ogni giorno si recano a lavorare oltre frontiera. Il 58 per cento si è infatti detto favorevole alla proposta dell'Udc, un partito di destra molto popolare, secondo cui devono essere privilegiati i lavoratori svizzeri. "Prima i nostri", era lo slogan intorno a cui si è basata la campagna per il SÌ e che sarà un nuovo articolo costituzionale.

Aspre sono state le critiche del ministro degli Esteri Paolo Gentiloni che su Twitter ha scritto: "Il voto non ha per ora effetti pratici. Ma senza libera circolazione delle persone i rapporti tra Svizzera e Ue sono a rischio". Sono circa 60mila gli italiani, in particolare dalla provincia di Varese, che ogni giorno attraversano il confine per andare a lavorare nelle aziende svizzere.

È da sottolineare però il fatto che in pratica adesso non cambierà nulla. La consultazione aveva lo scopo di sollecitare il governo di Berna a muoversi in questo senso. Ma una legge che disciplini tutto questo è ancora ben lontana. Rimane comunque il dato di fatto dell'insofferenza degli svizzeri nei confronti degli italiani transfrontalieri.

Fonte: The Post Internazionale

Sparatoria in un centro commerciale a Houston, in Texas

Un uomo ha aperto il fuoco nel parcheggio di un centro commerciale ferendo sei persone prima di essere ucciso dalla polizia

La polizia di Houston intervenuta sulla scena della sparatoria. Credit: Nbc

Ennesima sparatoria negli Stati Uniti dove questa mattina un uomo ha aperto il fuoco ferendo almeno nove persone prima di essere ucciso dalla polizia.

L’episodio è avvenuto a Houston, in Texas. L’aggressore ha sparato circa 20 o 30 colpi di pistola nel parcheggio di un centro commerciale in un quartiere residenziale della città.

Le persone rimaste ferite si trovavano tutte all’interno dei propri veicoli quando sono state colpite. Molte sono state raggiunte dai proiettili agli arti, mentre un paio hanno subito lesioni più gravi.

Due delle vittime sono in condizioni critiche. Sei sono state trasportate in ospedale mentre tre sono state medicate sul posto.

Il capo della polizia di Houston Martha Montalvo non ha voluto rendere pubblico il nome dell'aggressore ma ha riferito che si trattava di un avvocato la cui attività versava in serie difficoltà.

La squadra di artificieri della polizia ha messo in sicurezza la vettura dell'uomo che era in possesso di numerose armi. Le forze dell'ordine perquisiranno la sua abitazione.

Fonte: The Post Internazionale

domenica 25 settembre 2016

In Giordania è stato ucciso uno scrittore accusato di vilipendio dell'islam per una vignetta

L'uomo è stato ucciso all'ingresso del tribunale di Amman, dove avrebbe dovuto affrontare un processo per aver pubblicato una vignetta ritenuta offensiva dell'islam

La vignetta incriminata

Lo scrittore giordano Nahed Hattar è stato ucciso oggi 25 settembre all'ingresso del tribunale della capitale giordana Amman, dove avrebbe dovuto affrontare un processo con l'accusa di vilipendio della religione islamica per aver condiviso sui social media una vignetta ritenuta offensiva dell'islam. Lo scrittore è stato ucciso con tre colpi di pistola.

Il killer, un 39enne predicatore musulmano di una moschea della capitale è stato arrestato sul posto, secondo quanto riferiscono i media locali.

Hattar, cristiano e attivista anti-islamista e sostenitore del presidente siriano Bashar al-Assad, era stato arrestato il mese scorso, dopo aver condiviso una caricatura che raffigurava un uomo barbuto in paradiso che fumava mentre era a letto con alcune donne e chiedeva a Dio di portargli del vino e degli anacardi.

Nella vignetta, l'uomo chiedeva inoltre a Dio di lavargli i piatti e di bussare alla porta prima di entrare. La vignetta, secondo le intenzioni dell'autore, era satirica nei confronti dei musulmani radicali e non nei confronti di Allah.

Molti conservatori giordani musulmani hanno comunque considerato l'immagine di Hattar offensiva nei confronti della loro religione.

Due testimoni hanno raccontato che l'assassino indossava un tradizionale abito arabo tipico tra gli ultra conservatori salafiti sunniti che aderiscono a una versione puritana dell'Islam che condanna gli stili di vita occidentali.

Alcuni sostenitori laici e liberali dell'intellettuale hanno detto che il suo arresto è stato una violazione della libertà di parola.

Hattar è stato accusato di vilipendio della religione e di seminare tensioni settarie, dal momento che quel disegno era "un insulto all'entità divina, all'Islam e ai simboli religiosi".

Hattar, che si era scusato anche sui social media, ha detto che non intendeva insultare Dio, ma aveva condiviso la vignetta per prendere in giro i radicali sunniti fondamentalisti che si credevano così potenti da avere persino Dio stesso al loro servizio.

Il governo giordano ha condannato l'attacco. "La legge verrà applicata rigorosamente contro colui che ha compiuto questo atto criminale e colpirà con il pugno di ferro tutti coloro che cercano di danneggiare lo stato di diritto", ha detto il portavoce del governo, Mohammad Momani.

Il gruppo islamista moderato dei Fratelli musulmani ha messo in guardia contro il divampare di tensioni religiose e settarie in un paese in cui i giordani cristiani sono una minoranza, ma hanno una vasta influenza politica ed economica.

La vignetta incriminata:


Fonte: The Post Internazionale

Attacco suicida a Baghdad, 7 morti e 28 feriti

L'esplosione è avvenuta a Iskan, un quartiere a maggioranza sciita nella parte occidentale della capitale 

Veduta aerea di Baghdad. Credit: Reuters

Un attentatore suicida si è fatto esplodere in una strada commerciale di Baghdad, la capitale irachena, uccidendo sette persone e ferendone 28, secondo fonti della polizia locale.

L'esplosione è avvenuta a Iskan, un quartiere a maggioranza sciita nella parte occidentale della capitale. L'attacco è stato rivendicato dal sedicente Stato islamico.

Lo Stato islamico ha intensificato gli attacchi dinamitardi nelle zone sotto il controllo governativo da quando ha iniziato a perdere terreno. Il gruppo estremista sunnita continua a controllare vaste aree dell'Iraq settentrionale e occidentale, tra cui la città di Mosul, conquistata nel 2014.

