venerdì 31 ottobre 2014

Appello Stefano Cucchi, la sentenza: tutti assolti

Per insufficienza di prove la Corte d’Appello assolve sei medici, tre infermieri e tre agenti della penitenziaria. La madre di Stefano: «Mio figlio è morto ancora una volta». Il sindacato Sap: «Soddisfatti. Giusto così»


Tutti assolti, anche i medici. Questa la sentenza della corte d’appello di Roma per la morte di Stefano Cucchi, il geometra romano arrestato il 15 ottobre 2009 per droga e deceduto una settimana dopo nell’ospedale ‘Sandro Pertini’. In primo grado furono condannati solo i medici per omicidio colposo. Ad essere assolti sono stati gli agenti carcerari Nicola Minichini, Corrado Santantonio e Antonio Domenici, che già erano stati assolti in primo grado. Assolti anche il primario del Sandro Pertini Aldo Fierro e i medici Stefania Coirvi, Flaminia Bruno, Luigi De Marchis Preite, Silvia Di Carlo, tutti accusati di abbandono di persona incapace. Assoluzione confermata anche per gli infermieri Giuseppe Flauto, Elvira Martelli e Domenico Pepe. Assolta infine Rosita Caponetti, appartenente al reparto amministrativo dell’ospedale Pertini. «Una sentenza assurda. Mio figlio è morto ancora una volta», ha detto la madre di Stefano alla lettura della sentenza d’appello. «Lo Stato si è autoassolto. Per lui, unico colpevole sono le quattro mura». La sorella Ilaria è scoppiata in lacrime.

Foto: Andrea D’Errico/LaPresse

ASSOLTI PER INSUFFICIENZA DI PROVE – Assolti per insufficienza di prove. Questa la motivazione della Corte d’Appello per l’assoluzione dei sei medici, tre infermieri e tre agenti della penitenziaria imputati nel processo per la morte di Stefano Cucchi. La sentenza ai sensi dell’articolo 530 secondo comma che richiama l’insufficienza di prove. La sentenza è stata pronunciata dalla Corte di Assise d’Appello dopo circa tre ore di camera di consiglio.

La famiglia di Stefano. Credits LaPresse

ILARIA CUCCHI: «GIUSTIZIA MALATA» – «Non ci arrenderemo mai finché non avremo giustizia», spiegano i genitori di Stefano Cucchi, Giovanni e Rita Calore, in lacrime dopo la lettura della sentenza di appello che ha assolto tutti gli imputati. «Allora per quale motivo è morto Stefano? – ha detto il padre Giovanni Cucchi – mio figlio era sano, non è possibile quello che è successo». «La nostra giustizia è malata, credo dovremo aspettare le motivazioni della sentenza», ha commentato ai microfoni di RaiNews24 Ilaria Cucchi. «Stefano – ha aggiunto – si è spento da solo tra dolori atroci. Attenderemo le motivazioni, di sicuro andrò avanti e non mi farò frenare perché pretendo giustizia. Chi come mio fratello ha commesso un errore deve pagare, ma non con la vita».
Annuncia ricorso in Cassazione Fabio Anselmo, legale della famiglia: «Era quello che temevo – ha detto riferendosi alle assoluzioni degli imputati – Vedremo le motivazioni, e poi faremo ricorso ai giudici della Suprema Corte».

«STEFANO MORTO DI DOLORE» – «Stefano la prima volta è morto qui a piazzale Clodio», spiega Ilaria a Sky commentando il primo grado. «Oggi in aula ricordavo Stefano, vivo, le nostre gioie e le nostre litigate. Ho rivisto il suo corpo. Lui è morto di dolore, solo, come un cane. Io continuavo a ripetermi che stavolta non sarebbe stato così. Quelle foto parlavano da sole: ci ho creduto fino in fondo». «Una sentenza che – secondo il legale Fabio Anselmo – indica la morte della giustizia. Senza quel pestaggio Stefano non sarebbe morto», ha aggiunto anticipando un probabile ricorso alla Corte dei diritti umani.

LA MORTE DI CUCCHI - Per la morte del giovane rimanevano alla sbarra 12 persone, i capi di imputazione sono molteplici: da chi è accusato di abbandono di incapace, a chi di abuso di ufficio, favoreggiamento, passando per falsità ideologica, lesioni e abuso di autorità. Il fascicolo del caso è enorme, contiene decine di consulenze, una maxi perizia e quasi 150 testimoni. Per i pm di primo grado Cucchi fu picchiato nelle camere di sicurezza del tribunale capitolino, luogo in cui si trovava in attesa dell’udienza di convalida del suo arresto per droga. In ospedale furono ignorate le sue richieste di avere farmaci e fu abbandonato a lasciato a morire di fame e di sete. Per la III Corte d’Assise Cucchi non fu picchiato nella cella di sicurezza del tribunale, ma perse la vita a causa della malnutrizione.

PER GIOVANARDI CUCCHI MORI’ DI SETE - «Chi ha seguito il doloroso caso di Stefano Cucchi sapeva bene che per quanto riguarda gli agenti di custodia non poteva che esserci che l’assoluzione, non essendoci stato il pestaggio», così il senatore Ncd Carlo Giovanardi. «Per quanto riguarda i medici ribadisco quello che ho detto fin dall’inizio della vicenda- aggiunge- Stefano Cucchi doveva essere curato e alimentato anche coattivamente, in quanto non in grado di gestirsi a causa delle patologie derivanti dal suo complesso rapporto con il mondo della droga. Se la Corte d’Assise ha escluso responsabilità penali rimangono però le responsabilità morali rispetto ad una persona che è stata lasciata morire di fame e di sete».

INFERMIERE ASSOLTO PER CUCCHI: «SONO FELICE» – «Sono veramente felice di questa sentenza», ha commentato Giuseppe Flauto, uno degli infermieri assolti anche in secondo grado. «Sono felice non solo per me, perché non avevo dubbi sulla mia posizione e innocenza. Sono felice per i medici del Pertini perché più volte in primo grado hanno detto che non erano degni di vestire il loro camice. Questo mi ha fatto ancora più male. Oggi c’è stata una giustizia vera; non era giusta la nostra assoluzione senza la loro assoluzione».

Leggi anche: Cucchi: l'appello si apre con la richiesta di condanne per tutti

Stefania Cucchi, sorella di Stefano. Foto LaPresse

SAP: «TUTTI ASSOLTI, GIUSTO COSI’» - «Tutti assolti, come è giusto che sia», Gianni Tonelli, segretario generale del sindacato di polizia Sap, nell’esprimere «piena soddisfazione» per l’assoluzione in appello di tutti gli imputati per la morte di Stefano Cucchi. «In questo Paese – dice il sindacalista in una nota – bisogna finirla di scaricare sui servitori dello Stato le responsabilità dei singoli, di chi abusa di alcol e droghe, di chi vive al limite della legalità. Se uno ha disprezzo per la propria condizione di salute, se uno conduce una vita dissoluta, ne paga le conseguenze. Senza che siano altri, medici, infermieri o poliziotti in questo caso, ad essere puniti per colpe non proprie».