Fonte: The Post Internazionale

venerdì 23 settembre 2016

Proseguono le proteste contro la polizia negli Stati Uniti

Il video dell’uccisione di un afroamericano a Charlotte mostra l’uomo scendere lentamente da un’auto ma non si vede se in mano ha una pistola

Un manifestante con il volto coperto durante le proteste a Charlotte. Credit: Mike Blake

I manifestanti e la polizia si sono confrontati per la terza notte consecutiva a Charlotte, in North Carolina dopo le proteste scoppiate in seguito all’uccisione martedì 20 settembre del cittadino afroamericano Keith Scott per mano della polizia.

Le autorità hanno deciso di non imporre il coprifuoco che inizialmente era stato annunciato dopo due notti di violenti scontri. La manifestazione che si è svolta nella notte a cavallo tra giovedì e venerdì 23 settembre ha richiamato in strada meno persone rispetto alle precedenti.

La polizia tuttavia è nuovamente intervenuta lanciando gas lacrimogeni e sparando proiettili di gomma per liberare l’autostrada, mentre i dimostranti cantavano cori di protesta: “Di chi sono le strade? Le strade sono nostre”.

Il dipartimento della polizia di Charlotte ha detto che due agenti sono stati portati al pronto soccorso dopo essere stati investiti dal lancio di agenti chimici da parte di alcuni manifestanti.

Nonostante i momenti di tensione, la protesta si è svolta in maniera più pacifica rispetto alle due notti precedenti, quando alcuni contestatori violenti avevano distrutto vetrine e finestre, incendiato auto, saccheggiato negozi e lanciato oggetti contro la polizia, spingendo il sindaco a dichiarare lo stato di emergenza e il coprifuoco.

La marcia di protesta a Charlotte


Gli afroamericani scesi in strada contestano alla polizia statunitense l’uso eccessivo della forza nei confronti dei cittadini di colore.

Giovedì 22 settembre è morto anche il manifestante che era stato colpito da alcuni proiettili durante le rivolte di mercoledì e 44 persone sono state finora arrestate.

Una settimana fa, un altro afroamericano, Terence Crutcher era stato ucciso dalla polizia dopo che il suo veicolo si era fermato in autostrada. L’agente che ha sparato è stato arrestato con l’accusa di omicidio.

A Baltimora, dopo tre giorni di agonia, è morto anche Tawon Boyd, di 21 anni, a causa delle conseguenze di una colluttazione con alcuni agenti che lo avevano immobilizzato a terra.

Intervistato dalla Reuters il legale della famiglia Scott ha detto che nel video ripreso dalle telecamere di sicurezza non è visibile alcun comportamento aggressivo da parte della vittima.

Scott, che aveva sofferto un trauma cranico in un grave incidente stradale, si muove lentamente mentre esce dalla sua auto, ma non è possibile capire cosa tiene in mano.

La polizia sostiene che Scott aveva in mano un’arma da fuoco e quando si sono avvicinati gli agenti si è rifiutato di deporla, mentre la famiglia sostiene fosse un libro.

Il capo della polizia Kerry Putbey ha dichiarato che le riprese confermano la ricostruzione fatta dalla polizia ma ha ammesso che nelle immagini non si vede Scott puntare l’arma da fuoco contro gli agenti.

Fonte: The Post Internazionale

Attacco hacker a Yahoo!: rubate le password a 500 milioni di utenti

Dietro il cyber-attacco potrebbe esserci un paese straniero: le modalità sono simili a precedenti casi collegati ai servizi segreti russi

A giugno era stata annunciata la vendita di Yahoo! al gigante delle telecomunicazioni Verizon. Credit: Denis Balibouse

Yahoo! ha confermato di essere stata vittima nel 2014 di un maxi cyber-attacco con il quale sono stati rubati i dati di mezzo miliardo di persone, e che potrebbe essere stato condotto da un hacker sponsorizzato da un paese straniero.

Le indagini svolte dalla sicurezza del motore di ricerca, infatti, rivelerebbero la presenza di un “attore esterno sponsorizzato da uno stato” nella rete della società.

I dati piratati includono nomi, indirizzi email, numeri telefonici, date di nascita, password, ma non informazioni finanziarie o dati delle carte di credito, ha affermato Yahoo!.

Il Consiglio Nazionale per la Sicurezza e la Casa Bianca sono stati messi a conoscenza dell’attacco hacker e l’Fbi ha confermato che sta indagando sul possibile coinvolgimento di uno stato straniero.

Fra le vittime dei pirati informatici c’è anche la First lady americana Michelle Obama, il cui passaporto è finito online insieme alle mail personali di alcuni dipendenti della Casa Bianca che hanno lavorato per la campagna presidenziale di Hillary Clinton.

Negli ultimi tempi diverse società statunitensi sono state vittime di attacchi hacker da parte di soggetti legati a governi stranieri e i principali sospetti sono caduti su Russia e Cina. L'episodio che ha coinvolto Yahoo!, secondo fonti della sicurezza citate da Reuters, sarebbe infatti simile a precedenti casi collegati ai servizi segreti russi.

Le prime indiscrezioni su un possibile cyber-attacco contro Yahoo! risalgono ad agosto, quando l'hacker 'Peace' aveva annunciato di aver messo in vendita i dati di 200 milioni di utenti per 3 bitcoin, circa 1.800 dollari. Yahoo! si era detta consapevole delle voci, ma non aveva preso una posizione, avviando solo un'indagine interna.

A livello d’immagine, il danno è pesante. Yahoo!, pur consapevole dell'attacco, non ha invitato gli utenti a cambiare la password per precauzione, mostrandosi superficiale. E chiedere la modifica ora potrebbe essere troppo poco e troppo tardi.

Il cyber-attacco rappresenta anche un nuovo colpo per Marissa Mayer, l'amministratore delegato di Yahoo!, sulla quale erano state riposte le speranze del rilancio.

Yahoo! è stata fondata nel 1994 da Jerry Yang e David Filo. Per i primi dieci anni di vita la società è stata uno tra i pionieri dei servizi internet e il più popolare motore di ricerca degli Stati Uniti, con un valore pari a 125 miliardi di dollari, ma dopo il crollo, 4,4 miliardi di perdite solo nel 2015, Yahoo! è stata costretta a mettersi in vendita.

A giugno il gigante delle telecomunicazioni Verizon ha annunciato l’acquisto della società al prezzo di 4,8 miliardi di dollari, ma l’accordo non è stato ancora formalizzato perché manca il via libera delle autorità e degli azionisti del motore di ricerca.

L'impatto dell'attacco sull'operazione non è ancora chiaro ma, secondo gli analisti, potrebbe rendere la strada più in salita, soprattutto in termini di assunzione della responsabilità in un momento di transizione.