LE RICHIESTE DEL PG - I giudici per questo motivo decisero che i colpevoli fossero i medici e quindi assolsero infermieri e agenti penitenziari. Subito dopo alla famiglia di Cucchi arrivò il maxi risarcimento da parte dell’ospedale. In questo secondo grado di giudizio non sono certo mancate le novità, infatti per il pg il pestaggio di Cucchi vi fu, ma avvenne dopo e non prima l’udienza di convalida del suo arresto, inoltre tutti vanno condannati, in quanto hanno avuto delle responsabilità nella storia. Tutti, anche chi è stato assolto.

Fonte: Giornalettismo

giovedì 30 ottobre 2014

Jobs Act di Renzi, le mazzate agli operai sono incluse?

Il vergognoso episodio ai danni degli operai delle acciaierie Ast di Terni è la rappresentazione del nuovo corso sul lavoro lanciato da Matteo Renzi e dai suoi fedelissimi (a partire da Davide Serra)?

La “razza padrona” oggi che fa? Tra un selfie e un tweet riuscirà a giustificare anche le mazzate agli operai di Terni? Ci sarà una voce del governo capace di chiedere scusa per le manganellate inferte ai lavoratori disperati? Qualcuno avrà il coraggio di spiegare a Matteo Renzi che la vita non è una Leopolda col palcoscenico, le luci puntate e la storiella dell’iPhone a gettoni? Queste sono persone vere, non sono statistiche, non sono hashtag, questa è vita, vita bruciata ad urlare i diritti che non ci sono. Quelli che Maurizio Landini definisce «slogan del cazzo» sono tarle velenose che stanno spaccando un Paese già dilaniato. Insomma, Matteo Renzi: il Jobs act contiene anche i manganelli? Il sogno del renziano Davide Serra, la limitazione al diritto di sciopero, passa anche per la vicenda di oggi? È questo il nuovo corso?

Fonte: fanpage.it

Landini contro il Governo: "Chieda scusa, anziché fare slogan del c...o" (da Youmedia)

Dopo gli scontri con i lavoratori delle acciaierie di Terni, il leader Fiom Landini si scaglia in maniera forte contro l'Esecutivo: "Il Governo chieda scusa, in un paese di ladri se la prendono con chi paga le tasse".

mercoledì 29 ottobre 2014

Opinione del Rockpoeta: Il Cattivo Esempio

Daniele Verzetti Rockpoeta

Ho appena ascoltato in una intervista sull'emittente ligure Primocanale, l'Assessore al Bilancio della Regione Liguria Rossetti del PD il quale ha dichiarato che con minime variazioni porteranno in consiglio per l'approvazione, il bilancio consultivo su cui la Corte di Conti ha di fatto posto parere contrario su molti punti di non poco conto.

La ragione principale per cui si attua questa "disobbedienza"? Semplice, poiché lo Stato, il Governo, si comportano nei confronti della Corte dei Conti allo stesso modo, non si capisce perché la Regione Liguria non possa fare lo stesso.

Badate bene, formalmente ha ragione, di fatto però è grave non prendere in considerazione le sottolineature e le correzioni che la Corte di Conti vuole che tu faccia in sede di approvazione del Bilancio consultivo. Aggiungo anche che esiste il rischio che poi per rispettare certe "coperture" e certe somme che devono essere messe a garanzia (per es. la Corte dei Conti ha chiesto 27 milioni di euro a garanzia dei Future che la Regione Liguria ha sottoscritto contro i 17 e mezzo che invece la Regione ha stanziato) si verifichi la necessità in fase di nuovo Bilancio preventivo, di aumentare le tasse come IRAP ed IRPEF.

Intanto il PD trema: si vociferano candidature importanti per le primarie liguri: a parte la Paita (detta anche Attila flagello di Dio vista la gestione dell'assessorato alla protezione civile), Cofferati, Zanda, ecc… 

Insomma non ci vogliono mollare. Quasi quasi io li denuncerei per stalking. Lasciateci non vi vogliamo più non perseguitateci oltre.

Certo, ci vuole anche una alternativa seria e se il M5S vuole essere tale alternativa, deve però necessariamente risolvere le problematiche interne di cui ho già scritto in precedenza su queste pagine. 

Daniele Verzetti Rockpoeta®

Fonte: L'Agorà

Daniele Verzetti Rockpoeta
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martedì 28 ottobre 2014

Il massacro silenzioso del popolo messicano


Il 26 settembre, 43 studenti di Ayotzinapa, una scuola del sud-ovest messicano che prepara i futuri insegnanti, sono scomparsi. Dopo aver preso parte a una manifestazione di protesta a Iguala, la polizia municipale ha aperto il fuoco contro i bus su cui viaggiavano. Pochi giorni dopo pare sia stata scoperta una fossa comune a poca distanza dalla città, ma non ci sono conferme.

Da quel giorno migliaia di messicani stanno protestando contro il governo e vogliono conoscere la verità su ciò che è accaduto. Il Messico è un Paese poverissimo, dove la gente ha paura ad uscire di casa a causa della criminalità dilagante e il governo ne approfitta per seminare terrore e repressione. Secondo una ricerca di Amnesty International del 2013, su 152 sparizioni di cittadini messicani, ben 85 coinvolgevano funzionari pubblici. Nella maggior parte dei casi, inoltre, la polizia fa poco o nulla per indagare. Sempre secondo Amnesty, molte persone venivano fermate per una falsa infrazione stradale e consegnate ad altre forze dell’ordine o ad organizzazioni criminali. Ci sono diversi desaparecidos fra coloro che sono stati coinvolti in attività criminali, ma non sono la totalità dei casi: scomparire in Messico può accadere a chiunque.

Secondo alcuni testimoni, 17 dei 43 studenti scomparsi, sarebbero stati uccisi nel cortile della procura di Iguala. Secondo le autorità, un gruppo criminale, noto come Guerreros Unidos, si sarebbe infiltrato nel corpo di polizia locale: non è un fatto inverosimile, come riporta anche Juan Diego Quesada, giornalista per El Pais.

L’attuale presidente del Messico è Enrique Pena Nieto, membro del Partito Rivoluzionario Istituzionale, già preso di mira prima delle elezioni dal movimento Yo Soy 132, gruppo di giovani studenti contrari all’atteggiamento dispotico e autoritario di Nieto. Il movimento chiedeva elezioni trasparenti, libertà di espressione e uguali opportunità di studio e lavoro per tutti. Nel 2006, mentre era ancora governatore dello Stato del Messico, nella città di Atenco una protesta da parte dei cittadini fu brutalmente repressa dalla polizia. Secondo la Commissione Messicana per i Diritti Umani, 26 donne sono state stuprate dalle forze dell’ordine, 145 persone sono state arrestate senza motivo e 206 persone (inclusi 10 minori) sono state vittima di crudeltà e trattamenti degradanti e inumani.

Questo è il 2014 del Paese in cui nacque il sogno zapatista del socialismo libertario: un Paese in cui per decine di anni non è esistita alcuna traccia di democrazia, con un governo monopartitico, autoritario e corrotto. Un Paese in cui le istituzioni massacrano alla cieca cittadini e stranieri mentre fanno affari coi narcotrafficanti e i capitalisti nordamericani ed europei. Un Paese in cui oggi si spara al proprio futuro e lo si getta in una fossa comune.