Ecco i cinque principali casi di account piratati:

- Myspace: 359 milioni di account

- LinkedIn: 164 milioni di account

- Adobe accounts: 152 milioni

- Badoo: 112 milioni di account

- Vk: 93 milioni di account

Fonte: haveibeenpwned.com

Fonte: The Post Internazionale

Nelle ultime 24 ore cento raid hanno colpito Aleppo in Siria

Sono almeno 26 le vittime causate dall'ennesimo bombardamento delle forze siriane. Presi di mira 15 quartieri a est della città

Un uomo con in braccio una ragazza ferita dopo attacchi aerei sul quartiere di al-Qaterji di Aleppo, in Siria, il 21 settembre 2016. Credit: Abdalrhman Ismail

Nella sola giornata di venerdì 23 settembre, almeno cento raid aerei hanno colpito diverse aree della città siriana di Aleppo provocando finora la morte di 26 persone. Questi bombardamenti fanno seguito all'annuncio dell'esercito siriano di una nuova offensiva per riprendere la città, fatto giovedì.

I militari hanno precisato che la campagna sarà sostenuta sia dall'aeronautica che dalle truppe di terra. Nella tarda serata di ieri avevano invitato la popolazione a tenersi lontano dalle sedi dei "gruppi terroristici".

Tuttavia, i raid aerei hanno colpito anche dei centri della protezione civile danneggiandoli gravemente. I bombardamenti hanno preso di mira almeno 15 quartieri situati nell'area orientale della città, quella controllata dai ribelli.

Lo ha riferito Al Jazeera, sottolineando come l'incessante fuoco abbia ostacolato il lavoro dei soccorritori accorsi per aiutare i civili coinvolti nei combattimenti.

L'agenzia di stampa Afp ha confermato che i raid aerei hanno colpito tre centri che ospitano la sede dei gruppi di volontari siriani, conosciuti come "Caschi bianchi". Le strutture hanno riportato gravi danni.

Prima dell'inizio del conflitto, Aleppo era la seconda città della Siria per importanza strategica - considerata un polo industriale e commerciale di riferimento - ma con la guerra la città è stata devastata da scontri tra le forze governative e i ribelli nella parte orientale a partire dalla metà del 2012.

La tregua annunciata da Mosca e Washington il 12 settembre per fermare l'escalation di violenza è durata appena sette giorni.

-- Leggi anche: Il presidente siriano Assad lancia gravi accuse agli Stati Uniti

Questa è la Siria, questa è Aleppo

Fonte: The Post Internazionale

mercoledì 21 settembre 2016

Le Olimpiadi 2024 non si faranno a Roma

La sindaca Virginia Raggi ha annunciato che ritirerà la candidatura della città, dopo settimane di discussioni, polemiche e ripensamenti

ANSA/ MAURIZIO BRAMBATTI

Mercoledì 21 settembre la sindaca di Roma del Movimento 5 stelle, Virginia Raggi, ha annunciato in una conferenza stampa che l’amministrazione comunale della città ritirerà la sua candidatura per ospitare le Olimpiadi del 2024: in questo modo Raggi ha chiuso di fatto una discussione che continuava da mesi, relativa all’opportunità o meno di portare avanti la candidatura. La notizia era stata anticipata stamattina da Reuters, che citava fonti all’interno dell’amministrazione Raggi. Prima della conferenza stampa di oggi la sindaca avrebbe dovuto incontrare il presidente del Comitato olimpico italiano (CONI) Giovanni Malagò per comunicargli la sua decisione, ma la riunione è poi saltata (secondo Malagò per via del ritardo di Raggi, secondo la Raggi per colpa di Malagò che non l’ha aspettata).

Durante la conferenza stampa Virginia Raggi ha detto che sarebbe “da irresponsabili dire di sì a questa candidatura”, spiegando che le Olimpiadi avrebbero lasciato un enorme buco di bilancio al comune di Roma e che non volerle non significa non amare lo sport, ma voler investire in modo saggio e oculato. Raggi ha poi spiegato che Roma è una città con molti altri problemi che andrebbero risolti prima di investire in nuove infrastrutture olimpiche, ha annunciato alcuni investimenti per lo sport in città e ha poi sottolineato che il no alle Olimpiadi è stato voluto anche dai cittadini di Roma che hanno votato per lei invece che per candidati che si erano detti favorevoli ad ospitarle.

Roma si era candidata ad ospitare le Olimpiadi del 2024 nel settembre 2015, per decisione dell’allora sindaco Ignazio Marino e del CONI. Il 17 febbraio dell’anno successivo, durante un evento al Palazzo dei Congressi di Roma, era stato presentato il progetto per la candidatura, dove venivano indicati anche i luoghi scelti per le gare e i costi di realizzazione dei nuovi impianti sportivi necessari, stimati dal presidente del comitato Roma 2024 Luca Montezemolo in 2,1 miliardi di euro.

La candidatura di Roma a ospitare le Olimpiadi era poi diventato uno degli argomenti più discussi della campagna elettorale per le elezioni amministrative dello scorso giugno, finite con la vittoria al ballottaggio del Movimento 5 Stelle che, come il suo candidato sindaco Virginia Raggi, si era sempre detto contrario ad ospitare i Giochi, citando prevalentemente le difficoltà di bilancio della città. È noto che le Olimpiadi richiedano da parte di chi le organizza investimenti molto consistenti, che spesso non generano benefici economici sufficienti da permettere un bilancio in pareggio. Dopo la sua elezione, Raggi aveva avuto un atteggiamento prudente sulle Olimpiadi, rimandando la decisione definitiva diverse volte, fino a oggi.

Il testo integrale dell’intervento di Raggi, riportato dal sito di Beppe Grillo:


Speculazione edilizia, affari per le lobby, impianti mai completati, strutture abbandonate, debiti e sacrifici per i cittadini. Siamo contrari alla candidatura di Roma per le Olimpiadi del 2024 perché non vogliamo ipotecare il futuro dei romani e degli italiani in cambio dell’ennesima promessa da parte di chi finora non ha mai mantenuto la propria parola. Abbiamo sotto gli occhi cosa hanno lasciato gli ultimi “grandi eventi” che avrebbero dovuto risollevare il Paese: i cantieri incompiuti dei Mondiali di nuoto di Roma del 2009, le infrastrutture abbandonate dei Giochi invernali di Torino 2006, il fallimento di Expo Milano 2015, il flop dei Giochi del Mediterraneo di Pescara 2009; la ricostruzione infinita dell’Aquila dopo il terremoto; la colata di cemento sull’isola La Maddalena in Sardegna che avrebbe dovuto ospitare il G8 del 2009. E i miliardi di euro di debito che gli italiani continuano a pagare mentre qualcuno si è arricchito alle loro spalle. Sembra incredibile ma da poco abbiamo terminato di pagare il mutuo per i Mondiali di calcio del 1990.