"Ora posso morire. Questo era ciò che desideravo: che si sappia per che cosa lottiamo, che si conosca la causa che vogliamo difendere, che vengano a vederci, ci studino e poi raccontino la verità: siamo uomini d’onore e non banditi."

Le persone che coraggiosamente manifestano in Messico sono le degnissime eredi di Emiliano Zapata. A loro va tutta la nostra solidarietà di giovani di sinistra. E ci teniamo a dire che siamo schifati dal silenzio, per non dire condiscendenza, della comunità internazionale (giusto per la cronaca, Nieto è stato in visita in Vaticano pochi mesi fa) sul massacro del popolo messicano. Fino a che punto il potere del denaro rende accettabile la dittatura?

Fonte: Qualcosa di Sinistra

domenica 26 ottobre 2014

Riflessioni di un 25 ottobre 2014 (Piazza San Giovanni & Leopolda)

Partiamo innanzitutto da un fatto positivo, ma nettamente sottovalutato da media ed opinione pubblica nazionale: il rilancio dell’attività sindacale. Piaccia o meno, il Presidente del Consiglio Matteo Renzi ha il «merito» di aver «risvegliato» l’azione politica (in buona parte) del sindacato italiano. Si dirà che ciò, una volta che si parla di riforma del lavoro, di art.18 etc. è abbastanza scontato. In realtà non è così. Matteo Renzi veniva da una serie di importanti vittorie: il 40% alle Europee, l’approvazione (parziale) di leggi importanti (sistema elettorale, Senato etc.) … Inoltre, il sindacato veniva da un periodo difficile, caratterizzato da notevoli divisioni (si pensi solo ai battibecchi Camusso – Landini). Aggiungendo poi il fatto che Renzi almeno fino ad ora ha goduto di una elevata fiducia tra i cittadini italiani, realizzare una manifestazione di successo sembrava cosa con un elevato coefficiente di difficoltà. Invece, la CGIL è riuscita a portare oltre un milione di persone a Piazza San Giovanni. Certo, è un numero lontanuccio da quei 3 milioni che una decina di anni fa Sergio Cofferati portò al Circo Massimo. Ma, tenendo conto della diversa situazione politica, sociale ed economica, è comunque un grosso risultato. Non dimentichiamoci infatti che – agli inizi del nuovo millennio – la partecipazione politica in tutte le sue forme era nettamente superiore rispetto ad oggi. Insomma, non sia mai che l’atteggiamento di sfida del governo nei confronti di parte dell’associazionismo politico non diventi, in qualche modo, una cura salutare.

Dopo aver dato largo spazio a tale aspetto, possiamo ora addentrarci negli innumerevoli spunti che il 25 ottobre 2014 ci lascia: un Partito Democratico diviso tra Piazza San Giovanni e Leopolda, la proposta di depotenziare lo sciopero nel settore pubblico, la stessa abolizione dell’art.18 etc. Senza avere la presunzione di trattare tutto, cerchiamo di realizzare una qualche riflessione.

Innanzitutto, il Partito Democratico dimostra di avere due linee abbastanza differenti. A Piazza San Giovanni si raccoglie la minoranza di sinistra, che non intende cedere riguardo l’abolizione dell’art.18, che propone di rivedere l’accordo politico sulla riforma del lavoro approvata anche da Brunetta e Sacconi. A Firenze invece si riunisce la «maggioranza» del principale partito italiano. La Leopolda 2014 è l’edizione che cambia pelle alla kermesse: da evento di proposta, di cambiamento, di lancio di una nuova classe dirigente, diventa una non meglio definita manifestazione di incontro tra governo (o solo “maggioranza PD”?) e società civile. Insomma, è un bell’intrigo. D’altronde, se veramente l’art.18 è la causa principale (o, comunque una delle cause maggiori) della precarietà del sistema lavoro in Italia, allora sarebbe stato molto più semplice se, fin dall’epoca del governo Berlusconi 2001 – 2006 si fosse avallata la sua abrogazione. Invece, come sappiamo, non è stato così: l’art.18 ha resistito a Silvio Berlusconi, non è stato oggetto di discussione durante il secondo governo Prodi, è stato parzialmente toccato da Mario Monti, fino ad arrivare alla situazione attuale. La questione si complica ulteriormente se si pensa che la stragrande maggioranza di deputati e senatori democratici è favorevole alla sua cancellazione, pur essendosi candidati nel 2013 con il programma Italia Bene Comune che non sosteneva affatto tale tesi. Chiudiamola così: un fulmine sulla via di Damasco. Riguardo la Leopolda: quale è il suo vero ruolo? Le risposte possono essere diverse. Potrebbe trattarsi di un momento di incontro tra partito, imprenditori e società civile in generale, come abbiamo già accennato. Ma, fino a prova contraria, il Partito Democratico ha un organizzato sistema comunicativo, fatto di feste dell’unità, circoli,federazioni, un impianto web notevole. Insomma, gli strumenti non mancano. Allora, la Leopolda è forse un momento di dibattito e riflessione tra l’istituzione governo e la società civile medesima? Anche in questo caso conviene utilizzare il verbo potere al condizionale. Perchè? Il motivo è semplice: il governo ha il diritto / dovere di avere un dialogo costante con il resto del Paese; sembra dunque superfluo realizzare una ulteriore manifestazione per sancire ciò. Nodi. Nodi che solo il tempo ci aiuterà a sciogliere. Forse.

In attesa che il tempo lavori per noi, abbiamo altro di cui parlare. Scegliamo un argomento a caso: le parole di Davide Serra. In pillole: scioperare è un costo, è un’azione che favorisce la disoccupazione. Quindi, limitiamolo. Ecco, qui comincerei a preoccuparmi seriamente. Basta avere un attimo libero e pensare: 1) si danno 80 euro al mese ad alcune delle categorie meno abbienti. E ci può stare, se però ciò viene seguito da altre azioni volte a realizzare un vero e proprio incentivo economico per consumi e redditi. 2) Si danno 80 euro in più alle neo – mamme per un determinato periodo. Qui il campanello comincia a suonare: nel momento in cui trovi risorse per sorreggere il «peso dell’infanzia» forse sarebbe opportuno favorire la realizzazione di asili nido. Anche perchè, dare contributi economici in tale modo, rischia solo di favorire la «sedentarietà» delle mamme. 3) Si propone di depotenziare lo sciopero. Il campanello comincia a farsi insistente. Davide Serra motiva questa sua proposta con il fatto che scioperare non fa altro che creare disagi, imponendo agli utenti di sopportare disservizi, agli imprenditori stranieri di «avere pazienza» nel completare gli affari nel nostro Paese etc. Quindi, facciamo così: permettiamo di scioperare, ma facendo in modo che le persone lavorino non danneggiando gli altri. Chiaro no? D’altronde, nella storia gli scioperi sono stati esempio di protesta e di efficienza lavorativa allo stesso momento. Qualsiasi libro di storia può dimostrare ciò (!).