Abbiamo studiato bene il dossier Olimpiadi. Abbiamo visto cosa è accaduto ad Atene 2004: un grande sogno che si è trasformato in un incubo per tutti i greci messi ora in ginocchio da chi li aveva illusi. E a Londra 2012 non è andata meglio: spese cresciute del 76%. Peggio ancora a Sidney 2000: costi cresciuti del 90%. Per non parlare di Atlanta 1996: un incremento del 151%. Infine, c’è Montreal, dove si è raggiunta la vetta di un aumento del 720% rispetto al budget iniziale previsto. Non lo diciamo noi, ma uno studio dell’Università di Oxford del 2016. Mancano ancora i dati di Rio 2016: le immagini delle proteste in strada lasciano intendere cosa ne pensino i brasiliani.


L’organizzazione di un grande evento, come i Giochi, ci sembra un buon affare per le lobby. Siamo contrari ad una logica emergenziale o al ricorso alla straordinarietà della gestione pubblica. Roma e l’Italia hanno bisogno di una ordinaria buona gestione: senza sprechi, senza favori agli amici, senza privilegi per le varie caste. Abbiamo un progetto su Roma molto più ambizioso di quello presentato per ospitare i Giochi del 2024: restituire la città ai romani e agli italiani. Vogliamo riqualificare i servizi, ottimizzare le infrastrutture esistenti e progettare un futuro sostenibile nel quale nessuno resti indietro.


Chiedete ad un romano cosa pensa dello scempio dei Mondiali di nuoto del 2009. Chiedete ad un disabile che ogni giorno deve superare barriere architettoniche. Chiedete a chi porta i propri figli in scuole sprovviste di palestre o impianti che, peggio, cadono a pezzi. E’ meglio avere l’ennesima cattedrale nel deserto o investimenti mirati a migliorare la vita quotidiana di tutti?


Non siamo dei folli ma delle persone normali, dei cittadini. Questo tipo di valutazioni le hanno già fatte gli abitanti di Boston, Amburgo, Madrid: hanno rinunciato alla candidatura perché hanno altre priorità. Le nostre priorità sono quelle dei cittadini di Roma e degli italiani. Per questo continueremo ad impegnarci per far tornare Roma una città con una qualità della vita a livello delle principali capitali europee. Interverremo sugli impianti sportivi comunali della città con nuovi criteri di gestione e puntiamo a tariffe più accessibili per il loro utilizzo. E proveremo a rimediare anche agli errori degli altri: vogliamo trasformare i cantieri fatiscenti e incompiuti della Città del Nuoto in una “vela della conoscenza” grazie ad un accordo che stiamo per siglare con l’Università di Tor Vergata.

Fonte: Il Post

Emergenza umanitaria in Somalia, cinque milioni di persone soffrono la fame

L’allarme delle Nazioni Unite: la siccità e la guerra hanno causato una carestia che mette in pericolo la vita di centinaia di migliaia di persone, soprattutto bambini

In Somalia 300mila bambini soffrono la fame. Credit: Feisal Omar

Circa cinque milioni di persone in Somalia soffrono la fame a causa della siccità e dell’assenza di piogge. Più di 300mila bambini sotto i cinque anni sono malnutriti e richiederebbero assistenza medica.

A lanciare l’allarme sono le Nazioni Unite, che martedì 20 settembre hanno diffuso i dati sull'emergenza umanitaria che sta vivendo il paese del Corno d'Africa.

I livelli di malnutrizione sono costantemente cresciuti negli ultimi sei mesi (300mila persone in più rispetto a febbraio), e circa metà della popolazione è colpita dagli effetti della crisi alimentare.

Nel 2011 durante la carestia che colpì la Somalia morirono 260mila persone, in maggioranza bambini.

Nel paese africano martoriato da anni di guerra civile tra i miliziani estremisti islamici di al-Shabaab e il governo somalo, decine di migliaia di persone erano state costrette a vivere nel campo profughi di Dadaab, in Kenya, il più grande al mondo.

Ma dopo la decisione delle autorità kenyote di chiuderlo, i rifugiati sono stati costretti nel 2016 a tornare in Somalia, aumentando ulteriormente il problema dell'emergenza alimentare.

La crisi è stata aggravata dalle scarse piogge nelle aree meridionali del paese che in sei mesi hanno dimezzato la produzione di frumento. A causa della conseguente carestia, gli agricoltori hanno già esaurito gran parte delle scorte di cibo.

Il coordinatore degli aiuti umanitari delle Nazioni Unite in Somalia Peter de Clerq ha annunciato che l’Onu è pronto ad aumentare la risposta per affrontare l’emergenza, ma ha fatto notare che solo il 32 per cento dei fondi previsiti dal Somalia Humanitarian Response Plan sono stati affettivamente erogati.

Fonte: The Post Internazionale

martedì 20 settembre 2016

Le Nazioni Unite sospendono i convogli umanitari in Siria

Intanto il Cremlino ha detto che verificherà la notizia del raid aereo sui camion che trasportavano aiuti e che ci sono poche speranze che la tregua sia estesa

Gli operatori della Sarc e delle agenzie dell'Onu organizzano i convogli di aiuti umanitari in Siria. Credit: Facebook

Le Nazioni Unite hanno deciso di sospendere i convogli di aiuti umanitari in Siria dopo che i suoi camion sono stati attaccati da alcuni jet militari lunedì 19 settembre 2016.

Il portavoce del dipartimento per gli Affari umanitari dell’Onu Jens Laerke ha reso noto martedì che “per ragioni di sicurezza, i movimenti dei convogli umanitari in Siria sono stati sospesi in attesa di verifiche sulla situazione”.

Il convoglio colpito, formato da 31 automezzi contenenti grano, abbigliamento invernale e scorte mediche, aveva ricevuto il nullaosta da tutte le parti coinvolte, inclusi Russia e Stati Uniti, ha riferito Laerke.

Diciotto dei camion sono andati distrutti e tra le vittime civili ci sono anche operatori della Syrian Arab Red Crescent (Sarc), il braccio siriano della Croce rossa internazionale.