Senza girarci troppo intorno: unendo i 3 punti sembra di vedere una parvenza di programma mussoliniano. Intendiamoci: non è il preludio al ritorno dell’autoritarismo nel nostro Paese, ma è semplicemente un modo per dire che certe ricette già in passato non hanno funzionato.

Infine, una critica doverosa nei confronti del palco di S.Giovanni. La piazza, con il suo milione di persone, è stata meravigliosa. Ma, dal palco le voci che si sono susseguite non hanno dato segnali innovativi e propositivi. Sinceramente, una manifestazione nata per smontare le ragioni del Jobs Act, è finita lasciando irrisolti gli interrogativi. E, forse, ha legittimato l’azione del governo.

Fonte: El Nuevo Dìa

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sabato 25 ottobre 2014

La società della dipendenza


Di Salvatore Santoru

Mai come oggi, la società umana è stata caratterizzata dal ricorso alla dipendenza. Ovviamente, da che mondo e mondo l'essere umano è dipendente per natura ma la particolarità odierna è che tale dipendenza ha raggiunto livelli abissali ed è perlopiù artificiale.

Tralasciando il versante patologico di certe dipendenze ( sostanze stupefacenti, gioco d'azzardo e così via ), è abbastanza noto che anche a livello per così dire "normale" non possiamo fare a meno di essere dipendenti: ad esempio dagli smartphone o dai tablet, dai nostri film preferiti così come dai social network e il web in generale.


Tutto ciò risulta paradossale in quanto siamo abituati a credere di vivere in una società fondata sulla maggiore autodeterminazione e indipendenza storicamente possibile.

E invece, anche tralasciando la tecnologia e i media si può ben constatare che siamo sempre fortemente dipendenti da qualcosa, ad esempio dal prestigio sociale e economico, dai giudizi degli altri, dai criteri stabiliti per indicare cosa è "cool" e cosa non va per essere "in", e così via.


Con una piccola riflessione si può ben capire che la tanto decantata libertà al giorno d'oggi è praticamente un'illusione, e ancor di più lo è l'indipendenza, visto che dalla culla alla tomba siamo legati a tutto ciò che è stato descritto sopra, e ci sembra anche assai improbabile una vita senza tutte queste cose.

Essendo le riflessioni del tutto fuori moda in questo momento, in fin dei conti forse è meglio non farsi troppi problemi ora, ma quando sarà trend la consapevolezza di ciò, allora tutti capiranno ciò che c'è da capire, e sicuramente sarà un passo verso una società migliore e maggiormente consapevole e libera.


Fonte: Informazione Consapevole

venerdì 24 ottobre 2014

La superficialità va di moda oggi

Qualche volta mi capita di stare in posti pubblici e comunicare con le persone. Più spesso invece lo faccio tramite i social network, i forum ed in genere su internet. Un aspetto importante durante la comunicazione è quello di renderti conto di non essere completamente libero di parlare di qualunque cosa ti passi per la testa. Questo perchè molte volte succede che se affermi una determinata cosa o analizzi una situazione particolare, l'interlocutore ti risponde in questo modo: "ma perchè ti interessa l'argomento in questione?", "come mai ti preoccupi di questo aspetto della vita?", "hai qualche problema per caso?" o "non sei abbastanza felice?".


Sembra che non siano preoccupati d'altro che delle solite faccende: lavoro, studio e divertimento. Per il loro cervello, argomenti come il senso della vita o la critica di una determinata caratteristica della nostra società marcia, sono cose lontane, noiose, inutili e da sfigati che non hanno niente da fare. Questo modo è paragonabile al caso del saggio che indica la luna e lo stupido che invece di guardare la luna, guarda il dito. Sono stufo di questo aspetto banale della maggior parte delle persone.

Per la nostra sfortuna siamo costretti ad essere impegnati per non pensare a cose che magari ci fanno paura ma sono importanti per un essere pensante. Il sistema infatti, ci impone ad essere tali, cioè: poco riflessivi, ottusi, superficiali e privi di alcuna curiosità per ciò che sta oltre la semplice esistenza odierna. E noi non ci rendiamo conto che il sistema in cui viviamo ci schiavizza impedendoci di essere noi stessi e ci crea l'illusione di essere liberi. Ad esempio crediamo di essere svincolati perchè abbiamo il diritto al voto, o la libertà di pensiero, oppure il diritto alla critica, o magari perchè possiamo scegliere un posto dove lavorare o studiare. 

E' un ragionamento troppo accurato e inverosimile per essere vero? E' talmente surreale pensare che esista davvero una cospirazione tra i poteri globali che hanno pianificato a tavolino tutto quello che oggi ci circonda? Oppure è il semplice andamento delle cose e l'interesse di dominare a muovere i poteri globali e tutto il resto va da se?

Naom Chomsky elaborò la lista delle 10 strategie della manipolazione delle masse. Si può leggere le seguenti righe della prima tecnica - la strategia di distrazione:

[...] Mantenere l’attenzione del pubblico deviata dai veri problemi sociali, imprigionata da temi senza vera importanza. Mantenere il pubblico occupato, occupato, occupato, senza nessun tempo per pensare, di ritorno alla fattoria come gli altri animali (citato nel testo "Armi silenziose per guerre tranquille").

E' questo il modo in cui il sistema ci schiavizza e ci rende degli automi. Siamo dei robot, già da molto tempo e non ce ne rendiamo conto. Purtroppo non esiste ancora una soluzione valida che ci possa rendere liberi. L'unico modo per affrontare quel che ci circonda e sviluppare la nostra consapevolezza interiore e conoscerci meglio. Dobbiamo diffondere la voce.

Dobbiamo svegliare gli altri per svegliare noi stessi. Dobbiamo iniziare a vivere umanamente per vedere il mondo trasformarsi in qualcosa che vogliamo vedere e sopratutto non scoraggiarci mai. Ci sarà sempre qualcun altro che ci sosterrà!

Fonte: Storie, Pensieri & Riflessioni 

Sono totalmente d'accordo con questo post.

martedì 21 ottobre 2014

Chiamateli #extracomunitari o #immigrati, io li chiamo #fratelli


Oggi mi sono fermato a parlare. Con un signore anziano. Ogni mattina, quando vado all’università lui è lì, vicino a una pasticceria. Ogni pomeriggio, quando rientro, lui è sempre lì. Con un cappellino a dirti buonasera, sulla sua sedia a rotelle, perché gli manca una gamba. Ogni giorno passo e lo vedo li con un sorriso, malinconico. Ogni tanto mi fermo e gli lascio qualcosa in quel suo cappellino che forse è più vecchio di lui.

Oggi ho deciso di fermarmi. Gli ho chiesto come si chiamava, lui, un po’ spaventato, ha iniziato a dire di no con la testa. Io gli ho detto che volevo solo sapere se aveva bisogno di qualcosa, lui si tranquillizza. Non parla italiano, giusto qualche parola, mi dice che viene dalla Romania, che è qui con i suoi figli e i suoi nipoti, che non capisce molto quello che dico. Nemmeno io capisco tutto quello che mi dice, ma ora vedo che lui, prima spaventato, ora vuole parlare, cerca di dirmi quanti figli ha, cerca di dirmi tutto ciò che riesce ad esprimere col suo italiano povero ma pieno di tutta la ricchezza che due parole riescono a contenere.

Alla fine gli chiedo di nuovo se ha bisogno di qualcosa, lui mi dice ancora di no, ma un no diverso, un no non più spaventato, ma con un sorriso non più malinconico ma di felicità e di gratitudine, come se quella “chiacchierata” avesse fatto più di quello che gli ho messo nel cappellino. Mi sono avviato verso casa con la consapevolezza che ero io a dover ringraziare lui, per avermi insegnato tanto. Innanzitutto che bisogna sorridere, sempre, anche nelle difficoltà. Che c’è tanta malinconia e solitudine nel vivere lontano da casa e non parassitismo come tanta gente purtroppo dice, tanto che basta un semplice ‘ha bisogno di qualcosa’ per far ritornare il sorriso. E poi, cosa più importante, che basta fermarsi, che bastano due parole per capire che siamo tutti fratelli.

Si parla spesso di immigrati. E, ancora più spesso, se ne parla senza cognizione di causa. Perché è facile scaricare colpe su chi è più debole. ‘Perché’, recita una canzone dei 99 Posse, ‘il nemico del povero è il più povero, e cosi all’infinito’. È una logica che conviene troppo a chi comanda. È la strada più facile. Ma la strada più facile non significa che sia la strada più giusta.

Provate a immaginare un uomo, una mamma con il suo bambino, un ragazzo, che decide di lasciare il proprio Paese, di imbarcarsi per un viaggio senza sapere se arriverà a destinazione o se lascerà le sue lacrime in mare. Immaginate la disperazione che spinge a tutto questo. Immaginate di essere voi, a dover lasciare casa, famiglia, amici. Immaginate di arrivare in un Paese che non conoscete, di cui non sapete la lingua, dove non avete un posto dove dormire. Immaginate di non sapere a chi rivolgervi se non state bene. Immaginate la paura, l’angoscia di rivolgersi a un medico o a un ospedale, per paura di essere denunciati come ‘irregolari’. Irregolari. Odio questa parola. Perché per me non ci sono persone irregolari. Per me, ci sono uomini. La natura non conosce frontiere. L’uomo non è e non sarà mai illegale.

Fonte: Qualcosa di Sinistra

lunedì 20 ottobre 2014

La (strana) evoluzione della Lega Nord

La Lega Nord nacque come partito regionalista, radicato nel territorio e volto a far valere le istanze del Nord. Fu una fusione di vari movimenti regionalisti che trovò la sua sintesi nel suo storico leader Umberto Bossi. Nacque come partito pronto a combattere lo spreco e la malapolitica. Giusto per dirne una: l’epoca di Tangentopoli. L’inchiesta «Mani Pulite» portò all’arresto di tanti esponenti di tutti i partiti tranne la Lega che, almeno fino ad un certo punto, potè permettersi il«lusso» di vantarsi di essere l’unica formazione politica pulita, senza condannati. Soprattutto, basti pensare alla caduta del primo governo Berlusconi («il mafiosone di Arcore», dirà qualcuno). Nel tempo però, si svilupperà la vera natura della Lega. Il partito di Bossi più volte dimostrerà di disprezzare il tricolore e qualsiasi altro simbolo ufficiale dell’Italia («con il tricolore mi ci pulisco il ****, dirà sempre quel “qualcuno”), di vedere il Sud (dal Lazio alla Sicilia, ndr) come «confine» dell’Italia nella migliore delle ipotesi (perchè poi ci sono le espressioni del tipo «Napoli è una fogna», come disse tempo fa un noto parlamentare “padano”). E poi: secessione, il sogno della grande Padania, figlia di una stirpe celtica benedetta dall’acqua del dio Po. Insomma, la Lega Nord si era modellata come partito basato su un mix di concretezza (“legalità”, parola che detta oggi fa ridere; “gli interessi del Nord” etc.), utopia (secessione, Stato padano, popolo discendente da una stirpe celtica, dio Po), razzismo e integralismo (Nord contro Sud, avversità verso persone con carnagione diversa da quella italiana, respingimenti etc.).

Oggi stiamo vedendo una evoluzione della Lega Nord. Se ci fate caso, alle ultime elezioni europee, gli unici partiti che sono cresciuti in modo significativo sono stati: Lega Nord e Partito Democratico. Il motivo, dal mio punto di vista, è il cambio di classe dirigente nel loro interno (nel PD l’affermarsi di Renzi, nella Lega Nord è esploso l’astro di Salvini). E quando una forza politica cresce, evidentemente la strada intrapresa è quella giusta. Dunque, perchè fermarsi? Così, Matteo Salvini ha continuato sulla sua nuova strada: non più solo il Nord come campo di battaglia politica, ma anche il Sud («perchè mangiare le arance marocchine quando ci sono quelle di Sicilia?», dirà sul suo profilo).

Dunque, ecco nascere una futuribile forza politica leghista a Sud. E poi: la battaglia contro le persone aventi un colore di pelle diversa. Dal razzismo vero e proprio, al razzismo – differentismo: gli immigrati non devono venire in Italia perchè ci rubano il lavoro, vengono ospitati in centri a 33,45, 54 etc. euro al giorno… E poi delinquono, mentre gli italiani sono tutte brave persone. Dunque, non cacciamoli come faceva Maroni, facciamo una cosa diversa: respingiamoli ed aiutiamoli a casa loro. Premesso che è un progetto molto semplice, visto che si tratta di dare soldi a stranieri (!!!!) che vivono in condizioni economiche disperatissime, spesso sotto regimi che violano quotidianamente i diritti umani fondamentali, la domanda che bisogna porci è: ma che cosa sta diventando la Lega Nord? Per tutta risposta, mi verrebbe da dire: non è più un partito regionalista, bensì elettorale. Subito una piccola parentesi: parlerò in termini di scienza politica, consapevole del fatto che – pur avendoci fatto un esame – la mia è un’opinione, un tentativo di dare una spiegazione. In poche parole: non intendo affatto paragonarmi agli esperti del settore. Chiusa tale parentesi, torniamo alla questione. Il partito elettorale è un tipo di formazione politica che, piuttosto che basarsi su una ideologia o su, comunque, un determinato tipo di valori, cerca di raccogliere voti assecondando gli umori delle persone. Così, ci sarà il periodo in cui si sarà contrari ai matrimoni gay, ma poi arriverà il momento in cui si capirà che la maggioranza degli italiani è favorevole. Ergo: anche io sarò d’accordo a che gli omosessuali contraggano matrimonio. Fino ad oggi, l’unico vero partito elettorale è stato Forza Italia. Ora, Salvini ci prova con la Lega Nord. D’altronde, basta vedere la manifestazione del 18 ottobre 2014 a Piazza Duomo: il«nuovo corso» si mescola al «vecchio». Ma questa amalgama non sembra riuscire perfettamente. In effetti, al di là della vicinanza «fisica» che può esserci tra due striscioni con su scritto: Prima gli Italiani! / Italia merda! Secessione!, come si potranno mai accomunare due pensieri così divergenti? Per carità, già nel 1994 la Lega Nord si alleò con Alleanza Nazionale, due opposti in fatto di “senso dell’unità nazionale”. Ma ora qui si sta chiedendo uno sforzo gigantesco: trasformare LN in un partito elettorale, che vede il Sud come parte dell’Italia, che vede gli immigrati in una visione razzista – differentista, che li vede come persone da aiutare a casa loro e – contemporaneamente – criticare azioni di esportazione della democrazia (che sarebbe comunque un aiuto a casa di altri), del tipo guerra in Iraq ed Afghanistan.