Il presidente del Comitato internazionale della Croce rossa, Peter Maurer, ha definito l’attacco “una flagrante violazione del diritto umanitario internazionale”.

“L’incapacità di proteggere gli operatori e le strutture umanitarie può avere serie ripercussioni sul lavoro umanitario nel paese”, ha detto Maurer.

L’Osservatorio siriano per i diritti umani ha accusato l’aviazione siriana o quella russa di aver condotto il raid aereo che ha colpito il convoglio.

Ma il ministero della Difesa russo ha detto che né la sua aeronautica né quella di Damasco sono coinvolte, aggiungendo che le informazioni circa gli spostamenti del convoglio erano in possesso unicamente dei miliziani che controllano quelle aree.

Il portavoce del Cremlino Dmitry Peskov, nel frattempo, ha anche reso noto che nutre poche speranze che il cessate il fuoco possa essere rinnovato e ha asserito che la controparte americana non ha adempiuto all’impegno di separare i terroristi dalla “cosiddetta opposizione moderata”.

--Leggi anche: Un convoglio di aiuti umanitari è stato attaccato in Siria

Fonte: The Post Internazionale

Arrestato l'uomo ricercato dalla polizia per gli ordigni a New York e nel New Jersey

Si tratta di Ahmad Khan Rahami, residente a Elizabeth, New Jersey. Rahami è stato catturato a Linden, in New Jersey


Un cittadino americano di origini afghane, già ricercato dalla polizia in relazione agli ordigni esplosi a New York e a quelli ritrovati in New Jersey, è stato catturato dalla polizia. Si tratta di Ahmad Khan Rahami, residente a Elizabeth, New Jersey. Rahami è stato catturato a Linden, in New Jersey.

Gli investigatori ritengono che più persone siano state coinvolte negli episodi criminali.

La polizia di New York aveva emesso un mandato di cattura nei confronti del 28enne, confermando il collegamento tra gli eventi di New York e il ritrovamento degli ordigni nella cittadina del New Jersey.

Durante la notte tra domenica 18 e lunedì 19 settembre 2016 erano stati trovati cinque potenziali bombe nei pressi di una stazione del New Jersey, una delle quali è esplosa quando un robot degli artificieri ha cercato di disinnescarla.

In precedenza, si era diffusa la notizia del rinvenimento di un pacco sospetto tra i rifiuti che la polizia aveva fatto brillare.

Precisazioni successive hanno riferito che si trattava di uno zaino contenente ben cinque ordigni ritrovato all’interno di un cestino dell’immondizia nei pressi della stazione ferroviaria di Elizabeth, a circa 24 chilometri da Manhattan.

Quando gli artificieri hanno provato a tagliare un cavo per disinnescare una delle bombe, essa è esplosa ma fortunatamente non ha causato la deflagrazione delle altre e non ci sono stati feriti.

Fonte: The Post Internazionale

Rapiti due italiani in Libia

I due italiani lavorano per conto di una società italiana di costruzioni. Insieme a loro è stato preso in ostaggio anche un canadese dipendente della stessa società

Una veduta panoramica della medina di Ghat, nel deserto libico sudorientale. Credit: Wikipedia

La Farnesina ha confermato che due italiani sono stati rapiti in Libia. I connazionali sequestrati lavorano per conto di una società italiana di manutenzione, la Con.I.Cos (Contratti Internazionali Costruzioni), di Mondovì in provincia di Cuneo.

Insieme agli italiani è stato rapito anche un canadese dipendente della stessa società. Il rapimento è avvenuto all'alba di lunedì 19 settembre tra le città di Ghat e Tahal, nel sudovest della Libia al confine con l'Algeria.

I due italiani, Bruno Cacace 56enne di Borgo San Dalmazzo (Cuneo) residente in Libia da 15 anni e Danilo Calonego 66enne della provincia di Belluno, lavoravano al progetto di una pista di atterraggio dell'aeroporto di Ghat, mentre il canadese era impegnato nell'installazione di un sistema aeronautico.

Il sindaco della città di Ghat, Komani Mohamed Saleh, ha riferito che le autorità locali stanno indagando sull'accaduto ma non sono chiare le circostanze del rapimento.

Nell'area del deserto libico sudorientale sono presenti bande criminali e gruppi armati, inclusi miliziani estremisti legati ad al-Qaeda attivi nella zona a cavallo del confine tra Libia e Algeria.

Le autorità italiane avevano sperato che si trattasse di un rapimento lampo finalizzato alla riscossione di un riscatto, ma col passare delle ore aumenta la preoccupazione.

L'ipotesi più accreditata è comunque che gli autori del sequestro siano un gruppo criminale comune e non jihadista. Nel secondo caso, infatti, i rapitori potrebbero utilizzare gli ostaggi per rivendicazioni politiche relative alla presenza degli italiani in Libia.

Secondo quanto ricostruito, ma non sono informazioni confermate, un fuoristrada avrebbe fermato nei pressi della cava di el-Gnon l'auto sulla quale viaggiano i tre uomini diretti a lavoro.

I rapitori avrebbero aperto il fuoco e prelevato gli ostaggi, mentre l'autista è stato ritrovato con le mani legate in un'area desertica.

Fonte: The Post Internazionale

sabato 17 settembre 2016

Il ministro della propaganda dell'Isis è morto in un raid aereo in Siria

L'uomo, noto come il dottor Wa'il, era l'obiettivo di un'operazione lanciata dalla coalizione guidata dagli Stati Uniti nei pressi di Raqqa, capitale siriana dell'Isis

Un fermo immagine di uno dei video propagandistici dell'Isis. Credit: Reuters

Il dipartimento della Difesa americano ha reso noto che uno dei principali leader dell’Isis, l’uomo che gestiva l’imponente e potente macchina propagandistica del gruppo, è rimasto ucciso in Siria nel corso di un raid aereo compiuto dalla coalizione guidata dagli Stati Uniti, il 7 settembre 2016.

Peter Cook, portavoce del Pentagono, ha dichiarato che Wa’il Adil Hasan Salman al-Fayad, più comunemente noto come dottor Wa’il, è morto in un bombardamento nei pressi di Raqqa, la capitale de facto del sedicente Stato islamico in Siria, e che l’obiettivo dell’operazione era proprio il “ministro dell’Informazione” del califfato.

“Wa’il supervisionava la produzione della propaganda terroristica, inclusi i video di torture ed esecuzioni. Era uno stretto collaboratore di Abu Muhammad al-Adnani, il portavoce dell’Isis e ispiratore degli attacchi terroristici all’estero”, ha spiegato Cook.