Insomma, c’è un bel po’ di confusione.

P.S: la fase del “Trota” è evoluzione oppure… ?

Fonte: El Nuevo Dìa

martedì 14 ottobre 2014

La Catalogna rinuncia al referendum, ma ci sarà una consultazione popolare


Il governatore della Catalogna Artur Mas al parlamento catalano, il 1 ottobre 2014. (Albert Gea, Reuters/Contrasto)

Il governatore della Catalogna, Artur Mas, ha annunciato che il referendum per l’indipendenza previsto per 9 novembre sarà cancellato. Al suo posto si terrà lo stesso giorno una “consultazione di cittadini”, che però non sarà “definitiva”. I risultati saranno resi pubblici il 10 novembre.

In una conferenza stampa a Barcellona, Mas ha assicurato che, anche se non si potrà applicare il decreto per indire il referendum sull’indipendenza, da lui firmato il 27 settembre, “sarà possibile votare” e “ci saranno le schede e le urne”. Mas ha anche ammesso che non è stato raggiunto un accordo con il partito della Sinistra repubblicana di Catalogna per presentare una lista congiunta. “Il grande problema è che in questo momento manca il consenso; non escludo che lo troveremo in futuro”.

Il primo ministro spagnolo Mariano Rajoy, che considera il referendum incostituzionale, ha accolto la notizia positivamente e ha invitato le autorità catalane al dialogo. Il 29 settembre la corte costituzionale spagnola aveva accolto il ricorso presentato dal governo di Madrid e aveva sospeso per cinque mesi il referendum sull’indipendenza della Catalogna in attesa di un giudizio sulla sua legittimità.

Da anni la Catalogna, la regione più ricca e industrializzata del paese, con un pil di 200 miliardi di euro pari al 20 per cento del pil nazionale, chiede di rivedere il sistema delle autonomie. L’11 settembre 2014 – giorno della Diada, che ricorda la conquista di Barcellona da parte dei Borbone nel 1714 – quasi due milioni di persone erano scese in piazza per chiedere la convocazione ufficiale del referendum.

Fonte: Internazionale

domenica 12 ottobre 2014

L'avanzata dell'ISIS e l'inizio della Terza Guerra Mondiale


Di Salvatore Santoru

In una recente intervista rilasciata a Luke Rudkowski, ex giornalista BBC e fondatore di “We Are Change”, lo scrittore e ricercatore David Icke ha spiegato che il mondo si sta dirigendo sempre di più verso una nuova guerra su scala globale, e l'avanzata dei fondamentalisti dell' ISIS aggiunge un'ulteriore tassello a tutto ciò.



Nell'intervista Icke ripercorre l'ascesa del gruppo terrorista, avvenuta in pochissimo tempo e ricorda che tale gruppo è "incredibilmente" ben armato e finanziato, con oltre 2 miliardi di dollari, cosa che può risultare alquanto "strana" per un gruppo del genere.

Tale questione era stata già ricordata tra l'altro da un articolo di Maurizio Molinari su "la Stampa" del 21 settembre scorso, in cui si affermava anche che i maggiori finanziamenti a ISIS derivano dal Quatar e dal Kuwait, paesi che "paradossalmente" risultano alleati degli Stati Uniti che combattono la stessa ISIS, paesi che hanno anche finanziato la cosiddetta "rivoluzione" in Siria, da dove i terroristi ISIS hanno iniziato la loro sanguinaria conquista del Medio Oriente.


Continuando nell'intervista Icke afferma che sia l'avanzata di ISIS che l'eventuale prossima Terza Guerra Mondiale servano all'instaurazione del cosiddetto "Nuovo Ordine Mondiale", ovvero la costruzione di un'unico stato globale di stampo presumibilmente totalitario, a cui aspirano diverse lobby di potere internazionali.


Secondo il ricercatore inglese sia la guerra in Libia che l'attuale situazione siriana sono parte di tale piano, e la Terza Guerra Mondiale coinvolgerà anche Cina e Russia, quest'ultima sempre di più in pessimi rapporti con gli States e l'UE a causa della questione ucraina.


Nell'intervista Icke cita anche il probabile ruolo che avrà Israele in tale situazione, ipotizzando che a causa di un'eventuale attacco ISIS allo stato ebraico, ciò risulterebbe come casus belli della guerra vera e propria.

Su quest'ultimo punto, c'è anche da dire che la questione israelo/palestinese risulta indubbiamente importante in tale "piano", come avevo anche ricordato in un articolo di luglio.


Interessante su tale tematica è la descrizione della Terza Guerra Mondiale fatta in un carteggio ( sulla cui autenticità non si è del tutto certi), nel 1871 da Albert Pike , un generale e avvocato statunitense nonché gran maestro massone di grado 33º del Rito Scozzese Antico ed Accettato, e Giuseppe Mazzini, rivoluzionario italiano e membro della società segreta "Carboneria" :


"La Terza Guerra Mondiale dovrà essere fomentata approfittando delle divergenze suscitate dagli agenti degli Illuminati fra sionismo politico e dirigenti del mondo islamico. La guerra dovrà essere orientata in modo che Islam (mondo arabo e quello musulmano) e sionismo politico (incluso lo Stato d'Israele) si distruggano a vicenda, mentre nello stesso tempo le nazioni rimanenti, una volta di più divise e contrapposte fra loro, saranno in tal frangente forzate a combattersi fra loro fino al completo esaurimento fisico, mentale, spirituale ed economico ".


Fonte: Informazione Consapevole

sabato 11 ottobre 2014

La mia opinione sul ragazzo seviziato a Napoli

L'autolavaggio del quartiere Pianura, a Napoli, dove è avvenuta l'aggressione

Dei ragazzi che prendono in giro un adolescente, perchè grasso, è già vergognoso. Ma dei ragazzi che infilano il tubo di un compressore dell'autolavaggio nel culo di un quattordicenne, perforandogli l'intestino, è di una assurdità e crudeltà incredibile. Ed è ancora più assurdo e crudele che un genitore definisce questo episodio un gioco, uno scherzo. Di cosa stiamo parlando? Quello che è accaduto a Napoli, pochi giorni fa, è un crimine verso la dignità umana, una violenza a tutti gli effetti per umiliare e discriminare un ragazzo, solo perchè con qualche chilo di troppo. E quella madre che cerca di difendere il proprio figlio è soltanto una madre che non vuole provare il senso di colpa per aver cresciuto un mostro. I figli so' piezz e core, ok. Ma esiste una differenza, un'enorme differenza, tra uno scherzo e un atto di violenza. Un genitore che non condanna la violenza, la maleducazione, il bullismo, e anzi giustifica tutto ciò, non fa altro che confermare di aver cresciuto un figlio che non sa cosa sia il rispetto per il prossimo. Quanto è accaduto a un minorenne, 'colpevole' di essere grasso, è indegno per una società civile. Il degrado socio-culturale degli ultimi anni insieme alla crisi di valori stanno producendo una deriva inaccettabile.

Fortunatamente il ragazzo migliora e sta reagendo bene. La mia piena solidarietà a Vincenzo e alla sua famiglia. La speranza è che quel mostro paghi questo 'scherzo'.

martedì 7 ottobre 2014

L'istituto zooprofilattico sbugiarda Report: analisi su più pizze, nessun rischio


Non sono fuori norma le sostanze contenute nella pizza napoletana. Lo riferisce l’agenzia Ansa, secondo cui l’Istituto zooprofilattico sperimentale del Mezzogiorno ha esaminato tre pizze e, dalle analisi effettuate nei laboratori di Portici, la quantità di benzoapirene rilevata è ”inferiore a 0,5 nanogrammi per grammo”, a fronte dell’1,51 indicato ieri dalla trasmissione Report.

”Hanno analizzato soltanto la parte bruciata sotto la pizza. Considerando l’intero prodotto i risultati sono quelli ottenuti nei nostri laboratori”.

Insomma chiaro cosa ha fatto Report? Il solito maledetto Sputtanapoli. Per fortuna più si va avanti e piu’ si reagisce. E anche stavolta Napoli e i napoletani sono scesi in campo sui social (e anche nella realtà vista le decisione dell’Istituto zooprofilattico di ripetere gli esami) per difendere un proprio prodotto tipico che non conosce – ne conoscerà – crisi.

Fonte: identità insorgenti

Link: Non bruciamoci la pizza (puntata sulla pizza tratta da 'Report')

'Report' che denigra un prodotto simbolo come la pizza napoletana mi ha sorpreso. Eppure lo consideravo un programma di informazione seria. Mangio la pizza da quando sono nato, almeno tre volte a settimana, e non sono ancora morto di tumore. Perchè continuare a fare disinformazione sul nostro territorio? Perchè continuare ad alimentare allarmi ingiustificati? Tutto ciò è grave. Oltre che triste.

Leggi anche: Pizza cancerogena? L'ironia corre sul web (da Napoli Repubblica)

domenica 5 ottobre 2014

Celentano ci ricorda che l’Italia non è un Paese per onesti

LA LETTERA DI CELENTANO AL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA

“Caro Presidente Napolitano,
mi scusi, se con tutti i grattacapi che immagino lei abbia, anch’io mi accodo con una richiesta di grazia per Fabrizio Corona. Pensi che io non l’ho mai conosciuto, ma ho seguito le sue vicissitudini attraverso i giornali e la televisione. E ogni volta, quando lo vedevo e lo sentivo parlare, avvertivo come un qualcosa che spaccava in parti uguali due sentimenti fra di loro contrastanti: da un lato mi irritava la sua spavalderia nell’ostentare tanta sicurezza, dall’altro avvertivo un senso di profonda tenerezza come chi, bisognoso di affetto, improvvisamente si rendesse conto di quanto grande fosse il sacrificio che lo attendeva per aver rincorso una ribalta attraverso il gioco di una carta sbagliata: di uomo forte, rude, che deve piacere alle donne e che non piange mai, neanche quando il giudice lo condanna, perché fotografi e giornalisti sono lì pronti a immortalare la lacrima che invece lo salverebbe da una pena così eccessiva.

Capisco che il giudice applichi la legge, ma ciò che non capisco è perché la applica quando vuole lui. Lei signor Presidente, lo sa meglio di me: i criminali veri sono tanti, e non si contano quelli che in galera passano molti meno giorni di quanti ne ha già passati l’esuberante Fotografo. Certo, lui ha sbagliato come ognuno di noi, chi più e chi meno sbaglia, probabilmente anche a Lei sarà capitato. Quando si è giovani è facile farsi prendere dalla voglia di arrivismo, anch’io ne sono stato più volte sfiorato, e quando accade si sbaglia SEMPRE. E forse è proprio perché anch’io devo aver sbagliato che Le chiedo, solo per pochi attimi, di calarsi nella sofferenza di chi sta pagando anche con la salute un prezzo spropositato rispetto agli errori commessi. E che, se proprio vogliamo addentrarci in quella che secondo i giudici sarebbe la parte più scabrosa da cui nasce la furia di tale condanna, a ben guardare Corona non ha fatto né più né meno ciò che fanno tutti quelli che chiamano “Paparazzi”: “l’incriminato” si apposta, fotografa Trezeguet con una donna che non è la moglie. Anziché proporre lo scandalo ai giornali (come fanno tutti) lui, il Re dei paparazzi, ha un’idea diversa. Va dal calciatore e gli dice: “ti ho beccato con una donna che non è tua moglie, se vuoi, il servizio lo posso vendere a te anziché ai giornali”. Trezeguet, che non è scemo, intuisce la convenienza dell’affare e accetta, come del resto avrebbero fatto tutti compreso il sottoscritto. E non mi meraviglierei se insieme al pagamento di 25mila Euro il Calciatore avesse espresso “all’esuberante” una certa riconoscenza per la genialità di aver conseguito un’opera di ONESTA’ in ciò che, secondo i giudici, sarebbe il male dei paparazzi. Per cui tutti in galera tranne Corona, che pur sotto pagamento ha evitato uno scandalo in famiglia. 

Signor Presidente, a Lei che è nella condizione di aggiustare i passi di coloro che sbagliano, chiedo solo un po’ di pietà e di concedere la grazia a quel Ragazzo che “nel male ha agito bene”, come disse Gesù. Infierire, significherebbe assistere alla stupida amputazione di un’Anima che sta per RISORGERE.

Caro Presidente la ringrazio!

LA MIA RISPOSTA ALL’APPELLO DI CELENTANO

Caro Sig. Adriano Celentano,

Le vorrei ricordare che Fabrizio Corona non è stato condannato, in via definitiva, dai giudici per ESUBERANZA ma per svariati reati: aggressione a pubblico ufficiale, estorsione e tentata estorsione, estorsione aggravata e trattamento illecito di dati personali, detenzione e spendita di banconote false e detenzione e ricettazione di una pistola. Inoltre, ha dei procedimenti in corso per bancarotta ed evasione fiscale, corruzione, diffamazione, truffa e appropriazione indebita. (fonte Wikipedia)

Sig. Celentano, Corona non è un assassino ma Le vorrei ricordare che non è nemmeno un prigioniero politico condannato ingiustamente per le proprie idee. Non è Gao Zhisheng, non è Gramsci, non è Mandela ma un delinquente comune.

Sig. Celentano, secondo lei Corona dovrebbe ricevere la grazia perchè delinquente detenuto in un Paese di delinquenti a piede libero ? Una sorta di premio per essersi fatto beccare al contrario di altri ?

Sig. Celentano, ci sta dicendo forse che dovremmo rassegnarci a convivere con la disonestà ? A premiare i delinquenti considerandoli dei furbi, dei diversamente onesti o proprio degli esuberanti.