Il 30 agosto scorso, Adnani era rimasto ucciso in un altro raid aereo nella provincia di Aleppo, nel nord della Siria. A darne notizia era stata l’agenzia di stampa del gruppo, Amaq, ed era stata in seguito confermata dal Pengatono.

Fonte: The Post Internazionale

Celebrata la prima unione civile a Roma

Il 17 settembre si è celebrata la prima unione tra persone dello stesso sesso nella capitale


Il 17 settembre il sindaco di Roma Virginia Raggi ha celebrato la prima unione civile tra persone dello stesso sesso che abbia mai avuto luogo nella capitale. I due uomini a unirsi sono stati Francisco Raffaele Villarusso, di 43 anni, e Luca De Sario, di 30 anni.

Le Unioni civili sono divenute legali in Italia nel maggio 2016, con l'approvazione definitiva del Ddl Cirinnà. "Nasce una nuova coppia e una nuova famiglia", ha dichiarato il sindaco Virginia Raggi dopo aver celebrato l'unione tra i due uomini nella Sala Rossa del Campidoglio.

La prima unione civile di Roma è arrivata dopo rispetto alle prime avvenute a Milano, Torino e Bologna, complice anche un ritardo nel regolamento comunale. La prima unione della provincia di Roma era avvenuta il 31 agosto a Rocca di Papa.

Fonte: The Post Internazionale

Il primo caso di eutanasia per un minore in Belgio

Lo hanno riferito le autorità del paese, senza fornire ulteriori dati sul minore


Un malato terminale minorenne è stato sottoposto a eutanasia in Belgio. A renderlo noto è stata la Commissione federale per l'eutanasia, che non ha fornito dettagli sull'età e il nome del giovane, che si sa solo provenire dalle regioni del paese di lingua francese.

Si tratta del primo caso di morte medicalmente assistita di un minore in Belgio da quando, nel 2014, sono stati rimossi i vincoli di età per questo tipo di interventi.

Secondo quanto riferito dalla stessa commissione, il fatto è avvenuto la settimana precedente all'annuncio, avvenuto il 17 settembre.

Il Belgio è l'unico paese al mondo in cui non esistono vincoli anagrafici perché una persona ricorra all'eutanasia. Gli unici vincoli sono legati al fatto che chi chiede di essere sottoposto a questo intervento si trovi allo stadio terminale di una malattia irreversibile. Nel caso dei minori di 18 anni, i genitori devono dare il proprio consenso.

"Fortunatamente sono molto pochi i bambini nelle condizioni di dover fare ricorso all'eutanasia, ma questo non significa negare loro questo diritto" ha dichiarato al quotidiano belga Het Nieuwsblad Wim Distelmans, membro della commissione nazionale belga sull'eutanasia.

La legge che rimuove i limiti di età per la morte medicalmente assistita ha ricevuto forti critiche soprattutto da parte dei leader religiosi locali e anche di numerosi pediatri che hanno spesso messo l'accento sul fatto che i minori ancora non sono in grado di poter prendere una decisione così importante.

Nel mondo sono diversi i paesi in cui sono permesse l'eutanasia e il suicidio assistito. Le due pratiche sono sostanzialmente differenti: nel primo caso una persona diversa dal paziente, generalmente un medico, pone fine alla vita del malato attraverso un intervento farmacologico.

Nel secondo caso il paziente è messo in condizione, ad esempio fornendogli i farmaci necessari, di porre autonomamente fine alla propria vita.

Belgio, Olanda e Lussemburgo autorizzano sia l'eutanasia che il suicidio assistito, mentre la Colombia permette la sola eutanasia e la Svizzera il solo suicidio assistito.

Leggi sulla morte medicalmente assistita sono presenti anche in Canada e negli stati americani di California, Oregon, Washington e Vermont.

Fonte: The Post Internazionale

venerdì 16 settembre 2016

È morto l'ex presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi

Si è spento all'età di 95 anni in una clinica romana

Carlo Azeglio Ciampi

Si è spento oggi, all'età di 95 anni, Carlo Azeglio Ciampi. È stato il decimo presidente della Repubblica, dal 1999 al 2006. In precedenza fu governatore della Banca d’Italia per 14 anni dal 1979 al 1993, oltre che presidente del Consiglio, dall'aprile 1993 al maggio 1994, in una fase di difficile transizione istituzionale in piena tangentopoli.

Ha ricoperto più volte il ruolo di ministro del tesoro, del bilancio e della programmazione economica. Nel primo governo Prodi rese possibile l'abbattimento di quattro punti percentuali del deficit pubblico, permettendo all'Italia di rispettare uno dei più ostici parametri di Maastricht e le condizioni per l'ingresso tra i paesi di testa nella moneta unica.

È morto in una clinica romana. Il suo fu il primo governo tecnico della storia d'Italia, fu infatti il primo premier non parlamentare a ricoprire tale incarico.

Era nato a Livorno il 20 dicembre del 1920. Si laureò in lettere all'Università Normale di Pisa e conseguì successivamente un'altra laurea in giurisprudenza. Durante la Seconda guerra mondiale fu sottotenente dell’esercito in Albania, e dopo l’8 settembre 1943 fu partigiano in Abruzzo con il nucleo di antifascisti rifugiati sui monti di Scanno. Nel 1946 sposò Franca Pilla, una tra le first lady italiane più apprezzate.

Ciampi non fu l'unico presidente della Repubblica eletto dopo essere stato governatore della Banca d'Italia: prima di lui, nel 1948, anche Luigi Einaudi.

Mentre era presidente della Repubblica, ha nominato cinque senatori a vita: Rita Levi-Montalcini nel 2001, Emilio Colombo nel 2003, Mario Luzi nel 2004, Giorgio Napolitano e Sergio Pininfarina nel 2005. Ha inoltre nominato cinque Giudici della Corte costituzionale: nel 2000 Giovanni Maria Flick, nel 2004 Franco Gallo e nel 2005 Sabino Cassese, Maria Rita Saulle e Giuseppe Tesauro.

Grazie alle sue competenze, al suo rigore e alla sua sobrietà, divenne uno dei capi di stato più amati e stimati dagli italiani. Fu eletto presidente il 13 maggio 1999 alla prima votazione, con una larga maggioranza di 707 voti su 1010. Ebbe sempre un alto indice di gradimento popolare.