La sua richiesta al Presidente Napolitano mi indigna profondamente perchè io, così come molti altri cittadini, sono un italiano che ha la colpa di essere onesto in un Paese governato dalla disonestà. Le vittime siano noi, perchè facciamo davvero fatica a vivere in Italia e non certo chi ha commesso svariati reati. Se ha del tempo chieda al Governo di avere un occhio di riguardo anche per noi giovani onesti costretti ad emigrare o a vivere in povertà qui.

Le porgo i miei piu’ cordiali saluti.

Gio’ Chianta

Fonte: Il Malpaese

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sabato 4 ottobre 2014

Tutti gli sprechi dei comuni italiani

Burocrazia interna, polizia locale, istruzione pubblica, territorio e viabilità, ambiente e rifiuti e politiche sociali. Anche gli asili nido: ecco dove finiscono i soldi (nostri)


Nel 2010 la Sose, una società per l’89% del Tesoro e per l’11 della Banca d’Italia, ha cominciato a raccogliere con l’aiuto dell’Ifel (il centro studi dell’Anci) una miriade di numeri su sei comparti dei bilanci comunali: burocrazia interna, polizia locale, istruzione pubblica, territorio e viabilità, ambiente e rifiuti e politiche sociali, compresi gli asili nido. I risultati ufficiali saranno messi a disposizione fra un mese. Piero Fassino, presidente dell’Anci, l’ha già detto: «I dati sono del 2010, mentre l’incidenza maggiore sulla spending review arriva dal triennio 2011-2013 segnato da drastici tagli: raccomando al governo di non prendere provvedimenti in base a quelle tabelle». C’è subito da dire però che questi dati vanno presi con le dovute precauzioni, visto che usare questi numeri per separare gli “spendaccioni” dai “risparmiosi”, senza tenere conto di quantità e qualità dei servizi offerti, potrebbe generare disastri, portando ad identificare tra i risparmiosi quelli che non offrono i servizi e tra gli spendaccioni quelli che invece i servizi li offrono. Sergio Rizzo e Gian Antonio Stella del Corriere della Sera hanno analizzato i dati.


Foto: TIZIANA FABI/AFP/GettyImages

UMBRIA LA REGIONE “PEGGIORE” - A prima vista salta all’occhio la virtuosità dei Comuni calabresi, che spendono il 10,65% in meno del fabbisogno standard complessivo al quale avrebbero diritto. Cioè della somma che, tenendo conto di un mucchio di fattori più o meno penalizzanti (esempio: solo chi sta in montagna può capire il peso sociale, scolastico, economico di certe nevicate) viene indicata come necessaria perché tutti i cittadini siano sullo stesso piano. Per contro, la peggiore risulta essere, nonostante un livello dei servizi superiore, l’Umbria, dove i Comuni spendono il 9,71% più del fabbisogno calcolato. Dice tutto il confronto fra Perugia e Lamezia Terme. La prima è la città con oltre 70 mila abitanti che ha la peggiore performance in assoluto, con una spesa che nel 2010 ha superato del 31% il fabbisogno standard. La seconda batte tutti sul fronte opposto: nel 2010 ha speso il 41% in meno. Come mai? Stella Rizzo spiegano che “forse perché spendeva pochissimo per funzioni essenziali quali la riscossione dei tributi (35 mila euro contro un fabbisogno di 446 mila), gli asili nido (641 mila euro contro 930 mila) e il «sociale»: 2 milioni 522 mila contro 7 milioni 439 mila. Scelte imposte dal peso esorbitante di servizi burocratici come l’anagrafe, lo stato civile e il servizio elettorale: 1.162 mila contro un fabbisogno tre volte più basso, 468 mila. Il contrario di Perugia, più parsimoniosa nelle spese per la burocrazia ma assai più esposta sul fronte dell’ambiente (36,2 milioni contro i 6,2 stimati come fabbisogno standard), dello smaltimento dei rifiuti (31,7 milioni contro 22,5) e dei trasporti pubblici (25,3 milioni contro 4)”.

LE SPESE VANNO CONTESTUALIZZATE - La Sose piega che le regioni meridionali “da un lato risultano spendere più dello standard nel settore dei servizi generali di amministrazione e controllo e dall’altro spendere meno dello standard nel settore dei servizi sociali”. Casal di Principe risulta tra i municipi più virtuosi della Campania. Basta dire che la sua spesa 2010 era inferiore al fabbisogno standard del 41,6%. Ma se andiamo a vedere come spendeva quell’anno i denari pubblici, scopriamo che per gli uffici preposti a raccogliere le tasse comunali, c’erano briciole. Fabbisogno stimato da Sose: 113.242 euro. Euro impiegati: 167. Cioè 678 volte di meno. Per quanto riguarda l’ambiente, il fabbisogno stimato era di 445.949: ne spesero un quarto. I soldi servivano per la burocrazia municipale. Costosissima. C’è sempre da dire che le spese devono essere contestualizzate, ad esempio nel 2010 l’ente provinciale casertano spese il 35% in più del previsto investendo nel settore ambientale 57 milioni: cinque volte più del fabbisogno standard calcolato da Sose: 11 milioni 581.147 euro. Spreconi? Dipende da come sono stati investiti soldi. Ma che quella terra sventurata abbia bisogno di più quattrini per il risanamento di ogni ipotetica media nazionale è fuori discussione.

Leggi anche: Naspi, il sussidio di disoccupazione per oltre un milione di precari

LA POLIZIA LOCALE - Rizzo e Stella poi prendono ad Esempio Roma, Napoli e Milano e analizzano i costi della polizia locale. Il fabbisogno standard di Roma è fissato in 323 milioni: nel 2010 spese il 14,5% in più. All’opposto Milano, che sborsò per i vigili il 38,3% in meno ma anche Napoli, che «risparmiò» il 29%. Per quanto riguarda le multe i 5.998 vigili di Roma elevavano manualmente 929.442 contravvenzioni (154 a testa: tre a settimana), i 3.179 colleghi milanesi 1.178.780: 370 pro capite, più di una al giorno. Per non parlare delle 79.870 sanzioni di diverso genere fatte a Milano contro le 27.990 di Roma e le appena 963 di Napoli. O dei 255 arresti effettuati dai «ghisa» ambrosiani a fronte dei 110 dei «pizzardoni» capitolini e dei 64 dei «caschi bianchi» partenopei. Per quanto riguarda gli affitti il comune di Roma pagava nel 2010 per i locali occupati dalla polizia municipale canoni per tre milioni e mezzo contro i 30.017 euro di Milano: 117 volte di più. Per quanto riguarda i soldi investiti per la sicurezza, i dati sono lampanti: il Campidoglio ha investito 2,9 milioni di euro, mentre Palazzo Marino 6,4. Questo ha delle ripercussioni notevoli sul controllo del territorio. Basi pensare che la polizia locale di Milano per un territorio di 181 chilometri quadri, dispone di 1.359 telecamere. A Napoli i chilometri quadrati comunali sono 1.117, e i vigili hanno 100 telecamere. Il primato negativo però ce l’ha Roma: il Comune con la superficie più vasta d’Italia, 1.285 kmq, di telecamere ne ha solo 45. Cioè una ogni 48 chilometri.

(Photocredit: AFP/AFP/Getty Images)

Fonte: Giornalettismo