Fonte: The Post Internazionale

giovedì 15 settembre 2016

Il presidente filippino Duterte è accusato di aver ordinato l'omicidio dei rivali

Un ex sicario ha dichiarato che quando era sindaco di Davao Duterte ha fatto eliminare alcuni dei suoi oppositori e ordinato il bombardamento di una moschea

Edgar Matobato, ex membro di una squadra della morte di Davao, nelle Filippine. Credit: Ezra Acayan

Non è ancora caduto nel dimenticatoio il polverone causato dall’insulto rivolto al presidente americano Obama, che Rodrigo Duterte, presidente delle Filippine, si trova nuovamente nell’occhio del ciclone, e questa volta per fatti ben più gravi di un incauto exploit verbale.

Secondo un ex membro di una squadra della morte di Davao, popolosa città nel sud del paese, all’epoca in cui Duterte era sindaco (fu eletto per la prima volta nel 1988) l'attuale presidente filippino ordinò diversi omicidi inclusi quelli di alcuni suoi oppositori.

Edgar Matobato, 57 anni, ha dichiarato durante un’udienza in senato che la cosiddetta Davao Death Squad ha ucciso circa un migliaio di persone nel corso di un periodo di 25 anni.

Tra le vittime di omicidi spesso cruenti ci sono stati spacciatori, stupratori, piccoli delinquenti, ma anche persone scomode per l’allora primo cittadino.

Secondo Matobato, tra le persone tolte di mezzo ci sono anche quattro guardie del corpo di un rivale di Duterte, Prospero Nograles.

I dettagli delle esecuzioni poi sono raccapriccianti. L’ex killer ha raccontato che le vittime potevano essere strangolate o uccise a colpi di arma da fuoco, che alcune venivano sventrate e gettate in mare perché i pesci le mangiassero e addirittura una volta un uomo è stato dato in pasto a un coccodrillo.

Ma le accuse di Matobato vanno oltre. Secondo l’uomo, Duterte avrebbe ordinato di bombardare una moschea in ritorsione per un attacco contro la cattedrale di Davao nel 1993.

Il portavoce del presidente, Martin Andanar, ha naturalmente negato che Duterte sia stato capace di dare ordini del genere e ha rilevato che finora non è stata provato l’esistenza di alcuna squadra della morte di Davao.

Persino il figlio di Nograles nega l’episodio dell’assassinio delle guardie del corpo del padre.

A capo dell'inchiesta del senato sugli omicidi extra-giudiziali vi è un’oppositrice di Duterte, Leila de Lima, la quale è stata accusata dal presidente filippino di avere legami con i trafficanti di droga a cui ha dichiarato guerra.

Dalla sua elezione sono stati uccisi oltre tremila spacciatori e tossicodipendenti, e la situazione non ha mancato di allarmare la comunità internazionale circa il rispetto dei diritti umani nel paese.

Preoccupazioni che Duterte ha liquidato nel suo solito modo colorito, dando al Segretario delle Nazioni Unite Ban Ki-moon del fesso.

Fonte: The Post Internazionale

Hillary Clinton "in ottima salute e adatta ad essere presidente"

Il medico della candidata democratica, la cui salute è stata recentemente al centro delle cronache per una polmonite, ha diffuso la sua cartella clinica

Hillary Clinton. Credit: Reuters

Hillary Clinton è "in ottima salute e adatta per servire" come presidente degli Stati Uniti. Lo ha detto il suo medico, rilsciando la sua cartella clinica. La salute della candidata democratica era stata al centro delle cronache dopo che un malore durante la commemorazione delle vittime dell'11 settembre l'aveva costretta a fermare la sua campagna elettorale. Poche ore dopo era emerso che le era stata diagnosticata una polmonite.

La comunicazione è avvenuta dopo la diffusione da parte di Donald Trump dei suoi dati sanitari durante un talk show televisivo, The Dr. Oz Show, che andrà in onda nelle prossime ore. Il magnate newyorkese è sovrappeso e prende farmaci per il colesterolo e la pressione alta.

Oggi, 15 settembre, Clinton riprenderà la sua campagna elettorale in North Carolina, dopo alcuni giorni di riposo prescritti dai medici.

La dottoressa Lisa Bardack ha dichiarato che Clinton sta "recuperando bene grazie ad antibiotici e riposo". Nel 2012 aveva subito un'operazione chirurgica in seguito a un coagulo di sangue.

Intanto non sono mancati gli attacchi del suo rivale Donald Trump, che sostiene pubblicamente l'incapacità di Hillary Clinton di guidare il paese. "Pensate che Hillary sarebbe in grado di stare in piedi qui da un'ora e fare questo che sto facendo io? Non penso!", ha urlato ai suoi sostenitori durante un comizio in Ohio.

Fonte: The Post Internazionale

Esplode un battello di turisti a Bali, morti e feriti

A bordo c’erano 35 turisti e 4 membri dell’equipaggio, forse la causa dell’incidente è stata un corto circuito nel motore

La polizia indonesiana esamina il battello su cui è avvenuta l’esposione che ha causato morti e feriti tra i turisti. Credit: Nyoman Budhiana

Almeno due persone sono morte e tredici sono rimaste ferite giovedì 15 settembre a causa dell’esplosione del motore di un battello a Bali, in Indonesia. Tra loro, ci sarebbe anche un turista tedesco.

Non è chiaro quali siano state le cause dell’incidente, ma la polizia ha precisato che non si è trattato di una bomba. Secondo le prime testimonianze, l’esplosione sarebbe avvenuta nel deposito di carburante e potrebbe essere stata provocata da un corto circuito.

A bordo del battello c’erano 35 passeggeri, tutti turisti stranieri, e quattro persone dell’equipaggio ed era diretta verso l’isola di Gili Trawangan.

Tra i passeggeri feriti ci sono portoghesi, tedeschi, australiani, sudcoreani e britannici. Pare che a bordo ci fossero anche quattro italiani, ma la notizia non è stata confermata.

Gli standard di sicurezza delle imbarcazioni indonesiane sono tra i peggiori al mondo a causa delle scarse misure di sicurezza e delle condizioni dei mezzi e incidenti di questo tipo sono molto frequenti.

Fonte: The Post Internazionale

mercoledì 14 settembre 2016

Cari uomini, Tiziana Cantone si è suicidata per colpa nostra

Ricordate quel video amatoriale divenuto famoso per la frase "stai facendo il video? Bravoh"? La protagonista era Tiziana Cantone, che si è uccisa.

di Saverio Tommasi


Ricordate quel video amatoriale divenuto famoso per la celebre frase "stai facendo il video? Bravoh"? La protagonista era Tiziana Cantone, che si è uccisa.

Tiziana Cantone si è impiccata, e questa cosa mi fa un po' effetto perché per mesi ho sentito amici dire "stai facendo il video? Bravoh". E mi sembrava di conoscerla, anche se quel video non l'ho mai visto, nonostante di porno ne veda abbastanza. E semplicemente non l'ho visto perché il furto dell'intimità non lo trovo eccitante.

Un po' come il video di Belén, che il fatto che abbia la farfallina non significava volersi far commentare una performance di quando aveva diciassette anni, da tutto il mondo. Belén superò quel momento, Tiziana no e si è uccisa.

Ora spero che Tiziana sia in un mondo più giusto, dove chi lecca una fica è uguale a chi lecca un pisello.

Un mondo dove troia nessuno lo dice e maiala è solo il femminile di maiale.

Un mondo dove i video si fanno ma si tengono su un hard disk esterno e non si mandano in giro con il cellulare, perché al massimo i video servono per riguardarli insieme al partner o nei momenti di solitudine, se l'altra persona è d'accordo.

Un mondo dove la presidente della Camera Boldrini non sia paragonata a una bambola gonfiabile, e dove puttana sia al massimo un mestiere.

Mi auguro che Tiziana Cantone ora sia in un mondo dove il giudizio non è basato sul genere della persona giudicata, o sul suo lavoro. Un mondo con meno stronzi, dunque.
Perché Tiziana Cantone l'hanno uccisa gli stronzi, questa è la verità. E gli stronzi, per la maggioranza, erano uomini come me. Tiziana l'ha uccisa chi la qualificava per un gesto e non le dava respiro per via di un pompino. Un normalissimo pompino in macchina, come ce ne sono migliaia anche in questo momento in cui voi leggete.

E devo dirlo: mi sono letteralmente rotto i coglioni, da uomo, di sentire giudizi sulla moralità basati sull'aspetto fisico di una donna, o su quanto e come e a chi questa decida di fare un pompino.

I social network sono come il bar. Se attacchi in gruppo si chiama bullismo, e colui che viene attaccato sta male, e qualche volta si uccide.

E chi ancora pensa che in fondo "se l'è cercata" è solo un vigliacco sentimentale; una merda attaccata alla soletta della scarpa che non se ne va; come coloro che sostengono che "certe ragazze cerchino lo stupro" perché hanno una gonna, o rincasano dopo le 21; o per mangiare il gelato scelgono la lingua invece del cucchiaino, perché poi c'è il cono che si può sgranocchiare.

O riusciamo a creare un mondo più gentile, e mi rivolgo soprattutto agli uomini ma purtroppo non solo, oppure non siamo migliori della corda che si è stretta intorno al collo di Tiziana.

Fonte: fanpage.it

La morte di Tiziana Cantone

Una trentunenne di Napoli si è uccisa dopo la pubblicazione online di video privati senza il suo consenso, che sono diventati meme, insulti e prese in giro


Tiziana Cantone, una donna di 31 anni originaria di Napoli, si è suicidata martedì 13 settembre, apparentemente per le conseguenze che aveva avuto sulla sua vita la pubblicazione e diffusione online – iniziata nella primavera del 2015 – di alcuni video privati che aveva girato durante rapporti sessuali con un uomo. Cantone, dopo essersi trasferita fuori dalla Campania per diverso tempo, da alcuni mesi viveva a Mugnano, poco fuori Napoli.

Della storia di Tiziana Cantone si era cominciato a parlare prima dell’estate del 2015, quando uno dei video che aveva girato (sei in tutto, secondo i giornali) e in cui la si vedeva fare del sesso orale con un uomo era circolato moltissimo online, su WhatsApp e su diversi siti di video porno. Il video era stato girato con il suo consenso dall’uomo che si vede nel video con lei (secondo Fanpage questa circostanza è riportata anche in successivi atti giudiziari) ed era stato poi diffuso online probabilmente da lui. Il video era diventato anche oggetto di parodie e scherzi: erano state aperte pagine su Facebook per parlarne, giravano dei meme e altri video di presa in giro di Cantone. Nel video, infatti, Cantone si vedeva bene in volto e in molti casi il suo nome veniva citato esplicitamente nel titolo.

Anche diversi giornali e siti online avevano raccontato la sua storia indicando il suo nome e cognome e diversi particolari del video, spesso trattando la storia come quella di un qualsiasi video-virale-del-momento. Molti articoli e pagine sono state cancellate o rimosse, ma se ne trova traccia facendo ricerche su Google. Il Fatto Quotidiano, per esempio, aveva parlato del video in un articolo del maggio 2015 scrivendo di “Magliette, video parodia e pagine facebook (sic) dedicate: lei Tiziana Cantone, il nuovo idolo del web”. Nell’articolo, il Fatto si chiedeva se si trattasse di “Rivendicazione di un amante o marketing di una futura pornostar?” e concludeva – dopo aver raccontato dei gadget sul film porno che si potevano comprare online – che “L’unica cosa certa è che al momento la ragazza è sulla cresta dell’onda (ora il Fatto Quotidiano ha sostituito l’articolo con un editoriale di scuse del direttore Peter Gomez). Anche altri siti di news online avevano dato spazio alla storia del video di Cantone, raccontandone i dettagli o facendo ricerche per rintracciare il presunto fidanzato di lei (che nel video viene definito dall’uomo “cornuto”).

Sulle diverse pagine che si erano occupate del video, Cantone veniva spesso insultata e derisa. Oggi i giornali raccontano che per questo aveva deciso di lasciare il suo lavoro e la sua città, Casalnuovo di Napoli, per passare qualche mese in Toscana lontano da conoscenti, amici e altre persone che avrebbero potuto riconoscerla. Dopo la pubblicazione del video Cantone aveva sofferto di depressione e altri gravi disturbi emotivi, decidendo di tornare a Napoli solo recentemente ma spostandosi in una nuova casa a Mugnano. Secondo Fanpage, che cita alcuni passaggi della denuncia presentata contro chi aveva diffuso i video, Cantone aveva già tentato almeno una volta di uccidersi, soffriva di attacchi di panico e non usciva più di casa tranquillamente. Nel frattempo aveva chiesto la rimozione da Internet delle diverse copie del suo video e delle pagine che ne parlavano su Facebook e altri social network, ottenendola a inizio settembre. Secondo il Corriere della Sera, oltre alle indagini ancora in corso sulla diffusione del video, ora la procura di Napoli ha aperto anche un’indagine per istigazione al suicidio.

Fonte: Il Post